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Per Luzzatto gli ebrei sono “Un popolo come gli altri”

Insegnante, giornalista e scrittore
Per Luzzatto gli ebrei sono “Un popolo come gli altri”

Amo profondamente i libri di Sergio Luzzatto. Parliamo di uno dei maggiori storici italiani della contemporaneità, formatosi alla Normale di Pisa e alla École des Hautes Études en Sciences Sociales di Parigi, dove ha preso un doppio Ph.D. Cattedratico di Storia Moderna presso l’Università di Torino per vent’anni, attualmente è Emiliana Pasca Noether Chair in Modern Italian History presso la Univesity of Connecticut.

Uno storico rigoroso e anticonformista
Lì, sulla Costa Est statunitense, sta lavorando sui nostri anni di piombo, dopo un recente, bellissimo testo biografico sulla figura di Guido Rossa, Giù in mezzo agli uomini. Vita e morte di Guido Rossa (Einaudi, 2021, pp. 256, €15,20), a cui Luzzatto è legato da molti fili, non ultimo la comune genovesità.

Unico italiano vincitore del Cundill History Prize
Ma i campi di specializzazione del prof Luzzatto spaziano dalla Storia italiana dell’Otto e Novecento, alla Storia francese del Sette e Ottocento, includendo anche gli Studi ebraici del Novecento. Non manca una nota di eclettismo, testimoniata dal tagliente saggio su Padre Pio, Padre Pio. Miracoli e politica nell’Italia del Novecento (Einaudi, 2007, pp. 420, €22,80) che ha vinto il Cundill History Prize nel 2011. Il Premio Cundill è considerato uno dei più prestigiosi premi storici di saggistica a livello mondiale. Ad oggi, Luzzatto è l’unico vincitore del Cundill Prize il cui libro non è stato originariamente pubblicato in inglese.

L’affaire “Pasque di sangue”
I suoi libri, così come le sue recensioni ai libri di altri colleghi, sono state a volte al centro di grandi polemiche perché Luzzatto ha il dono di essere uno studioso assai rigoroso, ma nient’affatto conformista. Sa parlare e scrivere in modo franco e sa ragionare in modo laico, senza ossequi verso nessuna corporazione. Sa prendere posizione, Luzzatto. Soprattutto quando si tratta di difendere la qualità e l’originalità del lavoro di un collega attaccato da tutta la sua comunità. Mi riferisco alla recensione (celebre, per la microcomunità di noi storici) che Luzzatto fece, il 6 febbraio 2007,  sul Corriere della Sera, all’assai discusso volume Pasque di sangue. Ebrei d’Europa e omicidi rituali, di Ariel Toaff (Il Mulino, 2007; seconda edizione riveduta 2008), il figlio del  rabbino capo di Roma, Elio Toaff.

Toaff e Luzzatto contro tutti
Per quella recensione per lo più elogiativa di un libro che scavava in quanto ci potesse essere di storicamente vero riguardo a una delle tematiche che hanno nel tempo alimentato la fobia antisemita – il fatto che alcuni ebrei fondamentalisti askenaziti usassero, nel Rinascimento, rapire e uccidere bambini cristiani per utilizzarne il sangue nei riti della Pasqua, da mescolare al pane azzimo – lo stesso Luzzatto si  trovò nell’occhio di una tempesta ben più grande di lui. Toaff indagava i confini fra “mito” e “rito” e aveva scoperto che, in almeno un caso – quello di Simoncino di Trento, del 1475 – era accaduto un omicidio rituale in ambienti di fondamentalisti ebraici askenaziti. Le fonti di Toaff erano soprattutto giudiziarie di matrice inquisitoriale, confermate poi da fonti successive, sempre cattoliche. Lo studio di Toaff si era speso intorno alla questione della maggiore o minore attendibilità delle confessioni estorte sotto tortura, analizzando le spie lessicali e culturali che potevano far propendere per una loro eventuale genuinità.

Questo tipo di ermeneutica risultò subito inaccettabile per la comunità ebraica italiana, che si tuffò a demolire non solo lo studio – e fin qui, nulla di male – ma anche l’autore e financo i suoi recensori positivi.

