Il timore è che l’assalto a Capitol Hill dei sostenitori di Donald Trump del gennaio 2020 a Washington possa ripetersi in salsa tropicale, sudamericana in Brasile dove Luiz Inacio Lula da Silva ha vinto le elezioni e dove il presidente uscente dell’ultradestra Jair Bolsonaro non ha ammesso la sconfitta. Anzi si è trincerato in un silenzio, un atteggiamento che sta facendo lievitare la tensione in tutto il Paese, con blocchi stradali e proteste, appelli ad assaltare le istituzioni. Stando ad alcuni collaboratori Bolsonaro dovrebbe parlare oggi, al momento non si sa nient’altro.
A protestare contro la vittoria di Lula sono ovviamente gli estremisti di destra e i camionisti, categoria tra i principali bacini elettorali del Presidente, che in passato hanno già creato seri problemi all’economia brasiliana quando hanno bloccato le autostrade e le lobby agricole, che hanno finanziato e sostenuto Bolsonaro in questi anni. I manifestanti hanno bloccato entrambe le direzioni dell’autostrada Hélio Smidt, che dà l’accesso all’aeroporto Guarhulos di San Paolo, il principale hub internazionale del Brasile, dove nella notte sono già stati cancellati alcuni voli.
Come da pronostico il candidato della sinistra Lula ha vinto il ballottaggio di domenica scorsa superando. Lula, del Partito dei Lavoratori (Pt) è stato presidente del Brasile dal 2003 al 2011. “Hanno cercato di seppellirmi vivo, ed eccomi qui”, ha detto nel suo discorso dopo la proclamazione dei risultati. Lula, 77 anni, che ha cominciato la sua carriera come sindacalista, era stato incarcerato per corruzione. La sua condanna era stata annullata e considerata politicamente motivata dai suoi sostenitori. Si dovrà insediare il primo gennaio e a preoccupare sono anche gli stretti rapporti di Bolsonaro con lo Stato Maggiore dell’Esercito.
La tensione è altissima: un fan di Bolsonaro ha intanto ucciso un uomo e ferito quattro persone che festeggiavano il risultato del voto a Belo Horizonte. Un episodio raccapricciante che non rassicura sulla situazione. Secondo un suo ex ministro, l’ex presidente dovrebbe parlare oggi. La Corte suprema federale (Stf)) ha approvato nelle ultime ore, con la maggioranza dei suoi membri, una risoluzione proposta dal giudice Alexandre de Moraes affinché la polizia federale autostradale (Prf) e la polizia militare statale sgomberino tutti i tratti stradali bloccati da camionisti e manifestanti.
I sostenitori più radicali di Bolsonaro gridano alla frode, hanno lanciato un appello a raggiungere i palazzi della politica nella capitale, alcuni arrivano a invocare il golpe mentre con i loro tir bloccano i due terzi degli stati brasiliani, oltre 200 arterie del Paese. Su Telegram scrivono di “resistenza armata” e spingono per radunarsi davanti al quartier generale dell’esercito a Brasilia. Un gruppo di sostenitori del presidente si trova già con le bandiere nel settore militare vicino alla sede del comando dell’esercito. La polizia militare ha bloccato l’ingresso alla cosiddetta spianata dei ministeri contro possibili attacchi a palazzi del potere.
L’amministrazione bolsonarista sta tenendo un atteggiamento completamente diverso rispetto al suo leader. Il ministro della Presidenza del Brasile, Ciro Nogueira, si sarebbe messo in contatto con rappresentanti della campagna di Lula per offrire la disponibilità ad avviare il processo di transizione tra i due governi in vista del passaggio di consegne a gennaio. Anche il vice di Bolsonaro, il generale Hamilton Mourao, avrebbe avviato le procedure per un ordinato cambio della guardia con il vicepresidente eletto, Geraldo Alckmin. La legge prevede che presidente uscente e vincitore delle elezioni nominimo squadre di lavoro entro 48 ore per coordinare la transizione e garantire il trasferimento di dati e informazioni.