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Il Polo Draghi si presenta a Milano (e Repubblica prende un buco)

Insegnante, giornalista e scrittore
Il Polo Draghi si presenta a Milano (e Repubblica prende un buco)
Ho ascoltato venerdì 2 settembre la presentazione della campagna elettorale fatta da ItaliaSulSerio, a Milano. La sala da 5000 posti, a sorpresa, non è risultata sufficiente come capienza e alcune centinaia di persone hanno protestato in modo veemente ai cancelli. E’ un dato significativo per ciò che sarà il risultato elettorale del polo Draghiano a Milano, certamente in doppia cifra. Anche per l’oggettivo successo popolare di questo evento, risulta più incredibile il buco di Repubblica, che nell’edizione cartacea di sabato 3 non dedicava alcuno spazio al fatto. Ha poi rimediato nella versione online a partire dal 4 settembre, anche per le tante proteste dei suoi lettori (o ex lettori) sui social.

Dopo le elezioni, la fondazione di un Nuovo partito repubblicano
Gli interventi principali sono stati quelli d’apertura di Matteo Renzi e di chiusura di Carlo Calenda, ma è vero che anche gli interventi degli altri big del futuro Nuovo partito repubblicano (o come si chiamerà: è chiaro che a Calenda l’aggettivo “repubblicano” piace moltissimo e penso tenterà di usarlo; fosse per me, chiederei il permesso all’attuale Partito Repubblicano Italiano di usare non solo il nome ma anche lo storico simbolo dell’Edera) sono stati assai significati. Due su tutti, quello della ministra Mara Carfagna, che stavolta mi ha pienamente convinto per grinta e contenuti, e quello della ministra Elena Bonetti, che si è rivolta in modo franco e diretto contro Giorgia Meloni.

Renzi e Calenda: due stili retorici differenti
Uno degli elementi interessanti di questo esperimento politico, che pare destinato ad andare oltre il 25 settembre per giungere alla fondazione di un nuovo partito, è che unisce uno statista come Renzi – uomo politico per eccellenza – a un tecnico come Calenda, uomo impolitico per eccellenza. L’enorme differenza di approccio (ma non di contenuti), e la cosa non è certo secondaria) è risultata plastica anche nell’esposizione retorica dei loro due discorsi.

Renzi ha parlato di politica estera
Renzi ha cominciato gigioneggiando, con battute e ironia. Intanto che parlava si è reso conto che la platea di Milano era differente e più cauta nei suoi confronti da quella tutta “domestica” di Firenze del giorno prima. Così ha saggiamente messo da parte le battute per virare su un discorso alto, in cui ha parlato soprattutto di implicazioni di politica estera.

Calenda ha parlato di politica interna e di Scuola
Calenda, al contrario si è concentrato tutto o quasi sulla politica interna. Tanto Renzi usava tipici toni da comizio, in un crescendo per gasare l’uditorio, quanto Calenda usava un tono a calare, a sottrarre, meno costruito. Pochissimi i passaggi in cui Calenda ha alzato i toni, e per altro usando più la forza della grinta arrabbiata che non quella dell’urlo per celebrare; fra questi, il bel passaggio sulla scuola, dove ha detto, con stizza e rabbia: “Non se ne può più di vedere famiglie che fanno ricorso sui voti dati degli [dagli, nda] insegnanti”. Mi ha fatto piacere quel passaggio perché è proprio il primo punto di quel che io dico necessario in una riforma della scuola: impedire il ricorso al TAR e instaurare un grado di appello interno al MIUR.

Il polo Draghi sarà la sorpresa di queste elezioni
Forse c’era anche una componente di stanchezza fisica e mentale per Calenda, non so, fatto sta che il suo è sembrato più che un comizio elettorale una sorta di confessione-riflessione in cui ha condiviso con la platea una serie di considerazioni anche amare o amarissime. Mentre Renzi ha glissato su tutti gli attacchi ricevuti da Calenda negli ultimi 24 mesi, Calenda li ha affrontati di taglio e di piatto, cercando di tratteggiare il profilo di una coppia di uomini politici molto differenti e spesso in contrasto sul piano caratteriale, ma sempre in accordo su quello dei contenuti politici.

Certamente il risultato elettorale del terzo polo sarà una delle sorprese di queste elezioni, io penso insieme al dato finale del M5S che, temo, riuscirà a conservare un bacino di voti assistenzialisti in tutto il Meridione. Se le mie antenne hanno ragione, chi ne risentirà di più sarà il PD di Enrico Letta, che si prepara a vedere i propri consensi erosi sia da sinistra, verso Conte, che da destra, verso Calenda e Renzi. Insomma, per il PD si prepara un bagno di sangue, una tempesta perfetta e l’incognita, a mio parere, è solo nel vedere, dopo le dimissioni dovute di Letta, a quale filone politico si affiderà il PD dopo. Area “ditta” bettiniana, come penso, o area riformista alla Giorgio Gori e Stefano Bonaccini?