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Mencarelli: tutti i sani si somigliano; ogni matto è invece matto a modo suo

Insegnante, giornalista e scrittore
Mencarelli: tutti i sani si somigliano; ogni matto è invece matto a modo suo

 

Quanti sono gli scrittori che hanno provato a descrivere l’indescrivibile? Lo hanno chiamato anche “male di vivere” perché “depressione” o “malattia mentale” sa di troppo generico, troppo impreciso. Daniele Mencarelli c’è probabilmente passato per questi lidi neri e a distanza di vent’anni è riuscito a parlarne, a farne un romanzo.

Nel suo Tutto chiede salvezza (Mondadori, 2022, pp. 204, €18.05), che molti conosceranno grazie alla serie Netflix derivata dal libro, l’autore ci racconta in particolare del suo abisso con un personaggio non a caso suo perfetto omonimo. Mencarelli con maestria acquerella il male mentale dei suoi compagni di viaggio, all’interno di una settimana di TSO, il trattamento sanitario obbligatorio, l’ospedale dei “pazzi”, con pagine che tolgono il fiato.

Non occorrono troppe righe per capire che chi tiene la penna è una mano ferma e chirurgica, capace di descrivere i colori della depressione sia come arco iris di grigi, che usando tutta la tavolozza dei colori. Nulla è banale in questo romanzo, nulla è superfluo. Non lo sono anzitutto le descrizioni, ficcanti, delle sensazioni che abbrutiscono la mente e la vita del protagonista. Ma il suo occhio sa osservare con dolcezza ed empatia la malattia mentale di ognuno degli altri personaggi. E, parafrasando Tolstoj, tutti i sani si somigliano; ogni matto è invece matto a modo suo.

Sono uomini che schizzano fuori dalla pagina in tutta la loro infelice tridimensionalità. Risultano talmente realistici da far venire il dubbio che non siano parto di immaginazione, ma solo descrizioni di persone incontrate.I n ogni caso e in ogni caos, Tutto chiede salvezza è uno dei romanzi più belli della letteratura italiana del XXI secolo, e scusate se è poco.

SPOILER. Rispetto alla serie Netflix il testo è più cupo e grigio, venendo a mancare la storia d’amore con la donna ricoverata nella stessa clinica. Qui, nel romanzo, c’è la figura di una donna, ma è una donna non attraente la cui anima è stata ferita e presa in giro 6-7 anni prima da una comitiva di ragazzetti cattivi di cui faceva parte il nostro disarmato protagonista. Le scene in cui lui si rende conto di essere stato corresponabile della distruzione di questa povera ragazza, la telefonata che Daniele fa a sua madre per cercare di espiare e di avere un conforto, con la madre che risponde algida: “Bravo. Sei stato bravo. Eppure hai una sorella. Se lo avessero fatto a lei? Se m’hai chiamato perché pensavi che t’avrei alleggerito la coscienza hai sbagliato. Tra tutti i mali quello fatto per gioco, con leggerezza, è il peggiore che esista. sono fra le più toccanti del romanzo.