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Le conseguenze della guerra, l’impegno dei volontari

Public Affairs Manager di Assoholding
Le conseguenze della guerra, l’impegno dei volontari

Ho incontrato Ludovico, un volontario che fa parte della rete “Stopthewarnow”. Stopthewarnow è una rete di oltre 170 associazioni ed altri enti che ha organizzato dagli inizi di aprile una serie di azioni umanitarie in Ucraina, giungendo a Leopoli, Odessa e Mykolaiv. Una serie di atti simbolici ma estremamente concreti, cruciali in un contesto di grave crisi umanitaria. La Rete, in questi mesi, è presente in Ucraina per continuare a rinsaldare questo prezioso flusso di solidarietà e per stare vicino alla popolazione civile martoriata dalla guerra.

Perché partire per l’Ucraina con l’obiettivo di aiutare la popolazione civile?
La decisione di partire è motivata dal frastuono della eco delle sofferenze dei civili ucraini che si riverbera su tutta Europa. Intere famiglie colpite a loro malgrado da un conflitto che, per alcuni, sembra essere persino fratricida.
Questo almeno è ciò che mi è stato riferito da una famiglia fuggita da Sloviansk, una cittadina della regione del Donbass, in queste settimane presa d’assedio dalle forze russe. Questa coraggiosa mamma non si riusciva a capacitare di come due popoli, uniti a volte anche da forti legami familiari, e che molti consideravano fratelli, potessero farsi la guerra.
Ora, invece, siamo giunti al parossismo. Ad esempio, una ragazza ucraina si è scusata con me per essere nata in Russia…non le ho detto che, se lei fosse stata russa e se fosse stata la Russia ad essere invasa, sarei stato dalla parte dei civili di quel Paese così come, sono convinto, tanti altri tra noi.
In sostanza, credo che partire sia un modo per stringersi alla popolazione civile ucraina, abbracciandola in questa fase così drammatica per la storia del continente europeo. Credo sia sempre un bell’abbraccio: alle nostre iniziative siamo numerosi, dai duecento ai cinquanta volontari. Le persone che incontriamo ci danno la forza di continuare.  Ci ringraziano calorosamente e ci chiedono di rimanere con loro. Alcuni si commuovono per questa potente forma di energia che si sprigiona e, quando ciò accade, le parole sono sempre difficili da trovare.

Quante persone di giovane età sono presenti?
Un numero consistente. Tante ragazze e ragazzi che si uniscono e che compiono atti così ricchi di significato è sicuramente una cosa della quale essere orgogliosi. In generale, non è mai facile ma, in momenti concitati, credo che ognuno tiri fuori il meglio di sé.

Che impressioni hai avuto dal Paese?
Le impressioni sono diverse. Le città dell’ovest sono al momento indubbiamente più sicure rispetto a quelle del sud o dell’est. A Leopoli, dove siamo giunti, la situazione è di relativa tranquillità. Non si fa tuttavia in tempo a dirlo che vengono lanciati missili nelle zone limitrofe. Insomma, pur essendo una guerra con diversi gradi di intensità a seconda dell’area geografica, sempre tale rimane.
Per il resto del Paese, ad est il conflitto imperversa in maniera brutale, in questi giorni ci sono bombardamenti a tappeto tra le zone di faglia dei due eserciti. A sud, la cronaca racconta di una Mariupol devastata e altre città della zona, come Kherson – sotto il controllo dell’esercito russo –, che vivono una situazione di grande difficoltà. Ad esempio, c’è chi vuole fuggire ma non può.
Durante le nostre missioni abbiamo saputo di attacchi indiscriminati sui civili, anche bambini, che tentano di andar via, o di poveri sfollati che saltano sulle mine piazzate nelle vaste campagne ucraine. Oltre a ciò, anche grandi centri abitati come Mikolaïv sono oggetto di bombardamenti, con decine di civili colpiti in maniera deliberata. Per dare un’idea del contesto, il sindaco di questa città invita costantemente la popolazione ad abbandonare l’area.

