Ognuno celebra come crede. Sceglie il linguaggio, anche dei gesti, che ritiene più idoneo. Alle 15 Matteo Salvini riunisce la squadra di 95 parlamentari nel teatro di via della Mercede a due passi dal Parlamento: sono arrivati da tutta Italia, nonostante il caos delle ferrovie, e si fanno immortalare in una foto panoramica dall’alto che vuole esprimere un concetto chiaro: forza, potenza, unità.

Negli stessi minuti Giorgia Meloni in perfetta solitudine e qualche faldone sotto braccio, varca il portone del palazzo dei gruppi parlamentari. Stoppa ogni domanda sullo “scudo” da 200 miliardi che il cancelliere tedesco Olaf Sholz ha appena annunciato “per fermare la corsa del prezzo del gas”. Non è il caso di parlarne adesso, taglia corto. Si affida ai social, come ormai fa da quattro giorni: “Questo non è un punto d’arrivo ma un punto di partenza: Siamo pronti a ridare futuro, visione e grandezza all’Italia”. La retorica è tornata di moda.

Berlusconi, buon per lui, festeggia il compleanno, sono 86, e alla fine sembra il più tranquillo di tutti. Lascia i due “ragazzi” acciuffarsi per caselle e incarichi. Non sembra occuparsene. Martedì ha mandato il suo plenipotenziario Tajani in via della Scrofa con quattro-cinque nomi prioritari: lo stesso Tajani, ovviamente, e poi Licia Ronzulli, Anna Maria Bernini, Andrea Mandelli e Alessandro Cattaneo. Verrà il tempo. Se tutto va bene il presidente Mattarella darà l’incarico a Meloni non prima del 17 ottobre. Inutile scannarsi adesso. Adesso le priorità sono altre. Arera, l’authority per l’energia, ha comunicato che “in ottobre la luce elettrica avrà costi mai visti”. La stima è un aumento del 59% Nel mare del Nord si registra la quarta esplosione al gasdotto Nordstream, Mosca suggerisce che “sembrano attentati terroristici”, il prezzo del gas alla borsa di Amsterdam continua a scendere (185 euro mgw) ma ormai gli andamenti sono fuori dalla logica e tutto è possibile.

Quella dell’energia è a tutti gli effetti una guerra ibrida, giocata con l’azzardo sulla pelle dei cittadini e l’obiettivo sono le economie delle democrazie occidentali. Lo dice il presidente Usa Joe Biden che prende esempio “da quello che è successo in Italia (nelle elezioni, ndr)” e “da quello che sta succedendo intorno al mondo” e invita gli americani “a non essere ottimisti neppure per quello che potrebbe succedere qui” alludendo alle prossime elezioni di mid term. Se le democrazie sono in pericolo – anche ieri Putin ha ripetuto che “l’ordine dell’Occidente si sta sgretolando” – occorre reagire. Prima che sia troppo tardi. E forse si è già aspettato troppo. Così Berlino, con l’inflazione al 10% e senza certezza sui rifornimento energetici, ha tirato fuori il bazooka: 200 miliardi che hanno avuto l’effetto di abbassare subito il prezzo del gas.

Draghi ha risposto da palazzo Chigi tenendo il punto di sempre: in questa guerra non ci si può difendere da soli. L’Europa deve intervenire. «La crisi energetica – ha detto il premier – richiede da parte dell’Europa una risposta che permetta di ridurre i costi per famiglie e imprese, di limitare i guadagni eccezionali fatti da produttori e importatori, di evitare pericolose e ingiustificate distorsioni del mercato interno e di tenere ancora una volta unita l’Europa di fronte all’emergenza. Davanti alle minacce comuni dei nostri tempi, non possiamo dividerci a seconda dello spazio nei nostri bilanci nazionali. Nei prossimi Consigli Europei dobbiamo mostrarci compatti, determinati, solidali, come lo siamo stati nel sostenere l’Ucraina». Oggi un consiglio Ue dei ministri dell’energia, a Praga, la prossima settimana (6-7 ottobre) e a Bruxelles per il Consiglio europeo (20-21 ottobre): le risposte devono arrivare da questi appuntamenti. Non un giorno di più.

