É legittimo parlare di “persecuzione giudiziaria”, come ha fatto ieri Deborah Bergamini (FI), co-fondatrice de Il Riformista, assieme al “Comunista” (non a caso la C è maiuscola) Piero Sansonetti?
“Assoluzione piena, verità ristabilita e il Presidente Silvio Berlusconi che ne esce ancora una volta, l’ennesima in questi 30 anni di persecuzione giudiziaria e mediatica, a testa alta”, ha scritto Bergamini sulla sua pagina Facebook. “Oltre ad esprimere gioia e soddisfazione personali, credo sia doverosa un’amara riflessione su questi anni di processo conclusi con un nulla di fatto, sui milioni di euro spesi sulle spalle dei cittadini e sull’ennesimo capitolo di questa opera ‘certosina’ svolta da una parte della magistratura atta a screditare il Presidente Berlusconi”, ha aggiunto l’ex condirettore della testata.
Proseguendo con una due domande e due secche risposte: “Qualcuno lo risarcirà non solo in termini economici, ma anche per il grave danno inflitto alla sua onorabilità? No. Qualcuno riparerà al danno d’immagine? No.” Prima di concludere: “per questo ribadisco che urge, oggi più che mai, una riforma della giustizia che la renda veramente impermeabile alla politicizzazione, giusta, veloce ed efficiente, perché processi così lunghi – 11 anni! – rappresentano un calvario a cui nessun essere umano dovrebbe essere sottoposto”.
La domanda che io invece mi pongo è un’altra. Chi pagherà le enormi spese investigative e processuali (oltre ai danni di immagine e di credibilità del nostro Paese nel mondo, per uno scandalo mediatico-giudiziario a livello planetario) conseguenti ad un’azione penale esercitata dietro la foglia di fico della cosiddetta “obbligatorietà” dell’azione penale? “Cosiddetta obbligatorietà” perché gli addetti ai lavori in buona fede – a cominciare dall’ex Magistrato Carlo Nordio – sanno che l’azione penale in Italia viene esercitata sempre contro i “nemici”. Mentre si ha la possibilità di risparmiarla agli “amici”. Invocando semplicemente l’enorme numero di notizie di reato che sommergono le Procure della Repubblica, che sono matematicamente impossibili da trattare, se non in minima parte. Prima dell’inesorabile sopraggiungere della prescrizione.
É una domanda retorica, la mia. Come quelle di Deborah Bergamini. Perché la risposta è ben nota. In Italia, a pagare questo conto è sempre e soltanto Pantalone. A differenza di altri Paesi, dove il pubblico ministero è sempre tenuto a fare un preventivo esame costi-benefici – e non solo economici, ma neppure solo di proprio risalto mediatico – prima di decidere se esercitare o meno l’azione penale. Che non prescinde mai anche da un calcolo delle probabilità di successo processuale. Perché, in altri Paesi, i pubblici ministeri sono sempre tenuti a rendere conto dei propri risultati processuali. Non certo sui singoli casi, che possono anche perdere, ovviamente. Ma sulle statistiche di medio-lungo periodo. Solo in Italia ciò non accade.
Ma al di là del fatto che mi disturbi molto sentire parlare ancora di “Bunga Bunga” in ogni parte del mondo dove passi e mi presenti come italiano, e che Berlusconi sia stato il Presidente del Consiglio italiano e, come tale, i danni da lui subiti – compresi i maliziosi sorrisini in mondovisione di Sarkozy e della Merkel – sono danni subiti da tutto il Paese, ed al di là dell’umana compassione, non mi interessa particolarmente la sua situazione personale. Per il semplice fatto che Berlusconi ha avuto, ed ha, i mezzi per difendersi dal “Sistema” della giustizia italiana, scoperchiato e descritto in dettaglio da Palamara e Sallusti. Dopo essere stato denunciato da decenni, tra le tante vox clamantis in deserto, persino da un Presidente emerito della Repubblica, e quindi anche del CSM, quale Francesco Cossiga.
Mi interessa di più, invece, la situazione delle migliaia di cittadini che ogni anno si trovano stritolati dalla stessa macchina infernale, che ha tenuto Berlusconi sotto schiaffo per decenni. Cittadini “presunti innocenti”, trasformati in “colpevoli per i quali non si sono ancora trovate le prove della loro colpevolezza” che si trovano, assieme a Pantalone, una volta assolti, come Berlusconi oggi, ad essere gli unici ad averne fatto le spese. Che nessuno potrà mai risarcire degli anni di vita rubati.
Sento già dire che quella di Berlusconi, oltre che solo in primo grado, non sia una vera assoluzione. Perché ottenuta, dice chi non ha ancora letto le motivazioni di una sentenza che non sono state ancora depositate, grazie ad errori di procedura commessi dagli inquirenti. Se così fosse, sarebbe ancora più grave. Perché se mai dovrebbero essere commessi errori di procedura, chiunque sia l’inquisito, più che mai questi errori sono inaccettabili quando l’indagato è, o è stato, il Presidente del Consiglio dei ministri.
Quindi confermo, una volta di più, tutto il mio più grande sostegno alla volontà di riforma della Magistratura del Ministro della Giustizia Carlo Nordio. Che prima di essere Ministro, è stato Magistrato integerrimo, indipendente (non solo dalla casta e dal “sistema”, ma anche, e soprattutto, dalle proprie ambizioni di carriera), dotto e gentiluomo. Restando in attesa, comunque, dell’appello della Procura della Repubblica di Milano, che considero probabile. Perché a rischio zero per chi l’introducesse. Come probabile considero il successivo ricorso in Cassazione.
Con la grande probabilità che, data l’età di Silvio Berlusconi, ed i lunghissimi tempi della procedura, qualcuno sarà persino capace di sostenere che l’imputato eccellente sia riuscito a farla franca. Nel caso dovesse sottrarsi al processo, prima della sentenza definitiva della Suprema Corte, per… cause naturali.
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