Siam pronti alla morte, l’Italia chiamò, recita un vecchio adagio ora molto in voga tra i balconi nostrani.
Non vorrei apparire dannunziano, per carità. Non ho mai amato particolarmente il retorico motivetto. Tuttavia, sembrerebbe che non siam più troppo pronti alla morte, com’è giusto che sia: ne siamo totalmente terrorizzati, da diventarne suoi fedeli schiavi. Reclusi in casa per non morire. Ora, morire non fa piacere a nessuno, questo è ovvio. Però, forzare la retorica per recludere una nazione è qualcosa di criminale.
Partiamo un po’ alla lontana. In verità, ne abbiamo parlato molte altre volte. Da alcuni anni, ci sono alcuni fenomeni globali che si rincorrono. Dalle Ted conference a Federico Pistono, angel investor, c’è, ad esempio, un’importante letteratura sulla robotizzazione del lavoro. Letteratura che, più o meno dagli anni ’10, ha cominciato ad impazzare e diventare à la page.
L’orizzonte temporale era molto specifico: entro 10 anni, il mondo del lavoro non sarà lo stesso di prima. I robot sostituiranno la maggior parte delle professioni esistenti.
Poi, c’è stata l’affermazione – sempre globale – del comunismo capitalista. Quello dello sharing. La cultura dello sharing ha posto in primo piano il principio che il concetto di “possesso” è superato. Non è importante avere un mezzo di trasporto personale, un luogo di lavoro privato e altre forme di proprietà, antistoriche ed antiecologiche.
Co-Working e Smart-Working sono due facce della stessa medaglia: la poltrona fantozziana, l’ufficio con le piante simbolo di quel mondo post guerra avido di crescere, un po’ sborone e smargiasso, propenso ad un consumo smodato di qualsiasi cosa (cibo, cemento, petrolio) per esorcizzare la miseria di pochi anni prima, tramontano definitivamente. Si può lavorare anche seduti sul cesso. L’importante è il risultato.
E’ una grande conquista: poter lavorare da casa, quando si hanno dei figli, o si convive con delle disabilità. O semplicemente per poter disporre meglio del proprio tempo. Ma è anche una profonda smaterializzazione dei simboli: il lavoro rappresenta, spesso, un luogo. Significa colleghi. Significa, infine, socialità. Significa anche sacrificio, distanza, orari. Che vale il prezzo di un caffè e di una chiacchiera. O, chissà, di una riunione, di una assemblea.
Socialità, la stessa socialità che è sempre stata elemento fondante del sistema scolastico. E che, inevitabilmente, con l’e-learning diviene un inutile accessorio.
La socialità che ha fatto grandi i nostri modesti punti di ristoro, pizzerie, trattorie. Dove, talvolta, si sono visti concludere grandi affari ed importanti trattative politiche. E che, altrettanto inevitabilmente, passa in secondo piano, grazie ai sistemi di delivery. Sistemi che non solo ammazzano la socialità “outbound”, ma anche “inbound”, perché cucinare è un momento di convivialità e di creatività.
Eppure, le modalità passate in rassegna in queste poche righe, nonostante abbiano annullato la socialità, disarticolato il lavoro, appiattito alcuni diritti, come quello alla libertà di spostarsi, con la scusa dell’ecologia (ci ritorniamo più avanti, n.d.r.), vengono considerate SMART. Già, proprio come i cari smartphone, così preziosi oggi.
L’ho già scritto, e lo ripeto: il lockdown non è mai stato sperimentato nella storia dell’umanità, dai primi sapiens ad oggi. Perché è disumano! Anche nel coprifuoco di guerra, si verificava qualche spostamento logistico.
Il lockdown è reso possibile, nel senso di accettabile, solo grazie all’esistenza dello smartphone e della connettività pervasiva.
Lo smartphone, e la banda larga ovviamente, ci dispensa SOCIALITA’ IBRIDA. Le skype call, terribili artifici lavorativi, diventano modalità per simulare la socialità negata dal lockdown. Come il cane quando gioca o addirittura si eccita con un simulacro di pezza, anche noi umani ci siamo lanciati, nostro malgrado, su simulacri tecnologici. Whatsapp, Skype, Zoom hanno restituito un barlume di convivialità, brutalmente annullata dai decreti.
Come vedete, sono arrivato ai nostri giorni, semplicemente facendo la storia del prefisso Smart- negli ultimi anni.
