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Recovery Fund, il Sud eviti un nuovo scippo

Deputato
Recovery Fund, il Sud eviti un nuovo scippo

I fondi del Recovery servono al riequilibrio territoriale, al recupero delle differenze e alla riduzione delle diseguaglianze tra le diverse regioni. In poche parole, in Italia servono a ridurre le distanze tra Nord e Sud del Paese. Sono questi i punti fondamentati del programma Next Generation da cui scaturiscono i soldi che l’UE ci ha assegnato.

Farebbe bene il governo italiano, oltre a immaginare pletorici comitati di manager che dovrebbero progettare e gestire il fondo esautorando gli organi istituzionali, a mostrare fin dalle prime battute del suo progetto di aver colto fino in fondo lo spirito dell’iniziativa europea. Se il progetto si richiama alle prossime generazioni, lo fa perché il sentimento è quello di gettare un ponte verso il futuro. L’Unione europea è ben consapevole che va fatto uno sforzo enorme di lotta alle disuguaglianze, che è il tema cruciale, insieme a quello ambientale, delle politiche per il futuro.

Per questa ragione, i fondi del Recovery vanno progettati e spesi, in Italia, per uno sforzo mai visto di riduzione del gap tra Nord e Sud. Investimenti materiali e immateriali, recupero territoriale, rilancio: bisogna mettere al centro del progetto la questione meridionale che, come ci insegnano molti studiosi, è questione nazionale. Un euro speso al Sud genera ritorno anche per il Nord, attiva meccanismi virtuosi per tutto il Paese.

Va modificata, quindi, l’idea che sta circolando in questi giorni nelle prime bozze del Piano di Ripresa e Resilienza (PNRR): i fondi non potranno essere ripartiti tra Nord, Centro e Sud su base demografica o limitandosi alla clausola Ciampi del 34% degli investimenti da orientare nel Mezzogiorno. Non si può fare perché le risorse europee sono straordinarie e devono essere messe al servizio di un progetto nuovo, con nuovi criteri e nuove ambizioni. Sono fondi aggiuntivi, e nell’aggiungere devono andarsi a collocare maggiormente dove c’è più bisogno rispetto alle linee guida dell’Europa.

In questo senso, l’iniziativa del presidente della Regione Campania, De Luca, che ha chiamato a raccolta i governatori del Sud per una iniziativa comune a difesa del Mezzogiorno, non solo è giusta ma è necessaria. I principi europei di coesione sociale e territoriale vanno difesi proprio da Sud, proprio dalla frontiera che più guarda all’Europa come occasione di riscatto.

Va ripensato tutto il Piano del Governo: non solo non va bene lo scarsissimo impegno per il Mezzogiorno, a cui – come giustamente ha rilevato De Luca – rischiano di essere sottratti almeno 20 miliardi di euro. Ma vanno riviste tutte le “missioni”: troppo poche le risorse sulla sanità, per esempio, che ha bisogno di ben altri investimenti su medicina del territorio e di prossimità, come dimostra la pandemia in corso. Occorre, dunque, un segnale forte da parte di tutti i rappresentanti delle forze politiche eletti nelle regioni meridionali per sostenere l’iniziativa dei presidenti delle Regioni. “Se riparte il Mezzogiorno riparte l’Italia”.

Quante volte abbiamo ascoltato questa frase! E’ giunto il momento per tutte le forze politiche di mostrare compattezza e coesione nel voler investire davvero nella ripartenza del Sud. Una mobilitazione necessaria, sia in fase di programmazione sia in quella della progettazione. Non si possono tollerare ulteriori scippi al Mezzogiorno.

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