È finita a tarallucci e vino, con un armistizio firmato negli studi di Porta a Porta. E speriamo che sia finito così, il Pizza Gate esploso dopo le dichiarazioni di Flavio Briatore sulla pizza, la sua “Crazy Pizza”, quella napoletana, prezzi e costi, location e personale che per giorni ha intasato le home dei siti e il feed dei social in una polemica ridondante, a tratti grottesca. C’era l’imprenditore piemontese, nel salotto di Bruno Vespa, e c’era il mastro pizzaiolo tra i più noti e mediatici Gino Sorbillo, in rappresentanza della pizza napoletana.
È finita con la proposta di “creare un brand internazionale per esportare la pizza italiana in tutto il mondo” di Briatore. E con la possibilità, chissà, che i due possano aprire un locale insieme a Napoli. Fine, forse, di giorni di polemica tra pizzerie gourmet e pizza del popolo, imprenditore contro pizzaioli, Napoli versus il resto del mondo. “Io non faccio la guerra per la pizza, non mi interessa. Però dobbiamo trovare il modo per creare un marchio che connoti la pizza italiana nel mondo e permetta di venderla. Le persone devono poter andare a New York e comprare la vera pizza italiana”, ha scandito Briatore.
Era cominciato tutto con le dichiarazioni dell’imprenditore che spiegava perché la sua catena “Crazy Pizza”, recentemente aperta, avrebbe pezzi alti perché di alta qualità, con una margherita che parte da 15 euro e che può arrivare a 65 euro con il Pata Negra. Briatore aveva poi rincarato la dose: “Come fanno a vendere una pizza a 4 e 5 euro? Cosa mettono dentro queste pizze? Se devi pagare stipendi, tasse, bollette e affitti i casi sono dure: o vendi 50mila pizze al giorno o è impossibile. C’è qualcosa che mi sfugge”.
Apriti cielo, a quel punto. “Non è vero che è napoletana, la si mangia in tutto il mondo. E anche se è stata inventata a Napoli, gli altri l’hanno migliorata con gusti diversi: uno può inventare una roba e gli altri la possono modificare e farla meglio”. Napoletani e pizzaioli offesi nella loro napoletanità dalle ulteriori dichiarazioni di Briatore che comunque aveva riparato: “Io amo Napoli, amo i napoletani, in molti lavorano per me”. Sorbillo ha colto la palla al balzo: e martedì scorso, presso la storica sede in via dei Tribunali, aveva offerto pizza ai passanti in una sorta di manifestazione. “Dice che la pizza che costa poco non è buona? Ecco, noi la facciamo così e gli ingredienti sono questi: assaggiatela e ditemi com’è”.
Il faccia a faccia ieri negli studi di Porta a Porta. “L’importante è continuare a creare, in modo che ne benefici tutto il comparto, perché in fin dei conti facciamo tutti parte della grande famiglia della pizza”, ha dichiarato Sorbillo raccogliendo la proposta di Briatore. “La pizza classica parte da 5 euro e può arrivare anche a 13 in base alla farcitura e vi assicuro che può essere buona anche come la facciamo noi. Mi creda Briatore, la pizza del popolo è buona e soddisfacente, non è un prodotto di bassa qualità. Crazy Pizza invece spinge con ingredienti particolari”.
Non solo una questione di materie prime però per Briatore. “Ho un personale che costa 40mila euro all’anno, affitti in via Vittorio Veneto a Roma, difronte ad Harrods a Londra. Ho persino un dj che suona fino alle due del mattino. Noi non possiamo vendere una pizza a 5 euro. Io ho visto il menu di Sorbillo, lui una bufala la vende a 13 euro, io a 15, e lui spende meno di noi in affitto. Solo abbiamo due categorie di clienti diverse”.
Sui social la questione ha tenuto banco e diviso per giorni. Attaccato Briatore ma attaccato anche Sorbillo che vende la sua pizza anche in versione più gourmet – per esempio alla sua Lievito Madre al Duomo, Milano, una margherita costa 9,40 -, comunque a prezzi più contenuti rispetto a quelli di “Crazy Pizza”. L’armistizio è arrivato sulla proposta di Sorbillo di una serata “a quattro mani” con la sua squadra di pizzaioli e quella di Briatore. E sulla provocazione di Vespa: “Ma quindi aprirete un locale insieme a Napoli?”, ha chiesto Vespa. “Mai dire mai, ne possiamo parlare”. Poca rissa, soprattutto fair play, tanta pubblicità.