In mente ha un Partito Democratico “dalla forte impronta riformista, di sinistra ma non ideologico, né massimalista. Che sappia far sognare, e tradurre gli ideali in realtà”.

È questo l’obiettivo di Stefano Bonaccini, presidente della Regione Emilia Romagna e, stando ai sondaggi, il favorito per il congresso-primarie Dem che si terranno nei gazebo (e in parte online) il prossimo 26 febbraio.

Un PD “aperto e plurale”, aggiunge Bonaccini, che però pensa “prima agli elettori che ai singoli politici”, spiega rispondendo ad una domanda di Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera che gli chiede se vorrebbe il ritorno di Bersani e D’Alema tra i Dem.

Intervista in cui il governatore, che sfiderà la sua ex vice in Regione Elly Schlein, l’ex ministra Paola De Micheli e Gianni Cuperlo, ripercorre il suo percorso politico iniziato a 20 anni nel Pci.

Punto che Bonaccini rivendica con orgoglio, anche per differenziarsi proprio con la sua più importante ‘competitor’ Schlein, in difficoltà sul tema in una nota intervista tv su La7, a Otto e mezzo. “Non posso e non voglio dire di non essere mai stato comunista. Sono stato un comunista emiliano. E non ho nulla di cui vergognarmi; anzi, ne sono orgoglioso”, spiega oggi Bonaccini.

Bonaccini torna anche alla fatidica svolta della Bolognina di Occhetto. “Pensai: finalmente – dice il candidato alla guida del partito – E convinsi i miei genitori: anche loro consapevoli della necessità di cambiare, ma con qualche magone in più”.

E sempre sul filone del ‘comunismo’, Bonaccini torna a omaggiare quella storia: “Il comunismo sovietico ha distrutto la libertà. Lasciatemi però ricordare che i comunisti italiani hanno contribuito a liberare il Paese. E a fare dell’Emilia una Regione tra le più ricche d’Europa, mentre nel ’46 era tra le più povere d’Italia”.

Quindi si passa all’attualità, agli eventuali rapporti con la premier Giorgia Meloni nel caso diventasse leader Dem. Bonaccini non teme rischi per la democrazia, un ritorno al fascismo. “Meloni non è fascista. Semmai il pericolo è un sovranismo amico di Paesi che hanno torsioni autoritarie, come l’Ungheria”, spiega il governatore dell’Emilia Romagna, che in realtà loda anche il percorso politico dell’attuale ‘inquilina’ di Palazzo Chigi.

Meloni è “una che ha fatto la gavetta. Per lei è stata particolarmente dura, perché è una donna, e la politica italiana è molto maschilista. Se vincerò le primarie, le chiederò un incontro. Per dirle che la considererò sempre un’avversaria, mai una nemica”.

Quindi i rapporti con Schlein e le speranza-auspici per le primarie. Con la sua ex vice in Regione “l’amicizia e l’affetto non verranno mai meno. Se toccherà a me, la coinvolgerò nella segreteria. Se toccherà a lei, mi metterò a sua disposizione”. Quanto alle primarie e ai gazebo, Bonaccini spera in un grande momento di partecipazione. Ci sarà “tanta” gente al voto, “ci scommetto. Siamo l’unico partito a farle. La sinistra in Italia esiste ancora. Ha voglia di riscatto. E lo dimostrerà”, annuncia con ottimismo Bonaccini.

Che sul futuro del partito, che i sondaggi danno in crisi e ormai inchiodato al 14%, sotto di almeno un paio di punti al Movimento 5 Stelle, guarda con una visione chiara. Al momento il PD “rischia l’irrilevanza. Io sono per tornare alla vocazione maggioritaria. Che non significa non fare alleanze, che sono necessarie. Significa non delegare nulla a nessuno. Non delego i voti di sinistra ai 5 Stelle, né i voti moderati al Terzo polo. Vogliamo andare a prenderceli noi. E anche a prenderli a destra”.

Un Partito Democratico ‘bonacciniano’ che sappia studiare “Gramsci, Gobetti, Dossetti, Bobbio, i nostri padri nobili”, e che allo stesso tempo sappia “saper parlare come la gente al bar”.

Redazione

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