Aggirare i divieti e finire i lavori il prima possibile. Ecco cosa sta emergendo, durante le prime fasi dell’inchiesta relativa al tragico incidente ferroviario di Brandizzo, dove cinque operari, addetti alla manutenzione delle linee ferroviarie, hanno perso la vita sul colpo, tranciati da un convoglio in arrivo.

Errore umano o fretta? O entrambe le cose. Queste le ipotesi sulle quali lavorano gli inquirenti che, in queste ore, ascoltano i colleghi dei cinque operai morti tragicamente. Secondo quanto riporta il Corsera, intere squadre si recavano sui binari, come da prassi, prima dell’orario consentito per la manutenzione notturna. Obiettivo: finire quanto prima i lavori. E la sicurezza veniva demandata ad una sorta di “allarme umano”. Ovvero, uno degli operai si occupava di monitorare l’arrivo dei treni: in caso di arrivo di un convoglio, gli altri operai venivano avvisati a voce.

Per ora è stato ascoltato Antonio Veneziano, ex collega delle cinque vittime, colui che è stato fra i primi a confermare questa prassi controversa. “Sì, è capitato più volte, andavamo sul binario per affrettare il lavoro”, ha dichiarato Veneziano ai microfoni del Tg1. Veneziano lunedì è stato sentito in Procura. Ed in Procura è stato ascoltato anche Antonino Laganà, fratello di Kevin. Come suo fratello, Antonino lavora nella Sigifer di Borgo Vercelli. Tuttavia, la sua audizione è stata rinviata a mercoledì.

Ma c’è una testimone chiave nella vicenda. Si tratterebbe di una dipendente delle Ferrovie di 25 anni. Sarebbe stata lei, la notte del tragico incidente, dall’interno della sala controllo di Chivasso, a tenere i contatti con i colleghi sul posto. Lei è la persona che ha lanciato gli allarmi inascoltati. La ragazza avrebbe trascorso, per deporre, ore alla Procura di Ivrea, l’intera giornata.

L’ho detto per tre volte: i lavori non dovevano cominciare perché era previsto il passaggio di un treno“, avrebbe ripetuto la giovane durante la deposizione. Che, ora, diventa un punto chiave dell’inchiesta.

Redazione

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