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La pandemia, la guerra e il coraggio di fare l’Europa

Eurodeputato
La pandemia, la guerra e il coraggio di fare l’Europa

Un bravo funzionario europeo una volta mi disse: “Più che per volontà, l’Europa va avanti perché ci sono crisi difficili, non risolvibili da soli, di fronte alle quali bisogna rispondere uniti”. Ho riflettuto spesso su queste parole. Talvolta ho anche messo in discussione quella mancanza, o comunque non convinta, volontà. Ma nei fatti come potevo dargli torto.

Due anni fa non avremmo mai immaginato di poter emettere bond o creare debito comune. Eppure la risposta dell’Unione Europea alla pandemia è stata di quelle che lasciano il segno, che cambiano il corso degli eventi e della storia. Non solo per l’enormità delle risorse messe in campo per aiutare i singoli Paesi, ma anche per l’importanza di essere riusciti a far convergere, a far sedere al tavolo della solidarietà, anche i Paesi più frugali. Il dramma del Covid ha reso l’Europa più forte. Un’Unione Europea che ha fatto della solidarietà il suo punto di forza. Un’Unione Europea che da lontano, come è spesso sembrata, non è mai stata così vicina ai suoi cittadini. Oggi cresce ogni giorno di più il sentimento di un’Europa che ci protegge.

Siamo, infatti, di fronte a una nuova grave crisi: la guerra. Una guerra che la maggior parte di noi vede per la prima volta vicina nella sua atrocità. L’Unione Europea stessa non aveva mai conosciuto nulla di simile, alle porte dei propri confini. La guerra in Ucraina ha un nome e un cognome, quello di Vladimir Putin, che con un’invasione tanto violenta quanto ingiustificata, ha violato la sovranità del popolo ucraino, calpestando ogni diritto internazionale.

La risposta dell’Ue è stata immediata, unita, decisa, attraverso le sanzioni e la solidarietà. A queste si è aggiunto il calore di un popolo che ha fatto sentire la propria voce in ogni piazza, in ogni strada europea. Un popolo unito sotto la bandiera della Pace. Proprio così come è nata la nostra Unione. Oggi abbiamo il dovere di trasformare l’immediatezza di questa risposta in impegno e in riforme che facciano sì che anche da questa crisi l’Europa possa uscire più forte. Risolvendo una volta per tutte questioni che ci portiamo dietro da troppo tempo. Tre su tutte.

Innanzitutto la riforma del trattato di Dublino. La solidarietà si è già dimostrata la risposta più efficace, più forte, alla pandemia. Ora può e deve essere anche la nostra risposta a nazionalismi e sovranismi che sono il male che si nasconde anche dietro a questa guerra. Milioni di profughi dall’Ucraina potrebbero arrivare nelle prossime settimane nei nostri Paesi. La grande accoglienza di queste ore si deve trasformare in una grande riforma sostenuta da tutti. Anche di quei paesi che fino ad oggi hanno sempre fatto resistenza. E poi il grande tema della difesa comune. Non si può più rimandare. Un progetto che si è interrotto nel 1956 a causa delle divisioni interne al Parlamento Europeo. A quel tempo prevalse l’economia sulla politica. Oggi è tempo di ribaltare quell’approccio. Oggi più che mai serve percorrere la strada della politica.

E infine l’energia. Proprio mentre l’Europa si preparava al grande piano del Green Deal europeo e del Fit for 55, la guerra, la frattura inevitabile con la Russia, ci ha portato di fronte al problema della nostra dipendenza energetica. Oggi ci rendiamo conto che in questa transizione non possiamo fare a meno del gas e del nucleare. Possiamo e dobbiamo accelerare sulle rinnovabili, ma non è facile. Innanzitutto perché oggi più che mai serve dare un taglio forte alla burocrazia che troppo spesso rallenta e impedisce la transizione. E al contempo dobbiamo diversificare i nostri approvvigionamenti energetici, per ridurre la dipendenza da singoli Paesi, finché non sarà possibile – grazie alle rinnovabili – diventare autonomi da importazioni estere.

Per fare tutto ciò, è chiaro che serviranno soldi: per questo dobbiamo continuare sulla strada tracciata dal Recovery Plan, riformando le regole del patto di stabilità e crescita per consentire investimenti pubblici in crescita, clima, digitale. L’Europa deve saper cogliere e vincere queste sfide. Ora deve dare il meglio di sé perché la crisi che stiamo vivendo è una di quelle che si supera solo stando insieme. È tempo di fare l’Europa.

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