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Verso una nuova Milano, la palestra di vita si fa casa

Agitatore culturale
Verso una nuova Milano, la palestra di vita si fa casa

A Milano succede tutto quello che altrove appare impossibile. È la città che dona spazio alle idee più ambiziose, nella quale si costruiscono reti di relazioni dalla crescita esponenziale e in cui si respira una dinamicità capace di rendere tutto una corsa verso il successo. Ed è per questo che Milano rappresenta quel giardino d’Italia in cui il seme di una visione può crescere sino a diventare foresta, ma tutto questo a un costo, spesso nascosto, implicito, che rischia di scoraggiare, stancare e a volte poi allontanare anche i sognatori più coraggiosi.

 

Perché ogni successo, per quanto prestigioso possa essere, necessiterà pur sempre dell’umanità più autentica e della condivisione. Non bastano solo serate conviviali, attività dinamiche ventiquattrore su ventiquattro e contaminazioni di ogni sorta, questi mesi ci hanno insegnato che occorre qualcosa di più: un luogo che permetta di mettere radici e sentirsi a casa. E le corse alla fuga dell’anno scorso ci dimostrano come purtroppo, Milano debba migliorare proprio in questo, nell’offrire le modalità per la costruzione di quei punti di riferimento fondamentali alle profonde e naturali debolezze umane e non solo per accogliere le menti brillanti, ma per creare legami stabili, dar modo di penetrare le proprie radici per poi essere scelta come luogo dove trascorrere gran parte della propria vita.

 

Se da un lato, infatti, le opportunità di lavoro continueranno ad essere uno dei punti vincenti della città come dimostra la storia di Veronica Diquattro, bolognese, ma che a Milano ha studiato e lavorato, sino a conquistare la guida di Dazn. Il suo percorso di sviluppo è ciò per cui i giovani studenti e i professionisti di tutta Italia affollano la città milanese, è quella linfa di cui essa si nutre per crescere e dare corpo a sogni e visioni.

 

Dall’altro si moltiplicano i casi come quello di Federica Bosco, scrittrice, milanese d’adozione, e la cui storia, raccontata al Corriere.it, descrive tutte le insidie di una Milano dinamica, ma soprattutto recentemente emotivamente provata. Nella quale le radici, quegli affetti che distinguono un essere umano da una macchina, emergono e determinano la permanenza, o, più spesso, l’abbandono della città stessa. E la storia di Federica Bosco è solo una delle tante, di quelle moltitudini di studenti che sono venuti a Milano per passione, o per coltivare un sogno, e che ora, sono ritornati a casa.

 

È diventato necessario rendere il terreno cittadino più adatto a far radicare le persone, lasciando che trovino qui quei sentimenti e senso d’appartenenza che spesso, vuoi per mille ragioni, passa in secondo piano.

 

Milano, attraverso le sue università forma le élite del Paese e deve porsi il tema di come evitare che poi vadano via. Il covid ha accentuato un fenomeno che in realtà esisteva già. Gli stipendi uguali al resto della penisola, rapportati a un prezzo della vita decisamente più alto insieme al dramma della carenza abitativa e all’esplosione del prezzo delle case rende la permanenza in città soprattutto per i giovani post laurea e ai primi passi della carriera una vera impresa. Costa sacrifici che, oggettivamente, con la possibilità dello smart (o meglio tele) working non ha senso sostenere. Per invertire la rotta e trattenere la sua élite Milano deve agire su due piani. Quello prettamente concreto provando a risolvere il problema delle carenze abitative, e capire come incentivare il Governo centrale ad affrontare di petto il tema degli stipendi uguali in tutta Italia indipendentemente dal costo della vita. Ma la città deve anche agire su un piano più “umano”. Si rende necessario creare, oltre alle condizioni economiche, anche le condizioni sociali affinché a Milano si scelga di mettere le proprie radici. Rimettere al centro degli obiettivi una migliore qualità della vita, costituita da un’ambiente gradevole e servizi sociali, sanitari, relazionali e assistenziali sempre più elevati.

Milano insomma non più come palestra di vita per crescere e formarsi ma luogo da scegliere per diventare milanesi e restare tali.

 

Francesco Caroli