La crisi economica diffusa in tutto l’Occidente rende necessaria l’analisi dell’impatto delle disfunzioni della burocrazia italiana sulla puntualità di sviluppo del Paese. È acquisito da studi approfonditi che la Pubblica Amministrazione italiana è tra le più inefficienti d’Europa. Richiamo un recentissimo studio pubblicato da The European House – Ambrosetti La Pubblica Amministrazione italiana sconta oggi un gap in termini di efficienza rispetto a quella di molti Paesi europei. Fra le diverse misure del grado di inefficienza della P.A., il Quality of Government Index, elaborato dalla Commissione Europea, attraverso il sotto indice “Qualità della P.A.” sintetizza una pluralità di variabili associate al buon funzionamento della “macchina dello Stato” ed è quindi un affidabile indicatore multidimensionale del ritardo amministrativo del Paese.

In questa classifica, l’Italia si posiziona infatti 23esima su 28 Paesi dell’Unione Europea, ottenendo una performance migliore solamente rispetto a Croazia, Ungheria, Grecia, Bulgaria e Romania, ben lontana rispetto a Germania (sesta), Regno Unito (settimo), Francia (undicesima), e peggio anche della Spagna (quattordicesima). Una Pubblica Amministrazione inefficiente difficilmente riesce a soddisfare le esigenze di cittadini e imprese. Non desta particolari sorprese, alla luce delle criticità sollevate dalle evidenze in Figura 4.1, che il 65% dei cittadini italiani valuti negativamente l’operato della P.A. nazionale. Anche in questo caso, il gap con i principali competitor è marcato: un giudizio negativo sull’operato della P.A. nazionale è espresso solo dal 21% dei cittadini tedeschi, dal 46% dei cittadini francesi, dal 47% dei cittadini britannici e dal 55% dei cittadini spagnoli. Se il giudizio dei cittadini è negativo, quello delle imprese è pessimo: secondo un’indagine dell’Eurobarometro1, il 39% delle imprese italiane è abbastanza insoddisfatto dell’operato della P.A. italiana e il 41% è molto insoddisfatto.

L’80% di risposte negative posiziona l’Italia all’ultimo posto per valutazione della performance amministrativa da parte delle imprese. Le difficoltà ad interfacciarsi con la Pubblica Amministrazione, i vincoli e i freni che essa pone, le sovrapposizioni di competenze e le duplicazioni (es. moduli, richieste, permessi, …), sono elementi che generano una ricaduta diretta, negativa, sull’operatività delle imprese e sulla loro competitività, e quindi sulla crescita (o mancata crescita) del Paese. La medesima indagine dell’Eurobarometro evidenzia gli aspetti più critici nel rapporto fra P.A. e imprese: il numero di procedure è ritenuto essere un grande ostacolo da tre imprenditori su cinque, e più della metà reputa che il tempo richiesto per espletare le pratiche burocratiche sia un grande freno all’attività imprenditoriale. Non si tratta di percezioni distorte o eccessivamente pessimistiche: la pluralità e la lunghezza delle pratiche burocratiche in Italia rappresentano infatti un oggettivo freno allo sviluppo del Paese. Per dare un esempio concreto: per aprire un bar, in Italia, sono necessari 72 adempimenti burocratici, bisogna coinvolgere 26 enti differenti da contattare in 41 distinti passaggi.

Sembra un processo incredibilmente complesso, per aprire un’attività tutto sommato semplice come un bar. Si può sempre fare di peggio: per aprire un’autofficina sono necessari 86 adempimenti burocratici, sono coinvolti 30 enti differenti, sono previsti 48 passaggi distinti.  Non stupisce scoprire che per aprire una gelateria in Giappone occorra un anno e 7 anni per aprire un identico negozio in Italia. L’eccessiva burocrazia scoraggia inoltre gli investimenti, sia italiani che, soprattutto, esteri. Uno dei principali problemi evidenziati dalle multinazionali presenti in Italia riguarda i ritardi dei processi amministrativi, che contribuiscono a creare un ambiente poco favorevole agli investimenti. Si registra infatti una correlazione fra la performance della giustizia civile e gli Investimenti Diretti Esteri in entrata. La giustizia civile italiana, lenta e inefficiente, scoraggia l’afflusso di capitali esteri sul mercato nazionale. La Pubblica Amministrazione ha un ruolo centrale nell’incentivazione e nell’attrazione di Investimenti Esteri.

Il peso della P.A. è fondamentale nel creare e mantenere un ambiente economico favorevole all’attrazione degli investimenti. I risultati dell’indagine impongono scelte innovative profonde e sul piano legislativo, e soprattutto sulla effettiva attuazione delle stesse da parte dell’apparato amministrativo. È necessario che la cultura riformista superi il concetto della Amministrazione come potere, sostituendolo con la concezione della P.A. titolare della gestione di servizio pubblico, tenuta al rispetto di criteri di efficienza e di economicità. Si impone pertanto la diffusione di una nuova cultura dell’Amministrazione come servizio pubblico garante e della tutela dell’interesse pubblico e dei soggetti che con la stessa si interfacciano. La gravità della crisi, economica rende indifferibile una profonda riforma dei procedimenti amministrativi che rende effettiva la semplificazione e il rispetto dei termini di conclusione degli stessi. È argomento di notevole attuale interesse, che approfondirò in un prossimo scritto.