Ce l’ha fatta. Luigi de Magistris ha incassato l’ok al bilancio preventivo e scongiurato il commissariamento del Comune di Napoli. Ci è riuscito grazie alla melina di Vincenzo Moretto e Marco Nonno, consiglieri rispettivamente di Lega e Fratelli d’Italia che hanno contribuito a prolungare una seduta conclusasi poco prima dell’alba. Ha sfruttato le precarie condizioni fisiche di Nino Simeone, il consigliere del gruppo misto che alla fine è andato via in ambulanza.

Ha beneficiato dell’appoggio di Salvatore Guangi e Domenico Palmieri, esponenti rispettivamente di Forza Italia e di Napoli Popolare che, dopo aver garantito il numero legale indispensabile perché la seduta avesse luogo, si sono opportunamente assentati nel momento decisivo. Così il bilancio è stato approvato con 19 voti favorevoli e 18 contrari. De Magistris ne esce trionfante, sebbene la sua sia la classica vittoria di Pirro: ha evitato l’onta del commissariamento, ma non potrà sottrarsi al giudizio impietoso della storia.

A prendersi una rivincita è Stefano Caldoro, consigliere regionale di Fi che nei giorni scorsi aveva sottolineato la necessità di impedire il commissariamento del Comune. Anche Caldoro ha centrato l’obiettivo servendosi del compagno di partito Guangi e di Pamieri che, pur non essendo iscritto a Fi, gli è storicamente vicino. La rivincita di Caldoro è addirittura doppia. È una rivincita sul governatore Vincenzo De Luca che, secondo alcuni esponenti di Fi, era pronto a “mettere le mani su Napoli” facendo in modo che il Consiglio comunale venisse sciolto e la città affidata a un commissario nominato dal Governo giallorosso fino alle prossime comunali. Ma quella di Caldoro è una rivincita anche sui suoi stessi alleati, inclusi molti compagni di partito, che ne avevano messo in discussione la leadership alla vigilia della presentazione delle candidature per le regionali.

Ogni trionfo, però, ha un prezzo. E anche Caldoro dovrà pagarne uno. Anzi, due. Il primo è la definitiva distruzione di quel poco che rimaneva del centrodestra napoletano. L’appoggio che il consigliere regionale ha garantito a Dema attraverso Guangi e Palmieri, infatti, è un’azione uguale e contraria a quella che aveva subito mesi fa, quando ampi settori di Fi e il leader leghista Matteo Salvini avevano sostenuto il nome di Catello Maresca come competitor di De Luca. La mossa di Caldoro certifica che, a Napoli, una storia si è chiusa e forse è destinata a non riaprirsi: è difficile che i partiti del centrodestra, a cominciare da Fi, possano presentarsi alle comunali con i rispettivi simboli o con un proprio candidato di stampo politico.

Il secondo prezzo che Caldoro dovrà pagare, insieme con de Magistris e i suoi fiancheggiatori, è la devastazione di Napoli. Favorire l’approvazione dello scellerato bilancio della giunta arancione non fa altro che prolungare l’agonia in cui è piombata la città, sommersa da un disavanzo di quasi due miliardi e 700 milioni di euro e sfregiata da dieci anni di abbandono. Il commissario, per quanto nominato dal governo Pd-M5S, avrebbe posto un argine alle follie della giunta arancione e avviato una “operazione-verità” sulle condizioni in cui versa la città. Caldoro e Dema non hanno voluto. Con buona pace di Napoli e dei napoletani.

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Classe 1987, giornalista professionista, ha cominciato a collaborare con diverse testate giornalistiche quando ancora era iscritto alla facoltà di Giurisprudenza dell'università Federico II di Napoli dove si è successivamente laureato. Per undici anni corrispondente del Mattino dalla penisola sorrentina, ha lavorato anche come addetto stampa e social media manager prima di cominciare, nel 2019, la sua esperienza al Riformista.