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Regolarizziamo lavoratori agricoli e badanti per la loro dignità e la nostra economia

Senatrice
Lavoratori agricoli

Ogni giorno ci sediamo a tavola. Ogni giorno chiamiamo i nostri cari, per assicurarci che stiano bene. Ma dietro questi semplici gesti quotidiani si nascondono delle persone che li rendono possibili. Occupandosi della cura dei nostri parenti anziani o malati. Così come dell’approvvigionamento alimentare.

Persone che, ancora in troppi casi, vivono nella irregolarità. Lavorano in nero e non hanno garanzie né tutele. Un dramma umano e un danno per la stessa economia italiana. Perché a pagare le conseguenze della fetta consistente di lavoro sommerso ancora esistente siamo proprio noi.

Spesso le famiglie vorrebbero assumere le badanti, ma non possono farlo perché non hanno il permesso di soggiorno e non riescono nemmeno a regolarizzarle, visto che in questi anni non sono ammessi flussi regolari di stagionali. Secondo Federcolf, 500mila su 800mila lavoratrici regolari hanno smesso di lavorare a causa dell’emergenza Covid. La compromissione del lavoro di cura per le famiglie italiane svolto dalle colf e badanti sul nostro territorio rischia di ricadere quindi sui soggetti più vulnerabili: gli anziani e le donne, che si accollano molto più spesso dei maschi gli oneri legati alla cura dei congiunti.

Altrettanto preoccupanti sono le assenze che si registrano nei campi. La filiera alimentare nazionale rischia attualmente di essere compromessa dalla mancanza dei circa 300mila braccianti agricoli, di solito coperti da lavoratori immigrati. E che oggi sono assenti per via della chiusura delle frontiere dovute al Coronavirus.

Coldiretti ci dice che in Italia è a rischio la raccolta di più di un quarto del Made in Italy, solitamente coltivato da mani straniere. E, accanto al mancato arrivo di lavoratori stagionali, la produzione agricola italiana è minacciata dal fenomeno del caporalato, contro il quale già ci eravamo battuti con il Governo Renzi attraverso l’introduzione dell’apposita legge. E dallo sfruttamento lavorativo di molti migranti irregolari da parte delle agromafie. Per le quali si stima un business complessivo di circa 25 miliardi di euro.

Questi dati ci dicono una cosa molto semplice. È il momento di regolarizzare tutti quei lavoratori agricoli e domestici in nero, già presenti nel nostro Paese. Un gesto dovuto. Sia per ridare loro dignità. Ma anche per riequilibrare il mercato del lavoro. Dove la presenza di tanti irregolari squalifica anche chi non lavora in nero, perché abbassa le retribuzioni e la professionalità di tutti.

L’emergenza sanitaria può essere occasione per un vero e proprio cambio di prospettiva. Che ci porti a comprendere come la regolarizzazione di questi lavoratori, in gran parte immigrati, serva a noi come sistema Paese, prima ancora che ai destinatari della regolarizzazione.