Non si può dire che non sia un segnale. Il calo di consensi per Vladimir Putin non viene registrata da qualche ente al di fuori della Russia, magari finanziato dall’Occidente. Questa volta, infatti, la notizia della diminuzione di popolarità per il presidente/autocrate russo arriva da un’agenzia statale di Mosca. Certo, il calo del gradimento è contenuto e fa comunque attestare il consenso a cifre impensabili per una democrazia, ma è un segnale che – forse – qualcosa si stia lentamente rompendo negli equilibri tra la popolazione russa e il Cremlino.
Calo di consensi per Putin, la popolarità del presidente minata dall’incursione ucraina a Kursk
Il Russian Public Opinion Research Center (Vciom) ha svolto un sondaggio tra il 26 agosto e il 1° settembre in merito alla popolarità di Putin. Da quanto emerge, si vede che il 75,5% dei russi si fida del proprio presidente. Numeri altissimi, per quanto probabilmente gonfiati, che non si presterebbero a grandi riflessioni normalmente. Ma prendendo lo stesso sondaggio a fine luglio si nota come solo un mese fa il gradimento del leader del Cremlino fosse all’81,5%. Il calo quindi c’è stato anche per l’agenzia statale. Un calo che non è stato possibile nascondere.
Il motivo è l’incursione ucraina nella regione russa di Kursk, un avvenimento bellico che ha colpito la popolazione russa ad agosto, smontando la fiducia di essere intoccabili all’interno dei confini nazionali. Ancor di più dopo che le truppe di Kiev hanno conquistato fino a 100 cittadine nella regione russa. Proprio ieri Putin ha affermato che l’esercito russo sta cacciando gli ucraini dalla propria regione, ma secondo Kiev le truppe di Mosca sono composte da decine di migliaia di soldati che ancora oggi fanno fatica ad avere la meglio sui nemici.
Anche in passato Putin ha subito alcuni cali di consenso, registrati da Vciom, come quando ha annunciato la mobilitazione parziale nel 2022 per la guerra, oppure quando il capo della Wagner Yevgeny Prigozhin si è rivoltato compiendo, almeno all’inizio una piccola marcia su Mosca, prima di fare dietrofront. O ancora all’attentato al Crocus City Hall di Mosca del marzo scorso. Momenti da cui, almeno secondo l’agenzia demoscopica, Putin si era ripreso. Ma sono tutti segnali, a distanza di mesi l’uno dall’altro, che possono minare e deteriorare anche a lungo termine l’immagine del leader russo.
Mosca: in stato di guerra la censura è giustificata
Nel frattempo, sempre oggi, il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov ha palesato lo stato di censura che vige in Russia. In un’intervista alla Tass, il megafono istituzionale di Putin ha dichiarato: “Nello stato di guerra in cui ci troviamo, le restrizioni” alla libertà di informazione “sono giustificate, così come è giustificata la censura”. Una frase emblematica delle condizioni che Putin ha imposto al paese, in un momento in cui il governo sta inasprendo ancora di più la repressione del dissenso e il controllo sull’informazione e sui mass media, punendo in maniera pesante chi critica l’invasione dell’Ucraina.