Nel silenzio assordante di gran parte della stampa italiana sul sistema confessato e denunciato da Luca Palamara, ex Presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati (ANM) ed ex membro togato del Consiglio Superiore della Magistratura (CSM), terminiamo oggi l’intervista all’ex Presidente di Sezione e Giudice emerito del Tribunale dell’Unione Europea, Guido Berardis (*), su magistratopoli e sul funzionamento del “sistema” confessato da Luca Palamara.
L’UE potrebbe aiutare l’Italia a riformare la propria macchina giudiziaria?
Penso che l’Ue, troppo spesso stoltamente denigrata, possa, e debba, dare un contributo determinante a questo fine. Non per sostituirsi all’Italia, certo. Ma per incoraggiarla, con le buone o con le cattive. Nel nostro e nel suo interesse.
E in che modo?
L’articolo 7 del Trattato prevede la possibilità di constatare che esista un evidente rischio di violazione grave, da parte di uno Stato membro, l’Italia in questo caso, dei valori di cui all’articolo 2. Nonché una procedura precisa per arrivare, in ultima analisi, a vere proprie sanzioni. In teoria, si può arrivare fino alla sospensione di alcuni diritti derivanti allo Stato membro in questione dall’applicazione dei Trattati. Compresi i diritti di voto.
Tale articolo è già stato azionato nelle note vicende riguardanti l’Ungheria e la Polonia. In un passato più lontano, era stata messa nel mirino anche l’Austria, ai tempi di Jörg Hayder.
Una vera arma nucleare, che va però utilizzata con prudenza. Perché presuppone condizioni e parametri di evidente complessità.
Certamente, ed i casi ungherese e polacco si distinguono dal nostro. Nel senso che si trattava di azioni contro la magistratura, messe in atto dal potere politico, nel tentativo di asservirla ad esso. Nel nostro caso, la violenza alla giustizia, e dunque alla democrazia, viene esercitata dalle alte sfere della magistratura stessa, con la connivenza o la collusione del potere politico. Una sorta di malattia auto-immune, più difficile da curare.
Quindi quasi non meno grave e non meno pericolosa della situazione polacca o ungherese?
Ritengo che il vulnus alla democrazia sia altrettanto, se non più grave. Non ci si può certo trincerare dietro il principio dell’indipendenza della magistratura per tollerarlo.
Ma, come abbiamo visto, l’interesse dell’Unione non si limita agli aspetti relativi ai valori della democrazia, che pur sarebbe più che sufficiente per invocare il suo intervento.
Una giustizia malata, se non in agonia, si frappone come ostacolo insormontabile a quelle libertà fondamentali, che costituiscono fattori nevralgici per il processo di integrazione. Stella polare dell’esistenza dell’Unione.
La sfiducia nella magistratura, non fosse altro che per i suoi tempi biblici, congiunta alla disperazione per una burocrazia farraginosa ed inefficace, taglia le ali alla imprenditorialità italiana ed europea. Per forza di cose, gli investimenti latitano, o addirittura fuggono, e ciò non è nell’interesse né dell’Italia, né dell’Europa.
Finora l’Ue non è stata forse un po’ troppo assente di fronte a questo problema?
Non direi. Perché dobbiamo ricordare i continui richiami dell’Unione alla realizzazione di una serie di riforme, al fine di beneficiare effettivamente dei fondi europei. Come il tanto chiacchierato Recovery Fund.
Molti non ci credono. Però, se una seria riforma della giustizia italiana non sarà messa in cantiere rapidamente, potremmo anche avere dolorose sorprese.
Siamo arrivati quindi ad un momento storico cruciale: ora o mai più?
Occorre sperare che la sterzata, quasi disperata, del Presidente della Repubblica che ha dato l’incarico di Premier a Mario Draghi produca i suoi frutti. Anche in quella urgente riforma della giustizia, spesso invocata, ma mai attuata.
Ci vorrà tempo.
Speriamo che non sia come aspettare Godot…
(4.Fine)
(*) Guido Berardis, già Direttore alla Direzione Generale del Mercato Interno presso la Commissione Europea, ma anche membro del gabinetto dell’allora commissario europeo alla Concorrenza Mario Monti, è stato sino al 2019 Presidente di Sezione del Tribunale dell’Unione Europea. Uno dei maggiori esperti italiani di diritto dell’Unione Europea, oggi in pensione, nel suo percorso professionale conta anche un’esperienza quale ufficiale di complemento della Guardia di Finanza, ed oggi è Consigliere della Sezione di Bruxelles-Unione Europea dell’ANFI (l’Associazione Nazionale Finanzieri d’Italia).
Le prime tre parti dell’intervista sono state pubblicate sul Riformista il 16, il 17 ed il 18 febbraio 2021:
Guido Berardis: il “sistema” della magistratura italiana una tragedia anche europea.
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