Sono anni che i gruppi femministi, con ampia eco dei partiti di sinistra, battagliano per la declinazione femminile di quei titoli (avvocata, magistrata, direttrice) sin’ora sempre usualmente declinati solo al maschile. Se è vero che come diceva il noto regista Nanni Moretti “le parole sono importanti” e il seguito filosofo Umberto Galimberti “noi siamo le parole che conosciamo”, c’è un fronte oggettivo di lotta per l’uso corretto dei termini affinchè, anche grazie alla grammatica, si aprano dei varchi economici e sociali per le donne. Un fronte tutt’altro che coeso: ricorderanno i più i duri attacchi al Direttore (Direttrice?) d’orchestra Beatrice Venezi (professionista vicina al Governo in carica) per aver pubblicamente rivendicato il maschile ma anche quelli ad Ambrba Angiolini (attore/attrice lontana dal Governo in carica) per aver altrettanto pubblicamente sminuito la causa lessicale in favore, piuttosto, di posti di lavoro concreti per le donne.
Di fatto così ognuno segue la sua idea di parità grammaticale: un crocevia di sensibilità ed opinioni che, frammentando la platea femminile in tanti rivoli, ben si presta all’indifferenza, se non addirittura alla derisione, generale. Se il centro destra su questi temi è sempre stato latitante, lasciando quindi i movimenti di lotta a fronteggiarsi fra loro nel vano tentativo ci corroborare un’unica proposta, se non per fatti concludenti di oggettivo uso del maschile (o di libertà di opinione), è notizia di questi giorni che il partito guidato da Matteo Salvini ha deciso di infilarsi nella matassa proponendo di imporre “il maschile universale” in tutti gli atti ufficiali pena multe sino a 5 mila euro.
Anzi no, dietrofront, hanno sbagliato, non era una proposta del partito ma di un singolo militante. Un errore che costa caro alla Lega che, di fatto, non si mostra più lontano al tema delle rivendicazioni femministe avvalorando di fatto che avevano ragione loro, che la “grammatica è importante” e non solo vezzo lessicale come sin’ora era stata fatta passare. Non solo uno, pochi o alcuni militanti del partito di Matteo Salvini si sono soffermati su questo aspetto (addirittura immaginandone sanzioni!), ma si sono palesati nel senso dell’onore del “maschile universale” rivelando di fatto che sin’ora non c’era stata indifferenza ma solo un intimo senso di rivalsa (maschile vien da dedurre). E l’attesa del momento buono per puntualizzarne. Solo che buono non era se non per la leggerezza che attraversa l’estate e che farà scordare la polemica innescata già al prossimo tuffo in mare.
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