BLOG

Malagiustizia, il Codacons a difesa di un pensionato novantenne condannato a oltre 70.000 euro di spese legali

Malagiustizia, il Codacons a difesa di un pensionato novantenne condannato a oltre 70.000 euro di spese legali

«Ritengo gravissimo il comportamento di avvocati che abusano del diritto e del processo, perché sono strumenti di civiltà e giustizia e non devono mai essere utilizzati per far soldi». Quando a fare questa affermazione é proprio un avvocato, ancorché fondatore e Presidente del Codacons, la principale associazione a difesa dei consumatori italiani, é qualcosa che merita senza dubbio molta attenzione.

Perché secondo Carlo Rienzi, anche se appare una questione di semplice buon senso, oltre che di ordinaria giustizia, «condannare un lavoratore che chiede solo il riconoscimento dei propri diritti a 80000 euro di spese è un abominio di cui i giudici devono rispondere».

Ma il caso diventa clamoroso, quando, in forza della proverbiale dura lex sed lex, non si tiene nemmeno conto dell’anagrafe delle parti, condannando ad abnormi (secondo il Codacons) spese legali un pensionato della veneranda età di novant’anni.

É sembra essere l’ennesimo  grave caso di mala-giustizia italiana, quello che il Codacons di Carlo Rienzi  ha messo al vaglio del Consiglio Superiore della Magistratura, che dovrà ora valutare l’operato dei giudici del lavoro di Roma, che hanno condannato un anziano lavoratore di 90 anni a pagare spese legali per un totale complessivo di oltre 77mila euro.

Una vicenda denunciata nella data simbolica del primo maggio – giorno in cui si festeggia i lavoratori – dal Codacons a cui l’uomo, residente a Roma, si è rivolto per ottenere assistenza e aiuto.

Il Sig. F. D. L. nel dicembre del 2017, secondo una nota dell’Associazione di tutela dei consumatori, che comprende anche quelli del «servizio giustizia», «dopo tanti anni di duro lavoro come caporedattore alle dipendenze di un sindacato, veniva allontanato dal suo posto di lavoro senza alcuna giustificazione e senza alcun riconoscimento economico».

Per tale motivo, ai fini dell’ottenimento del trattamento economico, retributivo e contributivo spettante, decideva di agire nei confronti dell’ex datore di lavoro, proponendo ricorso dinanzi al Tribunale civile di Roma, sezione Lavoro.

Con sentenza del 2020, il giudice del lavoro, nel primo grado di giudizio, respingeva il ricorso promosso dell’anziano, condannandolo al pagamento delle spese di lite per un totale di 36.410 euro. Anche in secondo grado la Corte di Appello di Roma respingeva le richieste del pensionato, condannandolo al pagamento di ulteriori 40.709 euro in favore delle tre controparti.

«Al di là dell’esito dei procedimenti e delle motivazioni delle sentenze, una condanna così abnorme alle spese di giudizio (oltre 77mila euro in totale) nei confronti di un pensionato di 90 anni» – secondo il Codacons – «non solo é del tutto insostenibile, ma nel caso di specie è addirittura contraria alle disposizioni di legge. I giudici hanno infatti operato una erronea moltiplicazione delle spese legali, considerando le difese dei tre convenuti come separate e distinte tra loro, quando in realtà le parti convenute si sostanziavano in un unico soggetto. Tale circostanza è confermata anche dagli atti del procedimento: le difese sono praticamente identiche – come riconosciuto dal Tribunale nella sentenza di primo grado dove, con riferimento alle memorie depositate dalle controparti, si legge come le stesse fossero “di tenore essenzialmente identico” – e tutte affidate a componenti del medesimo studio legale».

Secondo la Cassazione, infatti, quando l’avvocato assiste e difende più persone aventi la stessa posizione processuale, andrebbe liquidato un onorario unico e non tanti onorari quanti sono i clienti, tanto al rapporto di soccombenza, quanto ai rapporti di clientela.

«Occorre inoltre rilevare come nel nostro ordinamento esista una legge che ha reso obbligatorio, per l’avvocato, stilare un preventivo in forma scritta dei costi della prestazione professionale (l’art.1, comma 141, sub 6, lettera d, della l. 4 agosto 2017 n.124)» ha precisato il Codacons nel suo comunicato, «prevedendo che il professionista sia tenuto, nel rispetto del principio di trasparenza, a rendere noto al cliente il livello della complessità dell’incarico, fornendo tutte le informazioni utili riguardanti gli oneri ipotizzabili dal momento del conferimento alla conclusione dell’incarico e a comunicare in forma scritta a colui che conferisce l’incarico professionale la prevedibile misura del costo della prestazione, distinguendo fra oneri, spese, anche forfetarie, e compenso professionale».

Sulla base di una dettagliata lista di motivi in punta di diritto, oltre che sulla base della più recente giurisprudenza della Suprema Corte, il Codacons ha presentato un esposto al Consiglio Superiore della Magistratura a tutela del pensionato novantenne, chiedendo di aprire una indagine sulla vicenda e valutare la correttezza dell’operato dei giudici del Tribunale e Corte d’Appello di Roma. Analogo esposto è stato presentato dall’Associazione dei consumatori anche al Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Roma, nei confronti dei legali della controparte, tutti componenti di uno stesso studio legale, «affinché verifichino l’esistenza dei preventivi di spesa obbligatori per legge e l’eventuale illecito di abuso del processo».

«Da quanto ho potuto apprendere,  l’esposto del Codacons mi sembra tecnicamente ben argomentato.  Con riferimenti normativi e giurisprudenziali precisi e pertinenti. Non mi sento tuttavia di aggiungere  nulla. Se non che la questione va certamente approfondita». É il commento ricevuto in proposito da Antonio Lamanna, fino a qualche tempo fa Sostituto Procuratore generale presso la Corte d’Appello di Milano, noto per equilibrio e pacatezza.  «Bisogna comprendere bene gli argomenti in fatto ed in diritto in base ai quali il giudice ha basato la sua condanna alle spese processuali. Ma anche se esistevano margini di discrezionalità nell’indicare l’ammontare delle stesse», ci ha aggiunto l’alto magistrato oggi in pensione, dopo essersi occupato nella sua lunga carriera professionale di questioni processuali che hanno riguardato anche personaggi molto noti. «Ho difficoltà a credere che i giudici sia di primo che di secondo grado siano stati così superficiali da prendersela con un novantenne. E poi, in base alla giurisprudenza, i giudici del lavoro appaiono solitamente più sensibili alle ragioni del dipendente-lavoratore, piuttosto che il contrario. Quindi è sicuramente una questione che merita essere approfondita. E bene fa il Codacons a richiedere questo approfondimento, se ritiene siano stati lesi i diritti di un proprio assistito».

SCOPRI TUTTI GLI AUTORI