Il paradosso
Bucha, My Lai, Foibe, le stragi di russi, americani italiani che servono ad accettare la guerra

Bucha, My Lai, Cirenaica, Katyn, Foibe. Senza scomodare i nazisti, perché il nazismo è un storia a sé. Questi nomi che ho messo vicini rappresentano altrettanti orrori e prove di ferocia umana. I protagonisti e le vittime sono diversi, i metodi e l’infamia sono uguali. Bucha l’abbiamo visto in queste ore, i massacratori sono russi. A My Lai erano americani. in Cirenaica italiani. Nelle foibe jugoslavi. I numeri che riguardano quelle stragi sono mostruosi. Le vittime furono terrorizzate, torturate, uccise nei modi più atroci. Molte di loro erano persone vecchie, molte erano persone giovanissime, cioè bambini. A My Lai c’erano anche centinaia di donne, e molte furono stuprate dai marines. A Bucha le vittime sono ucraine, europee. A My Lai vietnamite, asiatiche. A Katyn polacche, ed erano in gran parte soldati. Nelle Foibe erano in maggioranza italiani.
Perché cito queste stragi? Perché sono identiche, nell’orrore, e perché – in modi e tempi diversi – hanno suscitato rabbia e indignazione. Anche in questi giorni. Hanno scosso un’opinione pubblica propensa ad accettare l’ineluttabilità della guerra. La guerra è considerata in linea generale un fenomeno razionale, forse persino utile. Dignitoso o anche eroico. Recentemente un alto esponente della diplomazia italiana mi ha spiegato come e perché la guerra sia connaturata con la civiltà umana e col suo sviluppo, e come sia uno strumento decisivo per regolare i rapporti di forza tra le potenze e la gerarchia dei diritti umani. La strage, il singolo episodio di violenza e di sopraffazione e di prepotenza e di omicidio, invece, urtano la sensibilità e addirittura aiutano gli stati e gli eserciti a convincere l’opinione pubblica che la guerra è necessaria. È una risposta di livello elevato. Certo che è un paradosso: la strage – cioè la repulsione per la strage – serve a far accettare la guerra. Talvolta questo schema funziona in modo autonomo, spontaneo, casuale. Talvolta è guidato.
Parliamo di My Lai, anche per capire che l’orrore non è solo lontano da noi, spesso è vicinissimo. A My Lai operarono alcuni ragazzi americani più o meno della mia generazione, o forse un po’ più vecchi, della generazione di Bob Dylan e di Joan Baez, e che venivano, forse, dalle stesse città di Dylan e Baez. Ma non erano pacifisti. Arrivarono in una mattina di marzo in questo paesino del Sud Vietnam a un migliaio di chilometri a nord di Saigon, lo circondarono e lo annientarono. Si accanirono per ore. Nel villaggio trovarono solo persone anziane, bambini e donne, e questo li fece infuriare. Dove stavano i giovani maschi? Erano nascosti nella giungla, perché erano vietcong, dunque nemici. E allora i soldati blu, i marines, guidati da un tenente che si chiamava William Calley, decisero di punirli. Bruciarono le case, alcune coi loro abitanti, violentarono le ragazze, e poi uno a uno iniziarono a uccidere tutti. Tutti: anche i neonati. Il sangue scorreva giù impetuoso dai viottoli. Si stava facendo sera, e il lavoro era quasi finito, quando un elicottero americano sorvolò My Lai, al comando di un ufficiale che si chiamava Thompson, il quale vide cosa stava succedendo, atterrò proprio nella piazza del paese, puntò i bazooka contro i suoi colleghi e ordinò di allontanarsi minacciando di aprire il fuoco. Salvò chi ancora non era stato ucciso. Undici persone.
Gli altri 547 erano già morti. La strage fu messa a tacere. La scoprì un giornalista l’anno dopo, ricevendo le confidenze di uno dei soldati dell’elicottero. La denunciò. All’inizio non fu creduto. Il generale Colin Powell, incaricato dell’inchiesta, minimizzò. Poi ci fu un processo. Calley fu condannato all’ergastolo, ma l’ergastolo durò solo un giorno. Nixon lo graziò. Volete che vi parli degli orrori che fece il maresciallo Badoglio in Cirenaica? Forse basta che vi dica il numero dei civili che trucidò. Ventimila. Lo fece durante la deportazione delle tribù che abitavano il Gebel. Circa 100 mila persone. L’uccisione dei civili avvenne in forme tremende, feroci. Badoglio non ebbe bisogno di ricevere la grazia dal re, come il tenente americano: lui non fu processato ma qualche anno dopo diventò presidente del Consiglio. Fu processato invece un suo sottoposto (e poi successore), il generale Rodolfo Graziani, che tra l’altro si era reso protagonista dell’uso di armi chimiche contro gli etiopi. Graziani fu condannato a 19 anni di carcere nel 1948, ma scontò solo due mesi. Poi tornò alla ribalta e diventò presidente dell’Msi.
Nel 1954, sugli altipiani di Arcinazzo, incontrò Giulio Andreotti, già astro nella Dc e vice di De Gasperi. Tra i due ci fu un grande abbraccio. Katyn è stata una delle più gigantesche stragi politiche della storia. La ordinò Stalin. Le vittime son state circa 22mila. In grande maggioranza ufficiali dell’esercito polacco, portati in catene nella foresta di Katyn e trucidati. Insieme a loro furono fucilati anche diversi politici e giornalisti polacchi, considerati il nucleo forte dell’intellighenzia. L’orrore delle Foibe, che fu tenuto nascosto per molti anni, fu realizzato all’inizio del 1945 dai partigiani jugoslavi che si accanirono con i civili dalmati e giuliani considerati collaborazionisti del fascismo. Ne uccisero un numero spaventoso. Tra i 5000 e i 15 mila. Le vittime furono gettate nei crepacci che in quella zona d’Italia si chiamano Foibe e lasciate morire con le mani legate. e poi, tutti insieme, sotterrati. Per molto tempo non se ne è parlato, di questa atrocità, perché gli autori erano esponenti della resistenza al nazismo. Calò il silenzio politicamente corretto.
Da qualche anno è iniziata la ricostruzione storica, ormai non discussa più da nessuno tranne da qualche professore un po’ scapestrato. Le stragi dei civili da molto tempo sono una caratteristica di tutte le guerre. Colpiscono meno l’opinione pubblica, se sono frutto di un bombardamento, come quello russo che ha distrutto almeno due ospedali ucraini, o quello americano e italiano che 1999 rase al suolo un ospedale di Belgrado. Ma non sono meno orrende di My Lai e Bucha. È una contraddizione pazzesca quella tra la commozione mondiale per alcuni episodi e il presunto buonsenso con il quale viene perdonata la guerra, o dichiarata giusta. Del resto io credo che finché il buon senso accetterà la guerra, sarà difficile evitare l’orrore dei singoli episodi. E credo anche che la discussione su Bucha sia abbastanza inutile. Dobbiamo sapere esattamente chi è stato? E che importanza ha? Quel che sappiamo è che è stato. Scriveva Hemingway: non chiederti mai per chi suona la campana: suona per te.
© Riproduzione riservata