Ci sono categorie di persone trasparenti, perché contano poco nella società e nella politica. Tra queste figurano i giovani, il cui consenso viene “tirato per la giacchetta” ma, nei fatti, i loro interessi sono a dir poco trascurati. Solo per fare qualche esempio, fanno disperare le condizioni degli edifici scolastici, dove una palestra minimamente attrezzata è un lusso sfrenato, e il dato della disoccupazione degli under 25 che, a settembre 2021, è passato al vertiginoso 29,8%, registrando l’aumento mensile più alto della zona euro. La proposta di abbassare l’età del voto a 16 anni mi ha sempre lasciato perplessa. Tuttavia solo queste due emergenze fanno apparire meno incomprensibile un’eventuale revisione della Costituzione in questo senso. Se i giovani votassero a 16 anni, forse la politica si troverebbe nella condizione di prendere maggiormente in considerazione le loro necessità.
Riccardo Capecchi, esperto del Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili, ha ricordato l’attivismo dei ragazzi nella sua intervista per la video rubrica di Telos A&S Lobby Non Olet.
Capecchi ha sottolineato come i giovani abbiano fatto sentire la propria voce su un tema cruciale come i cambiamenti climatici. Con una similitudine, paragona il loro movimento a una sorta di “mega-operazione” di lobbying a livello globale: “Pensiamo al lavoro che ha fatto Greta Thunberg. Altro non è stata che un’azione di fortissima lobby nell’interesse dei giovani. Quindi non un interesse di gruppi economici, ma un interesse individuale che diventa interesse collettivo, per rappresentare un bisogno di futuro dei nostri giovani”.
Nel lessico ancora poco codificato del nostro settore, alcuni chiamano questa tipologia di iniziativa con il termine advocacy. Una delle differenze con la lobby in senso stretto è la capacità di coinvolgere un movimento di opinione e di riempire le piazze reali e virtuali, risultato che l’attivista Greta Thunberg è riuscita ad ottenere con efficacia magistrale.
In qualche incontro pubblico, è capitato che mi abbiano chiesto se noi lobbisti siamo soliti organizzare movimenti popolari per supportare la causa di un’azienda privata, magari macchinando la rivolta seduti comodamente in una romanzesca sala dei bottoni collegata con telecamere nascoste. La risposta ovviamente è no. Non è questo il nostro mestiere. Inoltre i temi che trattiamo sono talmente noiosi e pieni di sfaccettature che credo sarebbe più probabile aprire una clinica del sonno, piuttosto che fomentare una piazza. Quello che è certo però è che Greta e Fridays for future hanno dato una spinta alla politica. Hanno costretto i leader del mondo a pensare di più al dopo, ossia a quando noi non ci saremo più, ma ci saranno loro, i nostri figli e i nostri nipoti, che preferirebbero evitare di estinguersi come i dinosauri. Mi hanno colpito le manifestazioni organizzate dai ragazzi, perché era tempo che non vedevo adolescenti in piazza per combattere per un proprio diritto. Chissà se il voto ai sedicenni imporrebbe una nuova agenda alla politica e una nuova maturità ai ragazzi.
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