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L’Italia post Covid: il dipendente pubblico 4.0

Agitatore culturale
L’Italia post Covid: il dipendente pubblico 4.0

Uno Stato salvatore, promotore, con un ruolo sempre più attivo in ogni aspetto della vita di ciascuno di noi, sia essa economica che sociale. Uno Stato che, in una parola, sia imprenditore del nostro presente e del futuro. È quello che, in questi giorni, tantissimi invocano a gran voce dopo la tsunami dell’emergenza Covid-19.

A livello lavorativo questa necessità significa il ritorno sulla scena della figura del dipendente pubblico. A cascata seguono, perciò, temi come la produttività del lavoro che il presidente di Bankitalia Visco sottolinea dovrebbe crescere, e la differenza tra generazioni di lavoratori.

In Italia, infatti, la gran parte dei dipendenti pubblici vede riconosciuto un aumento di stipendio fisso mensile solo in base all’anzianità di servizio. Ne consegue che il merito non è legato alla capacità di centrare gli obiettivi ma alla tenacia di “resistere fisicamente” nello stesso posto più tempo possibile. Immediato e logico corollario è che ogni dipendente sarà spinto all’immobilismo per evitare problemi, non farseli creare e garantirsi quella serenità necessaria affinché il tempo trascorra piacevolmente.

Dunque, la capacità che si chiede al dipendete pubblico è quella di occupare una postazione e presidiarla. Difficile in questa logica che un giovane neoassunto lavori meglio e di più se poi è certo che il suo stipendio sarà comunque più basso rispetto a quello di un suo collega più maturo.

Spezzare questo meccanismo è la prima mossa da mettere in pratica per il nuovo corso dello Stato imprenditore. Meglio prevedere un nuovo modo di valorizzare il dipendente, per non ripetere gli errori del passato, attraverso la costruzione di un nuovo sistema di gestione di risorse e persone basato su competenza, eccellenza tecnologica e sulla capacità di prendere decisioni e assumersene la responsabilità.

Per questo bisogna ricorrere a nuovi meccanismi di selezione pubblica che valutino assieme alle storiche hard skills anche le soft skills. Anticamera di valutazioni più ampie che considerino la vita lavorativa di una persona specchio della vita privata, fatta di fasi e periodi in costante cambiamento. Bisogna studiare, quindi, modalità di lavoro che diano a tutti la possibilità di esprimersi al meglio proprio in ragione di questa evoluzione per assecondare al meglio meriti e bisogni del lavoratore.

 

E’ bene dirsi la verità. Questa crisi sanitaria non ha fermato l’Italia, l’ha fatta sprofondare. Ma l’Italia era già ferma prima, da circa 30 anni. Smettiamola di pensare a limare, ritoccare, ristrutturare, semmai concentriamo le migliori energie per creare nuove strade. Andiamo oltre: non possiamo più tollerare che in questo Paese l’unica ambizione di un giovane per guadagnare di più sia quella di diventare vecchio. Il Sistema pubblico deve ispirarsi al sistema privato nella gestione del personale e bisogna rinnovare il concetto di risorse umane.

 

Per permettere al Paese di tornare a correre serve buona volontà, ma soprattutto le forze fresche dei suoi giovani.

Occorre sudare. E, a chi corre suda e rischia, va riconosciuto questo merito. E premiarlo.