Ieri sera, mi trovavo in un gruppo di discussione Facebook sull’Europa, che considero piuttosto serio. Sia per gli argomenti trattati, che per i rarissimi interventi estremisti, siano essi euro-fobici o euro-entuasiasti. Gli amministratori lo gestiscono molto bene, applicando regole di rispetto reciproco pur nella diversità di idee. Ne faccio parte, ed ho anche invitato tutti i miei contatti FB a farne parte. Per consentire a chi di loro avesse dubbi, a favore o contro l’Europa, di approfittare dei numerosi contributi. La maggior parte dei quali sono molto interessanti e postati da persone che sanno ciò di cui scrivono.
Ma anche per consentire loro di offrire il loro personale contributo alla discussione. Sia esso da una prospettiva europeista che euroscettica. Si chiama Europa perché, e lo consiglio vivamente a chi è davvero interessato a sapere tante cose che sull’Europa non vengono spesso dette o vengono dette male.
Ad un mio post che stigmatizzava un grave atto di vilipendio della bandiera europea, ho ricevuto un paio di commenti molto assertivi e a gamba tesa, rispetto lo stile abituale del gruppo, da un nuovo membro, a me sconosciuto, che di fatto mi diceva “tu non hai capito niente”.
Dal profilo ho potuto vedere che non si trattava di un teenager viziato, ma di un giovane signore, europeista come me, che avrebbe anche prestato servizio, come me, in una istituzione europea, e che era stato anche candidato alle elezioni per un partito europeista.
Nel rappresentargli cortesemente che il suo commento era fuori tema, rispetto al mio post, gli ho fatto anche osservare che, non essendo andati a scuola assieme (anche perché avrà una ventina d’anni meno di me, sic!), e neppure essendoci mai conosciuti personalmente, nella risposta usavo la terza persona singolare, e non la seconda.
La sua risposta è stata al livello dei suoi precedenti commenti: “Questo è un tuo problema, perché sui social ci si da del tu”.
La mia reazione, in un nanosecondo, è stata quella usata in altri rarissimi casi della specie. Bloccato, bannato.
Mi sono posto allora la domanda. Ma chi lo dice che sui social ci si debba dare necessariamente del tu anche con chi non si è mai visto prima e anche in gruppi che non sono destinati ai teenagers o ai fans dei BTS, che non frequento io ma la mia nipotina? E chi lo dice che ci si debba adeguare alla decadenza dei nostri costumi e delle minime regole del vivere civile?
Ho allora voluto avvertire tutti i miei contatti social con un bell’”avviso ai naviganti”. Nel quali ho spiegato le ragioni per le quali, anche se ad alcuni può non sembrare alla moda, sui social io tendo ad usare sempre la terza persona singolare con chi non ho una rapporto di amicizia reale.
E non si tratta affatto di alterigia, ma di semplice rispetto. Rispetto, innanzitutto, per i miei interlocutori (età, sesso, funzione, ecc.) che non conosco o con i quali non sono in rapporti di particolare confidenza nella vita reale.
Rispetto, poi, per la nostra bella lingua italiana dalle contaminazioni dell’inglese – che per le terza persona singolare e plurale prevede lo stesso “you”, che significa quindi “tu” ma anche il “voi”, in uso nell’italiano arcaico – e delle regole di buona educazione connesse al suo uso.
Rispetto, infine, per i social, che non sono buoni o cattivi a prescindere. Perché sono come il coltello, che è buono se serve a tagliare il pane, e cattivo se serve ad uccidere. Tutto dipende dall’uso che se ne fa. E non credo quindi che un buon uso dei social possa prescindere dall’uso delle elementari regole di buona educazione praticate nella vita reale.
E come nella vita reale, anche sui social voglio decidere io liberamente con chi intrattenere dei rapporti. Anche se, volutamente, con minori limiti che nella vita reale.
Infatti la maggior parte dei miei post sono pubblici. Perché amo il confronto. Anche con persone di idee, origini, professioni e età diverse dalle mie. Spesso accordo l’”amicizia” a chi me la chiede senza neppure troppi particolari approfondimenti del loro profilo e delle amicizie comuni.
Poi rispondo generalmente a tutti. Indipendentemente dal pensiero politico, religioso, filosofico, dal sesso, dalla nazionalità, dalla professione, dall’età o dal tipo di commenti. Sempre nel rispetto reciproco, però, che pure sempre pretendo.
Credo sia troppo facile, infatti, anche se poco intelligente, per i maleducati da tastiera (siano essi leoni o conigli), permettersi sui social atteggiamenti che non si permetterebbero mai nella vita reale.
Le uniche due categorie di persone con le quali non intendo interloquire – indipendentemente dalle idee personali – e che nei rarissimi che ho incrociato, come quello di ieri, mi hanno indotto a bloccarli dai miei siti e contatti sono quindi, oltre ai troll, i maleducati.
Capisco che qualcuno possa non essere d’accordo. E lo rispetto. Come desidero venga però rispettata la mia scelta con chi interloquire, e con chi usare la seconda o la terza persona singolare. Finché ciò ci sarà permesso.
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