L'editoriale
Bollette luce e gas, vera palla al piede di famiglie e imprese: risparmi e competitività ai minimi
Alla vigilia di un 2025 che si preannuncia non semplice dal punto di vista economico, segnali inquietanti continuano ad arrivare dai mercati dell’energia. I prezzi, mai tornati ai livelli pre-Covid, mostrano una tensione verso l’alto aggravata da queste settimane di freddo intenso. Le bollette pesano sulle famiglie italiane e sulle imprese per le quali gli alti costi dell’energia rappresentano una palla al piede nel posizionamento competitivo rispetto alle altre imprese europee ed americane. Poco è stato fatto, bisogna dirlo, dopo gli interventi straordinari dell’epoca Covid per affrontare di petto il problema. Anzi, l’azione del Governo si muove in modo contraddittorio con interventi che spesso aggravano la situazione. Due recenti esempi.
Energia elettrica e idroelettrica
Il rinnovo delle concessioni per la distribuzione dell’energia elettrica sta avvenendo senza che a fronte di futuri flussi di cassa certi garantiti dalle bollette elettriche siano stati richiesti alle imprese impegni chiari. Si è anzi arrivati al paradosso di prevedere che gli oneri concessori siano considerati un investimento e quindi ripagati in bolletta dagli utenti, con tassi di interesse privilegiati. Praticamente una tassa occulta a favore delle imprese distributrici e delle casse dello stato. Allo stesso modo si sta affrontando in modo sbagliato il problema del rinnovo delle concessioni idroelettriche. Sembra che l’unico problema sia costituito da come evitare le gare per il rinnovo e l’impegno preso con la Ue. Forse bisognerebbe invece partire da un fatto. La maggior parte degli impianti presenti in Italia e concentrati in poche imprese sono ormai ampiamente ammortizzati e hanno bassissimi costi operativi. La ricchezza che là si genera è dovuta alla quantità di acqua disponibile e che fino a prova contraria non è di proprietà delle imprese ma dei demani statali e regionali. Grazie alla possibilità di usare questa acqua a fini idroelettrici si genera una rendita che solo in parte viene catturata dai canoni di concessione. Invece di continuare a tentare di garantire questa rendita “naturale” ai soliti noti bloccando le gare e la concorrenza, forse varrebbe la pena di estrarla maggiormente a usarla per ridurre il costo dell’energia a famiglie e imprese. Questo potrebbe essere fatto o usando le gare per estrarre canoni più alti o, alternativamente, disaccoppiando i prezzi dell’energia prodotta e mettere a disposizione per fini produttivi quella prodotta con i costi marginali più bassi.
Le energie rinnovabili
Anche sul fronte delle rinnovabili i segnali sono contraddittori. È certamente positivo che il loro tasso di crescita sia nettamente migliorato negli ultimi anni, ma non è assolutamente chiaro quanti oneri aggiuntivi, anche essi destinati a finire in bolletta, siano da metter in conto. Intanto non si capisce perché, visto il raggiungimento oramai da molti anni di costi di produzione assai bassi, si debba continuare a prevedere consistenti incentivi che si aggiungono a quelli ingenti che già si pagano. Inoltre la crescita delle rinnovabili comporta ingenti investimenti sulle o reti e nei sistemi di accumulo. Investimenti che andranno a carico degli utenti italiani e il cui ammontare non è affatto chiaro. È evidente che la penetrazione delle rinnovabili va bilanciata da una forte presenza di una fonte programmabile, che ne riduca l’incertezza e i costi che ne derivano. Va dato atto al Ministro Pichetto Fratin di avere riaperto la prospettiva dell’energia nucleare, l’unica completamente decarbonizzata in grado di garantire una produzione continuativa nel tempo e programmabile. Ma se tutto viene poi rinviato ad incerti programmi di ricerca e a tecnologie ancora non pronte il rischio di perdere anche questo treno diventa una certezza. Nel mondo e anche in Europa molti paesi hanno fatto questa scelta e anche l’opinione pubblica italiana sembra finalmente orientata positivamente.
Lo svantaggio del costo dell’energia
Mentre nel settore dei servizi il gap competitivo si gioca sulla dimensione d’impresa e sul grado di concorrenzialità dei mercati, per la nostra industria il fattore principe dello svantaggio comparato – che, in momenti di rallentamento generalizzato, si fa sentire ancor di più – continua a rimanere il costo dell’energia, e in dimensioni pari al 30-40 per cento nei confronti di altri paesi europei. E allo stesso modo le bollette continuano a far male sui bilanci delle famiglie, già provati dal permanente innalzamento dei prezzi e da retribuzioni stagnanti. Una seria politica liberal-democratica non può continuare a ignorare azioni chiare e decise per provare a risolvere il problema.
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