Carlo Calenda ha dato il via a una ambiziosa campagna acquisti: la sua Azione deve bruciare le tappe per prendere deputati e senatori cui promettere un nuovo mandato. Se al momento conta su personale politico a ranghi ridotti, nei sondaggi continua a veleggiare tra il 3 e il 5%, potendo garantire un certo numero di seggi. La campagna acquisti procede a scossoni: è entrato il deputato Osvaldo Napoli, portando a quota quattro la rappresentanza parlamentare azionista. Ma lì si è fermata. E allora Calenda ha preso il telefono, quasi emulando Vittorio Sgarbi nell’ormai celebre Operazione Scoiattolo, e iniziato a contattare – ci dice una fonte ben informata –un lungo elenco di deputati e senatori. Non proprio a caso. Pescandoli soprattutto nell’area del centro.

In Forza Italia lo sapevano tutti: “Anche a te ha telefonato Calenda?”, si confidano alla buvette. Qualcuno ridacchia. Meno scherzoso Antonio Tajani, che a un certo punto ha detto basta e mandato un messaggio all’ex ministro Calenda. Se ne riporta la sintesi: “Falla finita”. Il leader di Azione, che non fa della prudenza la sua prima virtù, riceve il messaggino, prende il telefono e chiama Tajani. Per provare a blandire perfino lui: “Perché non vieni con noi anche tu? E poi che fai, segui ancora Berlusconi? Ma lui è il passato e tu devi guardare avanti”, gli avrebbe detto. Per poi affondare: “E poi questa sceneggiata teatrale del matrimonio con Marta Fascina, ma dài, come si fa? Quella lo vuole spolpare, lo fa per denaro…”. Quello che Calenda non sapeva è che Tajani in quel momento si trovava, come vuole la consuetudine, a fare il punto sull’agenda politica a casa di Berlusconi. Seduto al tavolo davanti a Silvio, non ha perso un attimo. Ricevendo la telefonata di Calenda, lo aveva messo in viva voce. Si può immaginare la reazione del Cavaliere. Furiosa. Tanto da mandare un messaggio a tutti i parlamentari: statene alla larga. Nessun dialogo possibile. Nessun accordo alle amministrative, nelle città. Calenda è in blacklist fino a nuovo ordine.

Se un analogo input arrivasse alle televisioni, con Mediaset che continua a bruciare la Rai sugli ascolti dei talk show politici, il danno per Calenda sarebbe rilevante. Un disastro vero. Proprio ieri il suo libro La libertà che non libera, uscito per La nave di Teseo, è arrivato in libreria, con lo scopo ufficiale di fare da tappeto alle iniziative politiche, città per città, ma con lo scopo ufficioso di pestare i piedi a Matteo Renzi che negli stessi giorni sta compiendo la stessa iniziativa, con il libro che si preannuncia come una bomba per politica, servizi segreti e magistratura: Il Mostro. Stando alle malelingue, perfino questo titolo sarebbe una ripicca nella querelle tra i due: Calenda aveva pubblicato I Mostri nel 2020. Vai a sapere. La rivalità tra Calenda e Renzi, alimentata dal primo e ignorata dal secondo, sembrerebbe essere stata progettata a sinistra, dalla cabina di regia di Enrico Letta. Il Partito Democratico con Calenda avrebbe un patto segreto: procedere con schermaglie di posizionamento che la attestino come satellite lib-lab di centro, federato con i radicali di PiùEuropa e interlocutore attento di tutto il Campo Largo, che condivide il progetto.

Non a caso Mdp, che nell’area del Pd si appresta a rientrare (“ma non sciogliendosi”, tiene a precisare il portavoce di Roberto Speranza, Nicola Del Duce), al suo congresso ha fatto parlare Calenda e non ha invitato Renzi. Ed ecco la manovra a tenaglia del Pd che ricuce con tutta la sinistra e di Calenda che prova a racimolare qualcuno a destra. La vendetta di Letta si consumerebbe così, provando ad archiviare l’esperienza di Italia Viva e a riprendere qualcuno dei parlamentari passati con Renzi. «Un percorso difficile da praticare, al momento», dice al Riformista Isabella Conti, che ha restituito la tessera a Iv. «Io al momento non ho un partito. E come me ci sono tanti riformisti di sinistra che rimangono molto scettici sul Pd alleato dei Cinque Stelle».

Non ha più un partito neanche Doha Zaghi, 31 anni, in arte “Lady Demonique”, di professione mistress e dominatrice: una star del sadomaso. Tra le più note in Italia, ha deciso di correre per il consiglio comunale della sua città, Como, come candidata di Azione. Fino a ieri. Carlo Calenda l’ha messa alla porta dopo due settimane di polemiche, cadendo dal pero: «Sulle scelte personali, nulla quaestio. Ma come candidata di Azione, no». Lei non ci sta: «Il partito è di Calenda e può fare quello che vuole. Accetto di non esser più candidata, ma questo è un caso di discriminazione». Strano, d’altronde: la posizione di Lady Demonique sposa bene quella di Calenda: «Vengo dal centrosinistra ma guardo con simpatia alla destra», ha fatto sapere lei ieri.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.