Così, sia Toaff che Luzzatto furono stigmatizzati  “da una sedicente intellighenzia ebraica legata all’Unione delle comunità israelitiche italiane” (p. 11) il giorno stesso dell’uscita della recensione (quindi senza che avessero potuto leggere lo studio di Toaff), e poi da altri storici e dal rabbino capo di Roma dell’epoca, Riccardo Di Segni. Al termine di quell’ondata di maccartismo fuori tempo, Ariel Toaff dovette piegarsi e far uscire un’edizione del suo Pasque di sangue riveduta, mentre il governo d’Israele (Toaff insegnava presso l’Università Bar-Ilan di Tel Aviv) dovette disporre nei suoi confronti una protezione armata a causa di tutte le credibili minacce di morte che gli erano arrivate.

Il caso “Partigia”
Anni dopo, quando Sergio Luzzatto pubblicò  il volume Partigia (Mondadori, 2017, pp. 415, €15), che presenta un Primo Levi negli inediti panni di complice della fucilazione di due membri della sua banda di partigiani, avvenuta il 13 dicembre 1943, prima di essere deportato ad Auschwitz, il riverbero di quella sua recensione positiva al testo proibito di Toaff sarebbe esploso nella richiesta di censura da parte di alti papaveri della dogmatica dell’ebraismo. Fra gli altri, Gad Lerner che in una recensione su Repubblica arrivò a paragonare Luzzatto a Giampaolo Pansa. Sic.

L’ebreo come uomo normale
Dopo aver letto questo libro Un popolo come gli altri. Gli ebrei, l’eccezione, la storia (Donzelli, 2019, pp. 310, €19,50, ho come l’impressione che Luzzatto viva la religione al modo in cui la vivo io: da laico, da razionalista, da agnostico e da scettico. Se questa sensazione è corretta, è facile comprendere il perché di questo titolo non poi tanto sibillino, preso da una frase di Vladimir Ze’ev Jabotinsky, apolide e rivoluzionario di professione: “Un popolo come gli altri”, teso a dimostrare che uno storico non deve parlare di “storia ebraica” ma semmai di “storia degli ebrei” e che, dopotutto, parliamo di un popolo che è come gli altri, quindi non è eletto, non è speciale, non è migliore degli altri. Di questo popolo non dobbiamo studiare solo la storia dell’antisemitismo che – per carità – è importante, ma non deve e non può esaurire l’intero spettro delle ricerche sulla storia degli ebrei.

Gli ebrei, un popolo come gli altri
Il testo è una raccolta di interventi di Luzzatto in vari ambiti di storia degli ebrei, dagli elzeviri del Corriere della sera, ad articoli più lunghi, forse pubblicati in occasioni accademiche. Si divide in 4 sezioni e una premessa fondamentale. Le 4 sezioni sono “Prima”, “Durante”, “Primo” e “Dopo”, dove il fulcro è la Shoah e dove “Primo” sta per “Primo Levi”. Gli interventi di Luzzatto sono dunque collocati in queste sezioni a seconda si occupino di storia medievale o rinascimentale o moderna (Prima), o di Shoah (Durante) o di Primo Levi (Primo) o di ciò che si è scritto vent’anni dopo la fine della Shoah, concentrandosi soprattutto sul conflitto arabo-israeliano. Luzzatto è un convinto critico delle politiche del governo d’Israele, e non le manda a dire.
Consigli utili per letture future
L’intento dell’autore in questo zibaldone è quello di raccontare diversi aspetti di storia degli ebrei, anche se c’è una tendenza a preferire la storia del Novecento. Luzzatto recensisce volumi che ha giudicato fondamentali – fra gli altri La tigre sotto la pelle. Storie e parabole degli anni della morte, di Zvi Kolitz, dove si incontrano personaggi della Shoah titanici, come la mamma che va a cercare la figlia cremata fra i papaveri, e la ritrova e la porta con sé sotto forma di due fiori rossi, e il più celebre I fratelli Oppermann di Lion Feuchtwanger, citato anche da Primo Levi, che possiamo definire la risposta della borghesia ebrea tedesca a I Buddenbrook.

Ne vien fuori una collezione di interventi brevi davvero preziosi, che funzionano anche come indice dei libri da leggere sugli ebrei. La premessa, poi, è salace, profonda e sorprendente, ed è dove appunto si richiama il terremoto culturale in seguito alla recensione del volume di Toaff.