Il Tesoro ci riprova. Dopo il successo, o presunto tale, raggiunto dal Btp Italia con oltre 22 miliardi di euro sottoscritti dagli investitori a metà maggio, il Governo vuole approfittare del momento favorevole per mettere altro fieno in cascina, utile per finanziare gli oltre 510 miliardi che il Ministero dell’Economia deve raccogliere nel 2020 per finanziare il roll-over (rinnovo) del debito pubblico e l’extra deficit necessari per far fronte alle spese imposte dalla crisi finanziaria, di liquidità ed economica nella quale si trova l’Italia. Crisi somma del passato con la nuova crisi da pandemia. Il bond in questione, questa volta avrà il nome di Futura (ma Lucio Dalla non c’entra nulla, purtroppo). Stando alle linee guida pubblicate dal Tesoro, il collocamento sarà riservato questa volta solo agli investitori retail (esclusi quindi gli investitori istituzionali), per tutta la domanda che ci sarà, salvo l’opzione da parte del Tesoro stesso di chiudere anticipatamente l’emissione. Per il resto, l’obiettivo è analogo a quello del Btp Italia, con durata però compresa tra gli 8 e 10 anni.

Sfruttare l’enorme risparmio privato delle famiglie italiane per convogliarlo nei titoli di debito pubblico nostrani, offrendo in cambio una remunerazione “adeguata” (anche se nel caso di Btp Italia superava ampiamente quella offerta da bond sovrani di uguale durata), con premio annuo per gli acquirenti che detengono il titolo fino a scadenza che oscillerà tra l’1,0% e il 3,0%, parametrato alla crescita del Pil. Piacerà, non piacerà? Difficile fare previsioni, come al solito. Considerando che sarà emesso a metà luglio, ovvero soltanto due mesi dopo l’emissione del Btp Italia, è ragionevole ritenere che l’interesse delle famiglie italiane sia di nuovo alto, ma che bisognerà fare i conti con il fatto che i “fan” di questo strumento hanno già impegnato cospicue risorse nel precedente. Quindi, questa volta il successo potrebbe essere minore, non per mancanza d’interesse ma, più banalmente, per mancanza di risorse. Vedremo.  A prescindere dal successo o meno che il Btp Futura avrà, è in ogni caso opportuno ribadire tutte le perplessità già espresse per il Btp Italia.

Ovvero che, prima di tutto, questi titoli di Stato non rappresenteranno, in ogni caso, ricchezza netta nei portafogli delle famiglie che li acquisteranno, dal momento che rappresentano, secondo il famoso teorema dell’equivalenza ricardiana, soltanto debito differito o tasse differite, poiché quando il Tesoro dovrà rimborsare i titoli sarà costretto ad emetterne di nuovi o ad aumentare le tasse. Secondariamente, che in ogni caso l’emissione avrà un costo in termini di interessi da pagare, interessi che contribuiscono ad aumentare ancora di più il debito pubblico futuro. Terzo, il dirottamento del risparmio degli italiani sui titoli di Stato contribuisce a rendere illiquidi i conti correnti delle banche, nell’esatto momento in cui queste hanno bisogno, al contrario, di averli liquidi per finanziare le imprese. Quarto, il “modello giapponese” della detenzione autoctona del debito pubblico nazionale non ha certamente sortito effetti di rilievo nel risollevare il paese del Sol Levante dalla trappola della liquidità e dalla stagnazione secolare nella quale si trova ormai da anni. Infine, il continuo ricorso al risparmio degli italiani per finanziare le spese legate alla crisi finanziaria mostra evidentemente come il Governo Conte non voglia far ricorso alle risorse europee dei quattro pilastri (Mes, Bei, Sure e Next Generation Ue Fund) previsti dal piano presentato da Ursula Von der Leyen da 2.400 miliardi di euro, destinati a sostituire il programma d’emergenza Pepp posto in essere dalla Bce, attraverso l’acquisto di titoli di Stato fino a metà 2021 per un ammontare complessivo di 1.350 miliardi.

La scelta di aumentare il finanziamento tramite emissioni di titoli di Stato è la prova lampante dell’incapacità del premier Conte di imporre la linea europeista, di utilizzo coordinato delle risorse con Bruxelles, su quella del “monetarismo sovranista”, seguito dal Movimento Cinque Stelle e Lega, che propugna la necessità di reperire risorse solo attraverso l’emissione di nuovo debito pubblico, contando sul fatto che tanto la Bce acquisterà poi i titoli sul mercato secondario. Peccato soltanto che, proprio ieri, Christine Lagarde abbia chiuso definitivamente le porte a questa proposta di matrimonio da parte dei sovranisti italiani, dichiarando apertamente che la politica monetaria della Bce è temporanea e, in ogni caso, non sostitutiva delle risorse da bilancio europeo, che dal 2021 avranno un peso sempre più importante nel sistema di trasferimenti tra paesi dell’Unione Europea. Per l’Italia, il rischio è quindi quello di un enorme sell-off di Btp nel prossimo anno, esacerbato dalla maggior quantità di Btp in circolazione, per effetto delle maggiori emissioni di quest’anno. Gli effetti sulla nostra finanza pubblica saranno a quel punto pesantissimi.

Altra cosa sarebbe stato lanciare una strategia finanziaria di medio-lungo periodo, fondata sulla creazione di Conti Individuali di Risparmio (CIR) finalizzati all’assorbimento della grande quantità di risparmio delle famiglie italiane, indirizzandolo al terzo pilastro del sistema previdenziale, quello più di natura privata. Uno strumento già utilizzato negli Stati Uniti e nei paesi più competitivi della Ue, che offre una adeguata remunerazione al capitale investito. Il governo, invece, preferisce navigare a vista, inventandosi di volta in volta strumenti finanziari miracolistici, dando segnali negativi in termini di credibilità, tanto ai mercati, quanto alle cancellerie europee. Chissà chissà domani, su cosa metteranno le mani.