Nello spazio co-blogging di oggi vi condivido una riflessione informativa molto tecnica e puntuale dell’amica Alessia Faella (esperta di tematiche economiche internazionali e iscritta Italia Viva Milano Metropolitana) che ci segnala come questo momento, di per sé storico, lo sia anche per l’ideale costituente di Unione Europea che ha oggi due alternative: mostrare quanto e come può essere necessaria attraverso una gestione federale o disgregarsi, cancellando di fatto il sogno degli Stati Uniti d’Europa, ora come mai prima, davvero necessario.
UNIONE EUROPEA AL BIVIO: FEDERALISMO O DISGREGAZIONE? – Alessia Faella
Stiamo vivendo uno dei momenti più terribili della storia contemporanea e viene spontaneo chiedersi: cosa sta facendo l’Europa?
L’Europa ha agito lentamente, così come l’Italia, è stata colta impreparata.
Su input italiano però poi ha dato la libertà, libertà agli Stati membri negli interventi economici e sociali per contrastare l’emergenza.
L’Unione Europea da circa due settimane è di fatto diventata una intera zona rossa.
Il numero dei contagi da Coronavirus ha ormai superato la soglia dei 100.000 e non accenna a stabilizzarsi, almeno per il momento.
L’Italia ha fatto da apripista ma il nemico invisibile non risparmia nessuno e così anche Spagna, Francia e gli altri Stati membri stanno facendo i conti con la nuova emergenza.
Dopo un primo momento di smarrimento e gaffes comunicative l’Unione Europea, spinta dalle richieste italiane, ha assunto decisioni molto forti in grado di segnare un punto di svolta nella gestione dei conti dei Paesi firmatari.
Fondamento dell’architettura fiscale europea, il Patto di stabilità e crescita, nato per rispondere concretamente alle preoccupazioni circa la continuità nel rigore di bilancio dell’Unione economica e monetaria, è stato ufficialmente sospeso per “permettere agli Stati di mettere nell’economia tanto denaro quanto serve”.
Questo primo passo della Commissione europea ha segnato un nuovo corso nell’azione UE e siamo passati dal Whatever it takes di Mario Draghi al Whatever is necessary di Ursula Von der Leyen.
E nell’ottica di agevolare i Paesi membri in questo processo di allontanamento dal patto, l’UE ha dichiarato di concedere loro di fare aiuti di stato, interventi a sostegno di imprese private immettendo liquidità nel sistema.
Per sostenere gli Stati in questa azione la Banca Centrale Europea ha dichiarato un’operazione di acquisto di titoli sul mercato per 12 mesi di almeno 750 miliardi di euro per stimolare la circolazione di liquidità all’interno dell’Eurozona.
Decisioni importanti quindi e senza precedenti.
Nel vertice europeo del 26 Marzo, Italia, Francia e Spagna sono riusciti a ottenere che si valuti l’emissione di Bond da parte di una istituzione UE e che si inizi a lavorare in maniera concreta nell’ottica di un grande piano di ripresa economica e sociale.
In questi giorni si parla infatti tanto di Coronabond, Recoverybond o più semplicemente di Eurobond.
L’idea al vaglio della BCE su input dei tre Paesi citati sopra, può essere riassunta nell’emissione sul mercato di obbligazioni da parte dell’Europa, come europei, da cui trovare delle risorse per fare riprendere l’economia, aumentare l’occupazione e intraprendere misure di intervento economico facendo protezione sociale.
Il modello è quello USA: non sono gli Stati federati a contrarre debito ma è lo Stato federale che si indebita e con questo debito fa spese a vantaggio di tutti.
Vero è che alcuni paesi potrebbero affrontare l’emergenza da soli, come la Germania o l’Olanda le quali si potrebbero indebitare facilmente a tassi di interesse bassi se non negativi. Ma l’intera eurozona è colpita e quindi si dovrebbe dare vita a una iniziativa centrale a vantaggio di tutti.
Da qui un ulteriore passo avanti: gli Eurobond potrebbero dare vita a un bilancio dell’Unione Europea significativo, un bilancio federale che potrebbe andare in deficit (quando necessario elargire sussidi di disoccupazione europea) e in surplus.
Questo comporterebbe che gli Stati nazionali avrebbero da emettere meno debito interno e conseguentemente abbasserebbe gli spread, i tassi di interesse che paga il governo, seppur già abbassati con l’azione della BCE. Per intenderci con l’acquisto da parte della BCE dei titoli di stato, la gran parte del debito pubblico italiano è detenuta dalla BCE che quindi ha finanziato le spese dello stato. Eurobond andrebbero a completare l’azione intrapresa dalla BCE.
Il punto di svolta nel destino dell’Unione potrebbe essere rappresentato quindi dalla gestione della politica dei conti pubblici a livello centrale, a livello europeo.
Gli Eurobond permetterebbero, con l’emissione di debito, di fare gestire le risorse direttamente alle istituzioni europee e questo sarebbe un grande passo verso gli Stati Uniti d’Europa.
Draghi ha detto che siamo in guerra e allora questo è il momento giusto per adottare misure e piani economici consoni a una economia di guerra. L’Unione Europea deve essere coraggiosa.
Il progetto europeo nasce dalle ceneri del dopoguerra e adesso si trova di fronte all’esame più importante della sua vita.
Siamo al punto di svolta, o si va verso l’edificazione degli Stati Uniti d’Europa o si rischia la sua disgregazione.
La mia generazione è figlia dell’Europa e dell’europeismo e, pur riconoscendo gli errori di comunicazione da parte delle istituzioni UE, non può immaginare un futuro non europeo.
Occorre unire le forze, condividere le informazioni.
Bisogna lavorare per creare un consorzio comune europeo (ad esempio per la ricerca del vaccino, la commissione europea già ci sta lavorando).
Non facciamo a gara, la vittoria dovrà essere di tutti.
In conclusione non faccio altro che pensare a come gli Stati Uniti d’Europa sarebbero potuti intervenire e come sarebbe cambiata la gestione dell’emergenza.
Alla speranza di lasciarci al più presto questa crisi alle spalle, aggiungo anche l’augurio di dare vita a una sovranità europea sanitaria con maggiore capacità di azione degli Stati nazionali attraverso gli Stati Uniti d’Europa.
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