L'annuncio del presidente tunisino
Bruxelles e Tunisi ai ferri corti, cosa c’è dietro l’avviso di Saied sui fondi europei
Il presidente tunisino potrebbe usare lo strumento delle migrazioni per fare pressioni sull’Ue. Il rifiuto della prima tranche dimostra quanto le passerelle fatte fossero del tutto vuote e inutili
Tra Bruxelles e Tunisi le distanze ormai sembrano essere incolmabili ma, come ci dice un funzionario europeo da noi interpellato, “è tutta questione di suk: alza la posta per riaprire la trattativa e ottenere di più”. Quella che si è aperta ieri tra la presidenza della Repubblica tunisina e la Commissione Europea è l’ennesima crisi che mette a rischio tutti gli annunci fatti nei mesi scorsi dalla premier italiana Giorgia Meloni e dalla Presidente Ursula von der Leyen. Ma anche dal Presidente del Partito Popolare Europeo, Max Weber, che a Tunisi era corso a inizio settembre per provare a ritagliarsi anche lui uno spazio di visibilità, dopo l’accordo faticosamente suggellato con Bruxelles.
L’annuncio del presidente tunisino Kais Saied di non voler accettare la prima tranche targata Ue ha dimostrato come passerelle e dichiarazioni roboanti compiute dai leader europei fossero spesso vuote. I fondi erano alla base del memorandum firmato in estate, ma la “Tunisia, che accetta la cooperazione, non accetta né la carità né l’elemosina, perché il nostro Paese e il nostro popolo non vogliono compassione e non la accettano quando è irrispettosa”, si legge nel comunicato diramato dal palazzo Cartagine.
L’accordo tra Tunisi e Bruxelles prevedeva un sostegno economico al governo del Paese nordafricano dal valore di 150 milioni di euro entro il 2023. Un modo pensato per cercare di tamponare l’emergenza economica della Tunisia, tanto che lo stanziamento previsto in totale era di più di un miliardo di euro, la cui quasi totalità solo in caso di intesa sul debito tra Tunisi e il Fondo Monetario Internazionale, vero cuore della questione finanziaria. Saied ha rispedito al mittente i primi 127 milioni targati Ue di cui la Commissione aveva annunciato l’erogazione, anche se all’interno di alcuni patti già stretti in precedenza. Un invio di soldi confermato dalla stessa Meloni a Malta a fine settembre. Nel comunicato Tunisi cerca di smarcarsi dal valore puramente economico, respingendo “quanto annunciato nei giorni scorsi dall’Ue, non per l’importo in questione, perché tutta la ricchezza del mondo non vale un grammo della nostra sovranità, ma perché la proposta contraddice il memorandum d’intesa firmato a Tunisi nello spirito che ha prevalso alla Conferenza di Roma dello scorso luglio”. La stessa Conferenza internazionale su sviluppo e migrazioni promossa dalla premier italiana come grande iniziativa del suo governo ma che, a distanza di quasi due mesi e mezzo, non ha avuto riscontri.
Tuttavia l’avviso di Saied sembra inequivocabile: se avete bisogno di noi dovete fare di più, anzi, dare di più. E le capitali europee – Roma in primis – hanno bisogno della Tunisia, sponda sud del Mediterraneo e il Paese da cui negli ultimi mesi è partito il maggior numero di migranti direzione Italia. Saied ha ribadito di fare “il possibile per smantellare le reti criminali che trafficano in esseri umani”, ma il boom di sbarchi sulle coste italiane di agosto quantomeno lo smentisce. A pensare male – esercizio sempre utile – si potrebbe anche dire che Saied usi in maniera oculata lo strumento delle migrazioni per fare pressione su Bruxelles. E a volte a pensar male ci si azzecca. Ora le relazioni tra Tunisia ed Europa sono congelate. È il rischio di chi fa passerelle ma non ha il coltello dalla parte del manico.
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