Un video lasciato nelle bozze delle stories di Instagram, scovato da una parente e recuperato da una società che si occupa di sinistri e risarcimenti danni, a cui la famiglia Laganà si è affidata. E’ un vero e proprio “testamento” quello lasciato da Kevin, il più giovane dei cinque operai morti a Brandizzo dopo essere stati travolti da un treno la sera del 30 agosto scorso. Il 22enne durante i lavori tra le rotaie, non autorizzati, ride, scherza, fuma una sigaretta elettronica ma, allo stesso tempo, cristallizza che tutti, a partire da Antonio Massa, tecnico manutentore della Rete ferroviaria italiana, al caposquadra Andrea Gibin, l’unico sopravvissuto tra i sei operai a lavoro (non ce l’hanno fatta Michael Zanera, Giuseppe Sorvillo, Saverio Giuseppe Lombardo, Giuseppe Aversa e Kevin Laganà), erano consapevoli dei rischi che correvano.

Un video consegnato agli avvocati Marco Bona ed Enrico Calabrese che lo hanno fatto avere alla Procura. Massa e Gibin sono adesso indagati  dalla procura di Ivrea per omicidio plurimo e disastro ferroviario con dolo eventuale. “Il video? Si commenta da solo. Per me ha il valore di un testamento. È come se mio fratello abbia voluto farsi giustizia da sé”. Queste le parole di Antonino, fratello maggiore di Kevin, rilasciate in una intervista al Corriere della Sera. E’ stato proprio Antonino a riconoscere, nel video diffuso ieri, la voce di Massa che suggeriva agli operai “se vi dico treno, andate da quella parte. Va bene?“.

Per Antonino il video “Kevin lo ha lasciato come si può lasciare un’eredità: un filmato che non lascia dubbi e fa giustizia”. Immagini che sono state girate circa mezz’ora prima della tragedia, avvenuta alle 23.47, quando un treno in ritardo, annunciato tra l’altro dalla giovane funzionaria di Chivasso, la 25enne Enza Repaci, ha travolto a cento all’ora cinque dei sei operai che in quel momento effettuavano i lavori di sostituzione di alcuni pezzi di rotaie a Brandizzo. “Ha girato quelle immagini che gli mancava mezz’ora a morire, e quella stessa sera aveva mandato a mio padre il messaggio “ti amo”. Da una parte un testamento per far conoscere la verità, dall’altra un saluto per la persona che amava di più”.

Viveva con papà Massimo che ieri ha raccontato: “Sono sempre stato io la madre, il padre, l’amico dei miei figli. Anche prima che sua madre andasse con un altro uomo e ci abbandonasse. È successo quando aveva tre anni e suo fratello, il mio primo figlio, sei. Ma siamo stati benissimo lo stesso. Io faccio il muratore, lavoro nell’azienda di mio fratello e ho potuto gestire gli orari di lavoro e la vita crescendo i miei figli senza difficoltà”.

Quello che sta emergendo in questa prima settimana d’inchiesta è che aggirare i divieti per finire i lavori il prima possibile era e, probabilmente, è una prassi piuttosto consolidata. Secondo quanto riporta il Corsera, intere squadre si recavano sui binari, come da prassi, prima dell’orario consentito per la manutenzione notturna. Obiettivo: finire quanto prima i lavori. E la sicurezza veniva demandata ad una sorta di “allarme umano. Ovvero, uno degli operai si occupava di monitorare l’arrivo dei treni: in caso di arrivo di un convoglio, gli altri operai venivano avvisati a voce.

Per ora è stato ascoltato Antonio Veneziano, ex collega delle cinque vittime, colui che è stato fra i primi a confermare questa prassi controversa. “Sì, è capitato più volte, andavamo sul binario per affrettare il lavoro”, ha dichiarato Veneziano ai microfoni del Tg1. Veneziano lunedì è stato sentito in Procura. Ed in Procura è stato ascoltato anche Antonino Laganà, fratello di Kevin. Come suo fratello, Antonino lavora nella Sigifer di Borgo Vercelli. Tuttavia, la sua audizione è stata rinviata a mercoledì.

Redazione

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