Manca un tassello. Il tassello finale. Accennato e non approfondito. Quello dell’ecologismo. L’ecologismo, spacciato come fenomeno radicale anti-sistema, è in realtà una modalità terribilmente mainstream e globale. Al punto che la Thumberg ha avuto l’opportunità di parlare con tutti i potenti del mondo. Provateci voi! E i Friday for Future? Più trendy di un aperitivo. Più globali di McDonald’s. Più pericolosi di una centrale atomica, per l‘alto tasso di moralismo inquinante. Parlavamo, poc’anzi, dello sharing. Una modalità, tutto sommato, per dipingere di immoralità l’utilizzo del mezzo di trasporto privato. Che, invece, è sinonimo di libertà. La libertà di spostamento. Quella stessa libertà che viene duramente attaccata con il lockdown.
Come vedete, è un cerchio che si chiude.
E chiudiamolo ancor meglio: abbiamo iniziato con la robotizzazione à la page. Bene. Pensiamo alla fase 2, 3, 4, 4000.
Ovvero, la RIAPERTURA IN SICUREZZA.
Pensiamo alla frase che tutti i media stanno ripetendo meccanicamente da giorni: NON SARA’ PIU’ COME PRIMA. Per abituarci. Ed è tutto molto trasparente. Come farà una fabbrica a produrre in sicurezza, mantenendo le distanze? Grazie ai robot, lapalissiano.
Come faranno gli uffici a lavorare in sicurezza, sfidando i raffreddori stagionali, che, cari lettori, si trasformeranno in un incubo, lo sapete? Con lo smartworking, banale. Certo che, beh, serviranno molte meno persone di prima. In alcuni casi, non ne serviranno affatto. Ma, con il lavoro smaterializzato, parcellizzato, co e smart-workizzato, chi se ne accorgerà? Nessuno.
E le trattorie di cui accennavamo sopra? Come faranno a lavorare in sicurezza, magari in buie sale di pochi metri quadri? Semplice. Il loro tempo è finito. E’ il tempo delle grandi catene. Chi lavora nel food lo sa. Le previsioni di marketing vanno in quella direzione. Solo una grande catena potrà permettersi metrature e strutture di “sicurezza”. In combinazione, naturalmente, con il delivery. Che, oggi, consegna a domicilio anche la droga. Elemento importantissimo per il mondo smart (vi ricordate il Soma di Huxley?).
Non ho parlato dei negozi. Va beh. Non che ci voglia un grande sforzo di immaginazione. Quando vedi che comprare un quaderno in cartoleria è impossibile, perché chiusa; al supermercato è impossibile, perché è concorrenza sleale con la cartoleria chiusa; su Amazon ti arriva in 2 giorni. Tanto basta.
Ma un mondo come questo, robotizzato e nullafacente, come cavolo fa a sostentarsi? Anche in questo caso, c’è sempre una risposta a tutto. Non ci facciamo mancare nulla. Proprio nella giornata di oggi, 13 Aprile, il Santo Padre ha affermato che è giusto il REDDITO UNIVERSALE.
Naturalmente, chi rilancia la notizia? Beppe Grillo, chi altri? Il padrino del reddito di cittadinanza. Siamo tutti pecorelle di Dio, ed abbiamo diritto ad un tozzo di pane, in cambio della nostra obbedienza. Ci mancherebbe.
Si aggiunga una curiosa notizia da me captata qualche mese fa: le previsioni del mercato immobiliare italiano per il 2040 vedono le prospettive rovesciate rispetto ad oggi. Oggi abbiamo l’80% di proprietari versus un 20% in affitto. Ebbene, le prospettive per il 2040 vedono l’opposizione di questo rapporto. Certamente, nel mondo capital-comunista dello sharing e della povertà assoluta dettata dalla nullafacenza, chi si potrà permettere la proprietà di alcunché?
Non ho parlato della cultura. Fase 2, 3, 4..e cultura. Ma, anche in questo caso, è fin troppo banale. Abbiamo tutti whatsapp. Dunque abbiamo tutti ricevuto queste catene: visita i 10 musei più belli del mondo, viaggia tra le città più virtuali dell’universo, ecc.
In conclusione, per non tediarvi troppo a lungo: il virus è un’occasione davvero ghiotta per sperimentare la dittatura del capital-comunismo. Chi più, chi meno, gli Stati si sono tuffati in questo bagno di coercizione. Poi, va da sé, in alcuni luoghi, già sostenibili, ecologici, poco popolosi e poco affollati, green, ecc. tutto tornerà come o molto simile a prima. Sono pronto a scommettere su Svezia, Olanda et similia.
Da noi sarà tutto molto differente. E lo scrivo sperando di esorcizzarlo, credetemi.
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