In quali attività siete impegnati al momento?
Ora la rete è presente ad Odessa e Mykolaïv, e coordiniamo – tra l’altro – l’arrivo di aiuti umanitari ed evacuazioni di adolescenti o di bambini in età pediatrica con gravi patologie.
Ad esempio, grazie alle sinergie create, abbiamo evacuato una ragazza di 17 anni con la madre da una regione dell’ovest del Paese. Sono ora ospiti di una famiglia dal cuore d’oro di Peraga, un piccolo comune in provincia di Padova, in attesa delle necessarie cure mediche presso un ospedale specializzato della zona. Lei avrebbe dovuto essere curata a Minsk in Bielorussia ma, per via della guerra, questo non è più stato possibile. Insomma, una delle vittime silenziose di questo conflitto, che crea danni inimmaginabili nelle vite degli innocenti.
Un altro caso è quello di un ragazzo tetraplegico affetto da una grave forma di epilessia il quale – purtroppo – dall’inizio della guerra non ha più avuto modo di beneficiare in maniera continuativa della sua terapia. Lui è stato evacuato da Leopoli ed è ora a Roma, preso in carico da un ospedale della capitale. Quando le risorse economiche e umane sono tutte concentrate nella difesa militare del paese diviene inevitabile che i servizi pubblici, già di per loro carenti in Ucraina, ne risentano grandemente, aumentando il disagio anche di chi, la guerra, non la vive giornalmente. Oltre a questo, le nostre azioni ultimamente sono focalizzate su Mykolaiv.
Stopthewarnow infatti ha lanciato una raccolta fondi per garantire il diritto di accesso all’acqua ai cittadini della città. Questo poiché, nella fase dell’avanzata russa, i bombardamenti avrebbero distrutto – si pensa con dolo – il principale impianto di fornitura di acqua potabile a Kherson, causando enormi disagi a tutta la popolazione che si trova in quell’area. Mykolaiv, in sostanza, sta affrontando una grave crisi idrica.
Per questo, la Rete ha già costruito un dissalatore in uno dei quartieri più colpiti di Mykolaiv, il quale aiuterà un bacino di circa tremila persone. Vogliamo però fare di più.  L’acqua è carente e costruirne altri porterebbe enorme giovamento alla popolazione civile.

Qual è la cosa che ti è maggiormente rimasta impressa nella mente di questi viaggi?
Alcune scene sono emblematiche. Al ritorno dal primo viaggio agli inizi di aprile abbiamo trasportato in Italia una mamma ed una bambina di otto anni provenienti dal Donbass. Ricordo che arrivati finalmente in Italia, passate le Alpi, hanno alzato gli occhi al cielo ed hanno visto un aereo passare sopra le loro teste. Spaventate ci hanno guardato con gli occhi sgranati, pronte a cercare riparo…abbiamo dovuto spiegare loro che non si sarebbero dovute preoccupare perché l’aereo era di linea. Ecco, questa è una cosa che mi ha particolarmente scosso…e pensare che i bambini, normalmente, guardano gli aerei con grande curiosità ed entusiasmo.
Credo che la guerra faccia proprio questo: sconvolge i paradigmi della normalità, e ti piega alle sue logiche rovinose. È l’assenza di vita. Un aereo si trasforma in una minaccia, un piatto che cade a pochi metri accende i ricordi di un colpo di mortaio e il pensiero della casa dei tuoi genitori, oramai distrutta, ti fa provare un senso di desolazione.
La guerra – poi – sovverte ciò che è naturale: ti costringe a piangere davanti ai tuoi figli piccoli che, invece, ti rincuorano e ti dicono di essere forte…difficile trovare un senso a tutto ciò.
Un’altra scena emblematica è quella che abbiamo vissuto alla fine di agosto, nel nostro ultimo viaggio a Mykolaiv. Davanti al dissalatore che abbiamo contribuito a costruire, un signore da una casa diroccata da una bomba a grappolo, in uno dei piani più alti di questi palazzi dall’aspetto oramai spettrale, cingeva le mani al cuore e, commuovendosi, ci omaggiava dei suoi ringraziamenti per il fatto di essere lì, e per il fatto di aver contributo a rendere la loro vita, forse, un po’ meno difficile. Se qualcuno si stesse interrogando sul senso di ciò che facciamo, la risposta va ricercata tutta in questi gesti. I nostri amici ucraini ci fanno sentire di supporto.
A Mykolaiv, infatti, ci hanno detto che di aiuti ne avevano ricevuti molti in passato, ma mai nessuno li aveva portati lì fisicamente. Ecco, la vicinanza e la presenza fianco a fianco sono un’arma possente, che infonde coraggio e speranza alle persone. Farli sentire meno soli è di certo uno dei nostri obiettivi.