Adesso le carte sono scoperte, i giochi quasi fatti con una partita dal finale ancora incerto e forse oscuro ma sicuramente è iniziata e molte strategie si dipanano inesorabili giorno dopo giorno. Abbiamo capito che l’omertà occidentale nei confronti dei crimini russi non ha pagato anzi ci ha reso debitori della democrazia e traballanti sui mercati internazionali.
Il prezzo del gas già ad ottobre è schizzato irragionevolmente alle stelle e noi abbiamo sopportato il difficile momento spiegandolo anche a ragione con la pandemia, col pensiero a tempi migliori, quando l’amico Putin avrebbe calmierato la situazione. A Zhanaozen invece, centro petrolchimico e del gas del Kazakistan, come andavano realmente le cose lo avevano capito da un pezzo. Già nel dicembre del 2011 gli operai avevano scioperato per ottenere condizioni di lavoro dignitose e un salario decente. Uno sciopero represso nel sangue dalle forze speciali russe. Nel gennaio 2022, la protesta è andata di nuovo in scena e la tragedia si è ripetuta, avvolta dal silenzio complice dell’Ovest. Il cinque gennaio di quest’anno migliaia di operai hanno sfilato contro i rincari del gas: 200 sono stati uccisi e 8000 arrestati.
I media occidentali hanno incolpato il presidente kazako Tokayev degli spari altezza uomo sui manifestanti e della scomparsa di ottomila persone destinate a diventare i nuovi desaparecidos di questa piccola ex repubblica sovietica che va dal Mar Caspio ai monti Altai, al confine tra Russia e Cina. Si è solo accennato timidamente ai legami tra Russia e Kazakistan, all’amicizia tra il presidente Putin e il presidente Tokayev. Ma in sintesi quando ancora una volta, le forze speciali russe hanno riportato l’ordine, a tirare un respiro di sollievo non sono stati solo i clan del potere russo, ormai divisi dalla spartizione della titanica rendita da idrocarburi e dai sobbalzi del regime putiniano ormai al tramonto. A sentirsi sollevate anche le maggiori multinazionali come la Chevron , Shell, Bp, la nostra Eni e la cinese CNPC.
Il Kazakistan è infatti collegato da oleodotti e gasdotti non solo alla Russia ma anche all’occidente e alla Cina. Più che Kazakistan è un vero “Perù” per le sue risorse di ogni tipo, che nessuno ha disdegnato. La mano forte di Putin a Zhanaozen, non ha scandalizzato, né suscitato indignazione e nessuno ha messo in discussione il ruolo di gendarme della Russia nell’intera zona. Un po’ come agli inizi del XX secolo, quando Mussolini e Hitler furono visti gli unici capaci di tenere a bada istanze sociali pericolose, e fu loro conferita dalle democrazie europee e dal capitalismo internazionale la licenza di sporcarsi le mani per preservare interessi economici comuni. Insomma non c’è da stupirsi se tutta questa condiscendenza avrà fatto pensare al presidente russo di poter disporre della confinante Ucraina senza inibizioni. Il triste epilogo dimostra come la Storia sia scritta da corsi e ricorsi e non insegni mai niente.
Quando gas e ragione di Stato si sposano
Ma il felice matrimonio tra la materia prima gassosa e la ragione di Stato non si è celebrato solo in Asia Centrale. A pochi chilometri da noi, in Libia, la paura di compromettere i rifornimenti di gas con dissidi evitabili, ha ammantato di silenzio le peggiori atrocità commesse all’interno delle carceri governative libiche. L’Istituto per gli studi di politica internazionale (ISPI) fa sapere che in un anno sono stati 65mila i migranti che hanno raggiunto le coste italiane, con 1600 morti affogati. Di questi 31mila sono stati fermati, consegnati alla guardia costiera libica e costretti a rimpatriare.
Per quanto riguarda le risorse del paese nordafricano a spartirsi petrolio e gas oltre alla nostra Eni, abbiamo: la francese Total, la spagnola Repsol e la britannica Shell. Insomma una mangiatoia vasta o più prosaicamente un trogolo spazioso, dove chi favorisce è molto poco sensibile al problema dei disperati nei campi di concentramento, talmente poco interessato, che nonostante i poveretti siano riusciti ad assaggiare una parvenza di liberà, li fa riacciuffare e riportare aldilà del filo spinato. Vittime sacrificali, diciamolo pure senza retorica e senza anacronismo, dell’Imperialismo Europeo.
Non si propongono soluzioni, si vuole ricordare però che le addizionali che leggiamo in bolletta oltre agli effetti della pandemia, sono da imputare al massacro degli operai kazaki e ai profughi dall’orrore libici, rimandanti senza tanti complimenti al macello. Ma si sa, anche se a noi italiani la pasta piace al dente, nessuno può mangiare gli spaghetti crudi e l’odore di gas è altresì l’effluvio della barbarie che serpeggia sibilante nelle nostre cucine.
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