Dopo il libro, le interviste. Certo, in fondo il cardinale Muller, ex-prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, avrebbe anche qualche ragione. Si capisce la sofferenza emotiva: ha 75 anni, si sente giovanissimo, non ha digerito la defenestrazione operata da papa Francesco. E argomenta: il Papa ha un cerchio magico di persone poco competenti che lo consigliano. E invece il popolo di Dio non è un’azienda, “la Chiesa cattolica non è uno Stato, non è possibile dividerla in governo e opposizione, noi siamo una collegialità e fraternità di vescovi sub Petro”. E poi la perla delle perle: “La Chiesa non è una democrazia, dove il popolo è il sovrano e si decide a maggioranza. La Chiesa è il popolo di Dio dove Dio è il sovrano”. E l’intervistatore (oggi dal Corriere della Sera) incalza: “Lei contesta ciò che disse il cardinale Martini: la Chiesa è rimasta indietro di duecento anni”. Risposta: “Perché è falso. Non si può avere questo criterio. La Chiesa è la pienezza della salvezza e della verità che è venuta da Gesù, non è un’organizzazione umana. Una cosa è rispondere alle sfide di oggi, ma il contenuto e la sostanza della Rivelazione non possono essere cambiati secondo il piacere dei tempi”. Anche qui: ‘chi’ la sta cambiando ‘sta Rivelazione? Non si sa, Muller non ce lo vuole dire e del resto nessuno glielo chiede. Fumo allo stato puro.
Basta così. A dire la verità sarebbe anche – in parte – condivisibile. Il Papa ha un “cerchio magico”? Certo a volte le nomine sono sbagliate (tipo quella di Muller a prefetto della Dottrina della Fede…) però bisogna fare nomi e cognomi. “Chi sono” questi fantomatici “cerchiomagisti” di poca cultura? E in base a quale valutazione teologica? L’intervistatore non chiede e Muller non dice. Ovvio, così è più facile. E poi le idee di fondo sono proprio da analizzare per bene: la Chiesa non è una democrazia, è la pienezza della salvezza, non si divide in governo e opposizione. Affermazioni che stridono con la realtà di oggi, dove troviamo ecclesiastici a parlare a ruota libera su qualunque argomento e nessuno coordina un bel niente, in un clima di confusione. Il cardinale Martini sbagliava? Veramente Martini si riferiva al rapporto Chiesa-mondo in cui la Chiesa va alla rincorsa per cercare di frenare derive giudicate immorali, mentre sarebbe meglio la via del dialogo e della formazione delle coscienze. Strada più difficile, lunga, mai conclusa una volta per tutte ma più stimolante e suggestiva, nella capacità di raccogliere idee e una partecipazione attiva (sinodale?) meno gerarchica.
E soprattutto, diceva Martini, “Né il clero né il Diritto ecclesiale possono sostituirsi all’interiorità dell’uomo. Tutte le regole esterne, le leggi, i dogmi ci sono dati per chiarire la voce interna e per il discernimento degli spiriti. Per chi sono i sacramenti? Questi sono il terzo strumento di guarigione. I sacramenti non sono uno strumento per la disciplina, ma un aiuto per gli uomini nei momenti del cammino e nelle debolezze della vita”.
Fulminante. Illuminante. E così si capisce che di Martini, Muller non ha proprio capito l’approccio (e forse nemmeno l’ha mai letto…). Martini coinvolge, include, dialoga; mentre quelli “alla Muller” vivono secondo una visione rigida e dividono il mondo in dentro e fuori, buoni e cattivi, salvati e peccatori. Ad esempio dice ora il nostro cardinale Muller: contenuto e sostanza della Rivelazione non possono essere cambiati secondo il piacere dei tempi.
Ma che significa? Vuol dire che basta la Scolastica (e quella dei Padri della Chiesa fino al IV secolo? E S. Alfonso? E la Scuola di Salamanca? E il Concilio di Firenze? e si potrebbe continuare per dire che le prospettive sono molteplici e chi avalla l’esistenza di una sola prospettiva teologica, ebbene imbroglia). E come si può rispondere alla ricerca di senso delle donne e degli uomini del 21esimo secolo? Vuol dire che la morale è ferma… a cosa? Vuol dire che nei rapporti sociali e personale, donne e uomini vanno tenuti lì a leggere la Casti Connubi di Pio XI del 1930 in cui si dice, tra l’altro, a proposito del matrimonio, indissolubile, e finalizzato alla procreazione: “E poiché l’atto del coniugio è, di sua propria natura, diretto alla generazione della prole, coloro che nell’usarne lo rendono studiosamente incapace di questo effetto, operano contro natura, e compiono un’azione turpe e intrinsecamente disonesta. (…) Pertanto, essendovi alcuni che, abbandonando manifestamente la cristiana dottrina, insegnata fin dalle origini, né mai modificata, hanno ai giorni nostri, in questa materia, preteso pubblicamente proclamarne un’altra, la Chiesa Cattolica, cui lo stesso Dio affidò il mandato di insegnare e difendere la purità e la onestà dei costumi, considerando l’esistenza di tanta corruttela di costumi, al fine di preservare la castità del consorzio nuziale da tanta turpitudine, proclama altamente, per mezzo della Nostra parola, in segno della sua divina missione, e nuovamente sentenzia che qualsivoglia uso del matrimonio, in cui per la umana malizia l’atto sia destituito della sua naturale virtù procreatrice, va contro la legge di Dio e della natura, e che coloro che osino commettere tali azioni, si rendono rei di colpa grave”.
Certo il linguaggio è del 1930, ma le idee espresse vengono da ancora più lontano. A questo dovremmo restare ancorati ancora oggi? Secondo il cardinale forse sì, secondo un’idea di ricerca teologica sempre in progress, forse no. In proposito bisognerebbe leggere Alberto Melloni nel libro appena pubblicato in cui ricostruisce l’avvio del Concilio Vaticano II e i tentativi di parte della Curia Romana di frenare ogni passo in avanti. Persino la Luna va letto attentamente (sebbene sia scoraggiante la prosa faticosa dell’Autore…) per vedere in azione le resistenze di fronte ai cambi di prospettiva. Cioè i tentativi di frenare, chiudere, abbarbicarsi ad una lettura restrittiva del presente, il cui unico scopo è (anche oggi) ripristinare un passato ed impossibile “regime di cristianità”. Come il Vaticano II ha dimostrato, la Chiesa “che funziona” è quella del dialogo, nel tenere fermi alcuni princìpi (mettendo al primo posto le persone, non le ideologie) e con la capacità di parlare: con la scienza, con gli usi della tecnologia, sui diritti umani, prendendo atto che c’è un cambiamento d’epoca in atto. E si risponde guardando avanti.
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