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Maturità 2024, l’arte del silenzio per saper parlare: la scelta coraggiosa di affidarsi a Nicoletta Polla-Mattiot

Giornalista e Docente
Maturità 2024, l’arte del silenzio per saper parlare: la scelta coraggiosa di affidarsi a Nicoletta Polla-Mattiot

Una scelta coraggiosa, quasi rivoluzionaria per questa #maturità2024, è stata quella di proporre il testo di Nicoletta Polla-Mattiot (docente del Dipartimento di Comunicazione, arti e media dello Iulm) sul giusto tacere per saper parlare efficacemente. Nel suo saggio del 2013, “Riscoprire il silenzio. Arte, musica, poesia, natura fra ascolto e comunicazione,” l’autrice ci invita a riflettere sul silenzio come elemento fondante della comunicazione autentica: per la maggior parte di noi, il tacere è sinonimo di vuoto negativo, di abisso in cui precipitare, il buio dei pensieri. Ma è davvero così? O è forse solo l’equivoco di un mondo sempre connesso, in fibrillazione, di chiacchiere al vento?

«Concentrarsi sul silenzio significa, in primo luogo, mettere l’attenzione sulla discrezionalità del parlare. Chi sceglie di usare delle parole fa un atto volontario si assume dunque tutta la responsabilità del rompere il silenzio.
Qualsiasi professionista della comunicazione studia quando è il momento opportuno per spingersi nell’agone verbale: la scelta di «smettere di tacere» è un atto rituale di riconoscimento dell’altro. […] 

Il silenzio, nella sapienza antica, è la radice (mýein) da cui deriva il termine “mistero”, che non significa vuoto, ma un pieno che si nasconde e si rivela,  una presenza che si attende con speranza e timore. Il silenzio è, se vogliamo, il prequel affinché una storia prenda vita. Esso non è semplicemente un’assenza di suono, ma un atto deliberato di discrezione e rispetto, un gesto volontario che carica ogni parola di responsabilità e significato.

Quasi sconosciuta nella politica e in certa classe dirigente (compresa parte dei media), l’arte del tacere è quella che dà ritmo musicale alla nostra esistenza; non a caso, le pause sono parte del pentagramma, elementi necessari per dare tensione alle note e ai suoni. Rainer Maria Rilke affermava che “Il silenzio è il linguaggio dell’anima.” È nell’intervallo tra le parole che si sviluppa la possibilità di una comprensione profonda; il pensiero necessita di spazi, di vuoti che, come in una sinfonia, donano ritmo e respiro al dialogo. Questo respiro silente è ciò che rende il linguaggio intelligibile e condivisibile.

La traccia proposta quest’anno mi ha fatto pensare alla polarizzazione dilagante del nostro tempo, in cui osserviamo l’anoressia di parole nei giovani, speculare alla bulimia di parole in molti adulti. Molti giovani, citando Ligabue, “hanno perso le parole”, smarrite per  strada “scrollando” senza sosta lo smartphone, abbandonate dentro  libri impolverati negli scaffali di casa, o per il groviglio di voci attorno a loro. Allo stesso tempo, molti adulti parlano per accumulo, usando le parole come un sandwich multi-gusto che risulta indigesto. Manca la moderazione, l’alternanza spontanea e regolata che consente il dialogo costruttivo, l’ascolto reciproco, il riconoscimento dell’altro per poter, citando Martin Heidegger, “toccare le altrui anime”. Parlare “a turno” e tacere “a turno” diventa allora una danza di reciprocità e rispetto, dove il silenzio non è un vuoto da temere, ma un prezioso spazio di riflessione e attesa.

In definitiva, riscoprire il silenzio significa rifondare il linguaggio sul terreno della reciprocità e del rispetto. È un invito a trasformare il nostro modo di comunicare, passando dalla logorrea autoreferenziale a un dialogo autentico, dove il silenzio diventa il respiro che anima e dà vita alle parole. Così, ogni parola pronunciata non è solo un suono, ma un atto di riconoscimento dell’altro, un ponte verso una comprensione più profonda e condivisa.