Napoli è la quarta città d’Italia per numero di adolescenti in comunità. Un triste primato che il capoluogo campano condivide con Milano, Palermo e Bologna. Il dato rientra nel bilancio diffuso dall’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza in occasione della pubblicazione di una raccolta dati realizzata in collaborazione con le Procure presso i Tribunali per i minorenni. È un report che accende l’ennesimo faro su uno dei problemi irrisolti della nostra società, e dei nostri territori in particolare. In Italia sono più di 23mila (23.122 per l’esattezza) i bambini e i ragazzi ospiti delle 3.605 comunità per minorenni attive a livello nazionale. Sei su dieci sono italiani, e in prevalenza hanno un’età compresa tra i 14 e i 17 anni.
Lo studio dell’Autorità garante per l’infanzia (si tratta del volume “La tutela dei minorenni in comunità”), è un viaggio nel mondo delle fasce più giovani e per certi versi più deboli della società. È giunto quest’anno alla sua quarta edizione e confrontando i dati con quelli emersi nelle precedenti ricerche si scopre che, a differenza di cinque anni fa, i minori in comunità sono diminuiti, seppur di poco, ma si è anche ridotto il numero di comunità (32.185 i ragazzi accolti nel 2017 e 4.027 le strutture). Nel 2020, invece, si è evidenziato un calo di circa 9mila ospiti, riconducibile per lo più alla diminuzione dei minorenni stranieri non accompagnati (Msna) presenti nel nostro Paese. Questi ultimi, secondo gli aggiornamenti diffusi dal Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, sono passati dai 18.303 del 31 dicembre 2017 ai 7.080 del 31 dicembre 2020. Confrontando i periodi di riferimento degli ultimi studi, la garante Carla Garlatti ha spiegato che si registra «una sostanziale stabilità delle presenze: erano 22.613 nel 2018, 21.650 nel 2019 e 23.122 nel 2020, con oscillazioni dipendenti in buona parte dalle variazioni del numero degli Msna», cioè dei minori stranieri non accompagnati. Il numero medio di ospiti per struttura è stato di recente pari a 6,4, identico al dato del 2018.
I distretti con maggior numero di minorenni sono Milano (13,4%), Palermo (11,1%), Bologna (8,9%), Napoli (7,5%), Roma (6,6%) e Venezia (6%). «C’è una notevole difformità tra territori – ha evidenziato Garlatti –. A fronte di una stabilità del dato a livello nazionale nel triennio 2018-2020, risultano invece evidenti le differenze tra i distretti. Ciò non è riconducibile solo al numero degli Msna, ma anche a una diversa presenza dei servizi sociali. Peraltro, a una quantità maggiore di allontanamenti non corrisponde sempre e necessariamente una condizione di più grave disagio del territorio poiché gli interventi a protezione di bambini e ragazzi dipendono da una pluralità di fattori». Parliamo di giovanissimi: il 55% degli ospiti ha tra 14 e 17 anni, il 15% tra 6 e 10 e il 14% tra 11 e 13. Sono presenti anche maggiorenni, che su base nazionale risultano 2.745 al 31 dicembre 2020, pari all’11,9% del totale. Sbaglia chi pensa che si tratti di una questione che investe soltanto i minori stranieri non accompagnati, perché la maggior parte dei minorenni in comunità è di cittadinanza italiana (si raggiunge il 60%), a fronte di un 40% di ragazzi stranieri, dei quali il 24% Msna.
Il 61% è di genere maschile e il 39% femminile ma al dato, che non è uniforme a livello nazionale, fa eccezione proprio il distretto di Napoli insieme a quello di Milano: qui in comunità ci sono soprattutto bambine e ragazze (si supera il 50%). Per quanto riguarda invece i tempi di permanenza in struttura, il 26 % resta in comunità per più di due anni. Vite segnate, infanzia negata. Secondo i dati forniti da 18 Procure su 29, il 78% dei bambini entra in comunità per disposizioni dell’autorità giudiziaria, questo vuol dire che parliamo di bambini e ragazzi che provengono da contesti di particolare degrado sociale. per il resto, il 12% dei ragazzi è in comunità per decisione consensuale dei genitori e il 10% per allontanamento d’urgenza o situazione di grave pericolo per il minore. Quest’ultima rilevazione rappresenta una novità e in Campania risulta collegata a un numero crescente di casi: in particolare a Salerno vi si è fatto ricorso per il 56,6% dei casi.