Lavorano 18 ore al giorno, sotto al sole cocente, senza pause se non per bere ed andare in bagno. Hanno la pelle con sfumature rosse o arancioni, perché si nutrono spesso dei soli pomodori o delle sole arance che raccolgono. Sì, perché quei pochi euro che hanno come “stipendio“, li mettono da parte per mandarli alle loro famiglie, dall’altra parte del mondo.
Quelle famiglie che, magari, si sono indebitate per mandare i loro figli da noi, sperando di dargli un futuro migliore. Perché “a casa loro si muore“. Di guerra, di fame.
Non hanno assistenza, non hanno ferie, malattia o congedo. Non conoscono feste, né shopping, né cene fuori con gli amici.
Vivono spesso in baracche di fortuna, senza acqua calda, corrente elettrica o sistemi igienici. Se si ammalano, muoiono. Perché la paura di essere denunciati come “clandestini” è più grande di quella di morire. Hanno 20 anni ma ne dimostrano 50, perché in quei pochi anni di vita hanno sofferto più di quanto si possa sopportare.
Ecco, a chi vi chiede il perché delle lacrime di Teresa Bellanova, raccontate questo. Teresa li conosce, li ha visti. Teresa, a differenza dei sovranisti dell’odio, ha lavorato nei campi per 20 anni. Teresa ha vissuto le loro sofferenze, le ha sentite nella pelle.
Teresa si commuove, perché il senso di fare politica è quello di rendere migliore la vita degli altri, soprattutto degli ultimi. Ed oggi grazie a lei, quelle persone diventano ESSERI UMANI.
Quello che gli odiatori della politica non saranno mai.
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