Le proposte folli
Buttiamoli in cella a 12 anni, ecco giustizialisti e populisti dalla soluzione a portata di manette…
Lo sentite anche voi il tintinnio delle manette luccicanti? Sì, sono tornati loro, i politici dalla soluzione facile a portata di mano… anzi di manette. I giustizialisti dalla cella sempre spalancata. Anche se si tratta di bambini. Al diavolo le motivazioni che ci sono dietro quegli sbagli. In gattabuia, subito. Questa volta i populisti con la forca in mano sono il consigliere regionale di Fratelli d’Italia Carmela Rescigno e il coordinatore di Napoli di Fdi Sergio Rastrelli. “Fratelli d’Italia denuncia con grande preoccupazione l’immobilismo delle istituzioni, locali e nazionali, a fronte dell’aumento esponenziale in città di fenomeni di criminalità minorile”.
Ma a preoccupare davvero è la loro proposta. “Sul fronte legislativo, attraverso proposte di adeguamento dell’impianto normativo e del codice penale minorile, ormai del tutto inadeguati alla emergenza del momento; sul fronte amministrativo, attraverso un piano coordinato di intensificazione dei controlli; sul fronte educativo, provando a potenziare l’offerta scolastica. In tale ambito, il tema dell’adeguamento della età imputabile è un tema certo delicato, che va però assolutamente preso in considerazione, e senza vincoli ideologici, purché posto in stretta correlazione con l’esigenza di affrontare e risolvere le drammatiche condizioni delle carceri minorili, che sono diventate fucine di professionisti del crimine”.
Quindi, li arrestiamo subito, a dodici anni e li mandiamo in comunità o nei centri di prima accoglienza. Poi contestualmente vediamo di migliorare un po’ la situazione delle carceri minorili. Ma non è tutto. Secondo Rescigno e Rastrelli “giusto prevedere la sospensione della patria potestà, e l’allontanamento dei minori da un contesto familiare inadeguato, magari con l’affidamento dei minori a rischio in istituti in regime semiconvittuale, ovvero individuando altre misure anche di ordine coercitivo – quale ad esempio la libertà vigilata, tese sempre però – ci tengono a precisare – alla rieducazione dei minori, e al loro reinserimento in funzione rieducativa”. «L’argomento non è nuovo: se si abbassasse l’età imputabile si risolverebbero i problemi. Credo che non risponda assolutamente a verità. Anzi – commenta l’avvocato Mario Covelli, presidente delle Camere Penali Minorili – l’età imputabile fissata a 14 anni andava bene nel 1930 perché i ragazzi erano più tranquilli e perché l’ambiente era diverso. Ora i tempi sono cambiati – aggiunge – ma secondo alcuni l’età è troppo alta per la soglia di imputabilità? È vero il contrario! Nella società semplice, soprattutto che viveva sulla base dell’agricoltura e con rapporti familiari solidi, un ragazzo di 14 anni era molto più maturo rispetto a un quattordicenne di oggi che vive in una società digitale sempre più complessa che dà vita a ragazzi molto fragili».
Una possibile soluzione sarebbe quella di prevenire l’atto violento. «Servirebbe un provvedimento chiaro per dare alla polizia l’autorizzazione a controllare di più i minori in modo da evitare tragedie – suggerisce Covelli – Basterebbe intervenire sull’istituto dell’accompagnamento e permettere alla polizia di accompagnare in questura i minori che hanno un comportamento aggressivo, chiamare i genitori e con loro verificare la situazione anche alla presenza di un legale». Peccato che questa e altre proposte non possano essere fatte alla presenza degli addetti ai lavori. «Non riesco a capire perché la camera penale minorile non viene invitata ai congressi nei quali si parla di minori. Il 6 giugno ce ne sarà uno a Napoli e nessuno ha chiesto la nostra presenza – afferma Covelli – Sono sicuro che ci saranno tante persone illustri ma non mi pare che abbiano mai frequentato le aule giudiziarie minorili».
La verità è che non si riesce a cercare le motivazioni dietro questi atti. Si fatica a capire che alla base di ogni comportamento criminoso da parte di un adolescente vi sono bisogni educativi, emotivi e materiali, insoddisfatti e una gravissima assenza degli adulti. Si ignora che la commissione di un reato da parte di un ragazzino è l’espressione di un fallimento, non del ragazzino, quanto dei grandi che non gli hanno saputo garantire quel benessere cui ogni minore avrebbe diritto. Ma d’altronde perché indagare sulle motivazioni se li si può sbattere in cella subito? Magari anche senza cena…
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