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L’età migliore: viversi il momento presente

Psicologa Clinica
L’età migliore: viversi il momento presente

 

Non permettete a nessuno di dirvi che avete passato l’età migliore“.

Questa la raccomandazione di Michelle Yeoh alla premiazione come miglior attrice protagonista del film “Everything Everywhere at Once“. Una frase saggia, che stimola l’applauso, ma non di facile e immediata comprensione in tutta la sua complessità.

Già, perché la cultura, la società, il marketing, perfino le nostre stesse relazioni, non fanno che dirci il contrario: un’età “migliore” c’è, e noi dobbiamo essere in grado di sfruttarla appieno.

Le generazioni si succedono, ma la tendenza a pianificare gli obiettivi di vita per fasce numeriche c’è sempre stata. La nonna ci ripete che dobbiamo goderci la vita finché siamo giovani, gli amici cercano di sposarsi e avere figli entro i 35 anni e, in tutto questo, dobbiamo pure riuscire a fare carriera. In tutto questo, se non teniamo il passo e rimaniamo “indietro”, possiamo solo colpevolizzare noi stessi: evidentemente non siamo abbastanza per un mondo che va così veloce.

L’età diventa così una data di scadenza entro la quale è necessario accumulare una buona dose di esperienza, pena il fallimento, la fatica della vecchiaia e la frustrazione verso una porzione di vita ormai impossibile da recuperare.  

All’interno di un contesto così performante, la frase di Michelle Yeoh potrebbe suonare come il tipico messaggio motivazionale che vuole spronare a a dare il massimo. Una sorta di “daje tutta”, per intenderci.


Eppure a me piace pensare che voglia trasmettere un concetto opposto: la velocità, quando si tratta di sé stessi, non esiste. Il che aprirebbe un tema ben più articolato, ovvero quello del rispetto della propria storia nel momento presente.

In questo caso con “momento presente” si intende cercare di sentire il proprio vissuto attuale, pur accettando di lasciarsi trascinare dallo scorrere del tempo e del mutamento. Questo non significa quindi pianificare i prossimi 10 anni dalla prospettiva dei propri 30,  con la speranza che nulla cambi e dando per scontato che avremo la stessa mentalità, la stessa predisposizione e le stesse emozioni di oggi.

Ci si riferisce, piuttosto, al cercare di osservarsi e ascoltarsi istante dopo istante, tenendo conto anche della nostra inevitabile evoluzione. Si tratta di un concetto difficile da interiorizzare, soprattutto perché noi ci sentiamo sempre “fermi” e non realizziamo di essere, in realtà, in costante movimento. In questi casi, invece di portare la mente in avanti come tendiamo solitamente a fare, possiamo scegliere di voltarci indietro: osservare quanta strada è stata fatta, quante cose sono cambiate dentro di noi e attorno a noi, anche solo nel giro di pochi anni.

Siamo già nel mezzo di una strada che stiamo inconsapevolmente percorrendo. Una strada che può essere “migliore” per noi stessi a seconda della consapevolezza con cui si sceglie di camminare lungo questo sentiero. In quest’ottica, non esistono occasioni “perse” ma, piuttosto, occasioni costruite passo dopo passo, a prescindere dal numero, tenendo conto di tutti gli elementi che compongono il nostro cammino.

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