Bufale
Brutte notizie: le fake news si diffondono più velocemente delle informazioni vere
Alla domanda di novità qualcuno risponde creando notizie false
Quanto ci dobbiamo preoccupare delle fake news? Se le persone con una qualche probabilità non sanno distinguere una notizia vera da una notizia falsa, allora è molto importante verificare la capacità delle une e delle altre di diffondersi sui social network. Un articolo di Vosoughi e coautori pubblicato sulla piuttosto prestigiosa rivista Science nel 2018 potrebbe spingerci ad aumentare il nostro grado di preoccupazione. Gli autori si focalizzano su ben 126.000 notizie che sono state menzionate da circa 3 milioni di utenti 4,5 milioni volte, nel periodo che va dal 2006 al 2017. Sfruttando il responso dato da sei siti specializzati nell’attività di fact checking gli autori sono in grado di distinguere le notizie vere da quelle false. E come misurare la diffusione? Una notizia si diffonde con una profondità di “2” se il tweet iniziale viene ritwittato da un altro utente, il cui retweet viene a sua volta ritwittato da un altro utente, e così via.
Non solo: si può anche misurare in maniera semplice l’ampiezza della “cascata informativa”, intesa come il numero totale di utenti coinvolti nella stessa. In questo caso bisogna andare a contare tutti gli utenti coinvolti nei vari rami della cascata, perché il singolo tweet iniziale può essere ritwittato da più di un utente (come è naturale per tweet di successo) e per ognuno di questi retweet bisogna andare a vedere cosa succede con i retweet successivi. Sia la profondità che l’ampiezza tendono a crescere nel tempo, ed è dunque interessante studiarne la dinamica, ad esempio quanto in fretta si arriva al massimo di profondità e ampiezza. E
potrebbero succedere cose molto diverse: una diceria con cascata ampia raggiunta in fretta (un best seller) oppure una diceria con una cascata molto più ampia che impiega più tempo per dispiegarsi (un “grande classico” lento in partenza).
Un terzo concetto è quello della viralità: un contenuto si diffonde in maniera virale se avviene una specie di contagio da un utente all’altro, in modo capillare. Il singolo utente che è venuto in contatto con una certa notizia induce altri suoi contatti a condividere questo contenuto, e via viralizzando. Il modello contrario è quello dei mass media tradizionali (il “broadcasting”), cioè tutti gli utenti coinvolti nella diffusione prendono la notizia dalla fonte iniziale senza passaggi ulteriori: come gli spettatori di un TG che si sintonizzano contemporaneamente e scoprono l’ultima notizia-bomba.
Ed ecco le cattive notizie: le fake news si diffondono più velocemente, più profondamente e in maniera più virale delle notizie vere. Ad esempio, una percentuale molto più ampia di cascate che partono da notizie false si diffonde con una profondità maggiore di 10, rispetto alla percentuale di notizie vere che raggiungono la stessa profondità. E come spiegare questa differenza di comportamento? Qui siamo ai limiti del post-moderno: gli autori mostrano come le notizie fake sono sistematicamente giudicate come “più nuove” dagli utenti rispetto alle notizie vere, e destano con maggiore probabilità un senso di sorpresa. Alla domanda di novità qualcuno risponde creando fake news…
© Riproduzione riservata