Il bazooka tedesco è destinato a cambiare l’approccio dei 27 al dossier. Si è sempre detto: non ci sarà reazione di Bruxelles finché non saranno toccate le tasche di Francia e Germania. Così la crisi energetica europea, almeno per qualche ora, ha fatto piazza pulita del totoministri italiano. Salvini è tornato all’attacco già nella riunione con i parlamentari: «Dobbiamo fare come ha fatto la Germania, urge intervenire anche in Italia altrimenti le nostre aziende non potranno più competere nè lavorare». Serve lo scostamento di bilancio, suo cavallo di battaglia che non è quello di Fratelli d’Italia. L’approccio di Meloni è opposto: prima fermiamo la speculazione poi mettiamo i soldi. Altrimenti diamo da mangiare agli speculatori e diventa un pozzo senza fine. La linea non cambia anche perché la mossa della Germania ridisegna veramente lo scenario europeo. La premier non-ancora-incaricata commenta solo alle 19 e 30, dopo un lungo colloquio con Guido Crosetto, cofondatore di Fdi e consigliere economico.

Il suo messaggio è perfettamente in linea con quello di Draghi. «Serve una risposta immediata a livello europeo a tutela di imprese e famiglie– scrive MeloniNessuno stato può farcela da solo, neppure quelli che appaiono meno vulnerabili sul piano finanziario (ad esempio la Germania, ndr)». L’auspicio è che già oggi nel consiglio europeo sull’energia “prevalgano buon senso e tempestività”. Meloni chiede anche la compattezza di tutte le forze politiche. Della serie: non ricominciate con lo scostamento di bilancio. La guerra dell’energia è il primo dossier del governo uscente e di quello entrante. Pretendere uno scudo europeo è l’unica soluzione possibile per un paese come l’Italia schiacciato dal debito pubblico, sotto osservazione di tutta Europa per lo choc di vedere al governo una maggioranza di destra a trazione sovranista e euroscettica.

L’Italia è in pieno stress test e non è certo un buon momento per sfidare i mercati e accumulare altro debito. Ecco perché Draghi ha sempre tenuto il punto nel dire no a nuovi scostamenti di bilancio, sì agli interventi comunitari. Ciò detto ha recuperato 60 miliardi e li ha messi a disposizione degli italiani. Senza fare nuovo debito. Anche se passata in secondo piano per qualche ora, la formazione della squadra di governo resta l’altro dossier urgente per la futura premier. Salvini sembra al momento aver placato gli appetiti sul Viminale. Un ministero “di peso” per lui può essere anche l’Agricoltura (dove vorrebbe però riportare l’amico Centinaio) o le Infrastrutture dove, attenzione, avrebbe ai suoi ordini le Capitanerie di porto.

L’ufficia stampa della Lega ieri ha diffuso una foto di Salvini e Giorgetti insieme, sorridenti nella platea del teatro. Foto simile a quella di due giorni fa quando al posto di Giorgetti c’era Zaia, il governatore veneto che ha chiesto di analizzare la sconfitta. Il ministro allo Sviluppo economico è uno dei preferiti di Giorgia Meloni tanto che lo vorrebbe riconfermare. Ottimo motivo per rendere Salvini sospettoso. “Se resto fuori, mi riposo” ha detto Giorgetti. Ma la Lega non può, col 9% ambire a due ministeri di peso. È chiaro che poi lo farebbe anche Forza Italia. Crosetto ieri, è stato a lungo a colloquio negli uffici della Camera. L’incarico di sottosegretario alla Presidenza sembra al momento sfumato. Crosetto è un manager e consulente di varie aziende che dovrebbe rinunciare ad ogni attività.

Prende quota invece l’ipotesi di dividere il Mef e spacchettarlo in Economia (torna forte il pressing sul ministro Franco) e in Finanze dove sarebbe designato Maurizio Leo, l’uomo da seguire in Fratelli d’Italia per capire la Melonomics. Sembra tramontare l’ipotesi dei due vicepremier. Giorgia non ci sta: non è mica Giuseppe Conte che doveva tenere insieme Lega e 5 Stelle. Lei, ripete, guiderà una maggioranza vera e coesa. Non ha bisogno di vicepremier a fare da controller.

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.