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Una campagna europea fuori tema

Giornalista e Docente
Una campagna europea fuori tema

L’ultima idiozia (mi sa la penultima visti i tempi rapidi e frullatori del web) riguarda un esponente della Lega secondo cui la bandiera europea andrebbe rimossa (avete sentito bene) dagli edifici pubblici italiani. Lo sfondone poi si diluisce in  sfumature in punta di diritto (… la legge – dichiara il proponente –  si propone semplicemente di togliere l’obbligo vigente di esporla). C’è del comico nell’immaginarsi la scena di un candidato al parlamento europeo il quale – una volta eletto – porta in dote a Bruxelles il merito di aver promosso nel proprio paese il diritto alla rimozione  della bandiera dell’Unione (magari tolta da lui stesso mentre cammina sulle pareti della facciata di Montecitorio).  Non si sa se piangere o ridere, o  entrambe le cose.   In altri dibattiti si va  poi disquisendo di gene dell’omosessualità, di colore della pelle in polemica con Paola Egonu, di Mussolini definibile statista, o addirittura di vincitori “anormali” dell’eurovision song contest.

A scuola si sarebbe detto “sei andato fuori tema” o si sarebbe visto un errore segnato con la penna “blu” ma siamo ormai quasi rassegnati a vette di grottesco insuperabili. Ciò che lascia sbigottiti comunque è il solito desolante tentativo di italianizzare la campagna europea invece di europeizzare il dibattito nostrano, abbassandolo ai nostri provinciali standard di riflessione.

Qui risiede il disastro posturale della politica italiana in ambito continentale: ci si candida in Europa quasi per diletto, addirittura per non andarci oppure  senza volerci realmente lavorare, il che – riflettendoci – alimenta lo storico scetticismo degli altri partner nei nostri confronti.

Il dramma risiede in ciò che chiamo l‘altrovismo  ovvero quel procedere per una meta prendendo strade sbagliate, un altro che attraverso ragionamenti non-sense hanno poco o nulla a che vedere con le questioni cruciali per il futuro dell’Unione. Il tutto mixato da pressapochismo e dilettantismo in cui pochissimi conoscono i complessi meccanismi europei sui dossier relativi alla politica sovranazionale (penso alla politica economica, al rapporto spesa-deficit, all’energia, all’industria e alla concorrenza, eccetera).

Al di là dell’ombelico di molte forze politiche, infatti, ci attendono scenari eufemisticamente complicati i cui protagonisti sono  player globali:  per esempio, negli Stati Uniti (alla vigilia di elezioni presidenziali decisive) si assiste a un’ondata di protezionismo con l’introduzione di dazi contro le importazioni cinesi, in particolare nei settori delle tecnologie verdi e sostenibili. La politica industriale americana sta favorendo lo sviluppo di campioni nazionali nell’auto elettrica, nelle batterie, nei semiconduttori e nei pannelli solari.

Ebbene, sentiamo parlare di queste cose? Mai: basta guardare per cinque minuti un talk show televisivo per capire il peso specifico di certe candidature o leggere programmi ai limiti dell’esoterico.

Per chi avesse voglia di approfondire, consiglio di seguire il primo confronto tra i candidati alla guida della futura Commissione Europea, comunemente chiamati “Spitzenkandidaten”, che si sono espressi sui temi principali per spiegare ai cittadini europei la visione che i loro partiti hanno dell’Unione: dalle questioni economiche a quelle della difesa comune e della sicurezza, dall’immigrazione alle innovazioni tecnologiche, dal clima alla democrazia. Toni pacati, non urlati e a tratti soporiferi, ma comunque necessari per capire se il futuro europeo può andare in buone mani oppure frantumare le conquiste del passato.

Ai tanti neo-aventi diritto al voto presenti nell’emiciclo di Bruxelles era trasversale la domanda di futuro, la richiesta di un’Europa che si faccia carico dei loro legittimi sogni. Come ha ammonito il filosofo Habermas: “L’Unione ha bisogno di un nuovo slancio utopistico”. Servono idee e progetti di ampio respiro per un’Europa all’altezza del XXI secolo, una visione di progresso economico e sociale che rimetta al centro l’individuo, la sua dignità, i suoi diritti inviolabili, affinché si possano combattere le disuguaglianze, governare l’innovazione tecnologica e preservare un modello di sviluppo sostenibile.

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