Vuoi perché lo sguardo si fa ampio dal “colle più alto” soprattutto grazie all’auctoritas e il peso di rappresentare l’unità nazionale, il messaggio del presidente della Repubblica Sergio Mattarella va letto e meditato oltre le stringenti e consuete occasioni augurali di questo fine 2023.
In una tensione dialettica positiva tra “speranza” – che per il poeta Charles Péguy era la sorella piccina insieme alla fede e alla carità – e la “fiducia” nel futuro, il Capo dello Stato ha chiesto alla politica di salire – mi sia concessa la metafora evangelica – sul sicomoro per vedere meglio gli scenari presenti di un mondo “a pezzi” in un tempo, per un verso, affascinante, di grande cambiamento ma anche difficile, travagliato, per più aspetti drammatico. Sballottate dalle tempeste geopolitiche, economiche e sociali, le nostre democrazie sono seriamente in difficoltà in quanto sono minate, come un tarlo all’interno, ad annichilire sui valori irrinunciabili che hanno ricostruito il mondo libero dopo i conflitti mondiali. Crollata quindi la profezia illusoria della fine della storia (Fukuyama 1992) oggi siamo di fronte ad una “storia senza fine” nel senso antico del termine ovvero senza uno scopo unitivo, un obiettivo di senso. Dove andiamo? Quale equilibrio di pace e convivenza è possibile oggi?
Per il presidente Mattarella è urgente anzitutto non dividere i piani di ragionamento per cui la politica non può e non deve ragionare per distinte “contingenze” ma affrontare le sfide tenendo insieme tutte le esigenze di popoli e nazioni. Si può dire che siamo davanti ad una globalizzazione della “circostanza” che frammenta i pensieri, li appiattisce sul presente e annebbia la memoria e la lucidità delle persone. Ad Aristotele è attribuita la frase suggestiva per cui «La speranza è un sogno fatto da svegli» e tuttavia – come ultimamente ci ricorda il rapporto del Censis – siamo intorpiditi come sonnambuli, vittime di ipertrofia emotiva (ciechi davanti ai presagi si legge nel report) sotto il costante peso di sconvolgimenti globali tali per cui pur di fare male alla lunga non facciamo niente. Per estensione, la politica si è fatta di piccolo cabotaggio, del poco maledettamente e subito, dello spicciolo di oggi senza investimenti di capitale umano ed economico sul medio e lungo periodo. Ci manca la verità di dircelo in faccia ma gli statisti veri non hanno il timore di farlo quando è necessario.
Da qui il monito di Mattarella: si affrontano queste sfide lavorando sulla convergenza dei bisogni e l’applicazione delle migliori soluzioni anche attraverso un percorso di dialogo e negoziazione (non sempre facile) necessario anzitutto in ambito europeo per evitare che il mondo vada per dimensioni parallele e col rischio di perdere quello spirito critico capace di discernere il bene comune e gli interessi generali di pace, solidarietà e uguaglianza sociale.
La lectio del Capo dello Stato tocca temi di educazione civica provvidenziali per tutti i cittadini: intelligenza artificiale regolata, cambiamenti climatici ed equilibrio di poteri finalizzati alla sovranità dei cittadini sono obiettivi di apprendimento e di analisi sui quali iniziare percorsi educativi e declinare politiche attive. Sulle frontiere dell’AI già l’Europa ha compiuto passi innovativi alzando il passo nei confronti degli altri player globali. Sul cambiamento climatico bisogna trovare la quadra intorno al concetto di transizione per evitare posizioni massimaliste e velleitarie mentre sul rapporto tra cittadini e stato dobbiamo ritrovare il senso del “concorrere” con una tassazione progressiva ai servizi di welfare per tutti con un occhio di predilezione per poveri e indigenti. E’ inaccettabile che multinazionali vadano a ricoverare risorse verso paradisi fiscali lasciando a bocca asciutta le finanze degli stati e di conseguenza diminuendo i servizi ai loro cittadini. È alla politica, alle democratiche istituzioni rappresentative che vanno affidate le scelte e le decisioni che incidono sulla vita sociale e sulla libertà dei cittadini non alle strategie di grandi gruppi finanziari in base ai loro interessi, che vanno rispettati ma nell’ambito delle regole che devono osservare per tutelare i valori fondamentali della convivenza civile.
Questo è il Natale dentro una crisi euro-mediterranea di prima grandezza: la guerra in Ucraina invasa dalla Russia, il conflitto in Israele minacciato da Hamas, gli egoismi sovranisti-nazionalisti aggravato dall’inerzia di molti governi sono ferite sanguinanti che non devono lasciarci indifferenti.
Winston Churchill diceva che “ogni crisi porta con sé opportunità ed è solo una questione di saperle individuare” pertanto dobbiamo augurarci di leggere il cambiamento negativo in corso per trasformarlo in fiducia incrollabile ed ostinata alle libertà conquistate col sangue dei nostri padri, mai scontate se vengono sfidate così apertamente dai nuovi nemici della democrazia.
Il presidente Mattarella è assertivo sul domani ma tentiamo una provocazione utile a pensare: abbiamo fiducia nell’Italia?
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