Si apre la XIX legislatura
Senato, La Russa eletto presidente senza i voti di Forza Italia: scontro nell’opposizione sul ‘soccorso’ alla destra
Scorie e malumori resteranno, ma il centrodestra dopo giorni di grande affanno riesce a portare a casa l’elezione del presidente del Senato. Con la prima seduta della Camera della XIX legislatura aperta dall’esponente di Italia Viva Ettore Rosato, in quanto ex vicepresidente più anziano, e da Liliana Segre al Senato, si misura infatti ufficialmente la tenuta dalla maggioranza di centrodestra uscita vincitrice dal voto del 25 settembre.
Il voto al Senato
L’accordo più vicino sembrava essere quello sul Senato, dove in pole per l’elezione c’era il ‘colonnello’ di Fratelli d’Italia Ignazio La Russa. Fedelissimo della premier in pectore Giorgia Meloni, su di lui alla fine è arrivato l’ok anche della Lega e di Forza Italia. Il partito di Salvini nel Consiglio federale convocato nel pomeriggio di mercoledì aveva provato a rilanciare la carta Roberto Calderoli, ma oggi è arrivato ufficialmente il passo indietro.
“C’è l’accordo sul nome di La Russa. Volentieri faccio un passo indietro per il bene del paese”, spiega Calderoli entrando questa mattina al Senato proprio per partecipare al voto che sarà presieduto da Liliana Segre, in quanto senatrice più anziana presente in aula (Giorgio Napolitano, che è più vecchio, non ci sarà per ragioni di salute).
Una retromarcia confermata anche dal segretario del Carroccio Matteo Salvini: “Se c’è da fare un passo di lato lo facciamo: vale per il Senato, vale per il governo. Oggi il centrodestra darà mostra di compattezza, lealtà e unità. Calderoli è un grande ma se c’è da fare un passo di lato lo facciamo”, le parole di Salvini ai giornalisti assiepati davanti Palazzo Madama.
A confermare l’accordo trovato nella coalizione le parole dello stesso La Russa, che ha parlato di “grande gesto di generosità di Roberto Calderoli che, come me, forse più di me poteva fare e avrebbe titoli per essere il presidente del Senato”, definendo il passo indietro “un segnale di compattezza del centrodestra”.
Sullo sfondo pesa però l’incognita Forza Italia: Silvio Berlusconi e il partito non sono affatto soddisfatti delle condizioni poste da Giorgia Meloni per l’altra partita, quella dei Ministeri, e potrebbero sfruttare l’occasione per mandare un chiaro segnale alla futura presidente del Consiglio.
Il nodo sarebbe in particolare sulla richiesta del presidente di Forza Italia di vedersi assegnati ministeri come Giustizia e Sviluppo Economico, con quest’ultimo che si occupa di un aspetto chiave per il Cav. come le frequenze tv. Quindi l’altro ‘problema’, ovvero il ministero da assegnare alla fedelissima Licia Ronzulli: per lei l’ex premier ha chiesto un dicastero di peso che però Meloni non vuole garantire.
E il segnale di una crepa fortissima arriva in maniera evidente a Palazzo Madama. Durante la prima chiama dei senatori, per Forza Italia passano sotto il catafalco solamente Berlusconi e la presidente uscente, Elisabetta Casellati. Un voto, quello di Berlusconi, preceduto da un forte diverbio proprio con Ignazio La Russa, che il leader di Forza Italia ha platealmente mandato “a quel paese” dopo aver sbattuto i pugni sul banco.
Poco prima delle 13:30 il termine dello scrutinio da parte di Liliana Segre che annuncia il risultato a sorpresa: per Ignazio La Russa arrivano 116 voti, ben 12 sopra il quorum fissato a 104 e uno in più rispetto alla maggioranza uscita dalle urne, con due schede per la stessa Segre, due a Calderoli e 65 bianche. I conti sono semplici: con i soli Berlusconi e Casellati per Forza Italia a votare passando sotto il catafalco, in un gruppo parlamentare composto da 18 senatori, a esprimere i voti decisivi per La Russa sono stati esponenti dell’opposizione, una ventina sparsi tra Partito Democratico, Movimento 5 Stelle, Azione e Italia Viva.
Con 116 voti, l’Assemblea di #PalazzoMadama ha eletto #PresidentedelSenato il senatore @Ignazio_LaRussa pic.twitter.com/5Wcv7xTF7O
— Senato Repubblica (@SenatoStampa) October 13, 2022
Immediate le reazioni al voto. “Sono lieto per l’elezione di Ignazio La Russa a presidente del Senato della Repubblica. Non solo non ho mai avuto alcuno scontro con lui, ma stiamo collaborando lealmente e in pieno accordo per dare al nostro Paese un assetto istituzionale stabile e un governo forte e coeso”, scrive su Facebook Berlusconi, che proprio con La Russa aveva avuto un clamoroso alterco durante il voto, con Forza Italia che per protesta non ha partecipato alle elezioni come ‘ripicca’ per lo scarso peso del partito nel prossimo esecutivo.
Ma il messaggio più importante arriva in una nota successiva diramata alla stampa, in cui Berlusconi sottolinea che “Forza Italia ha voluto dare un segnale di apertura e collaborazione con il voto del presidente Berlusconi. Ma in una riunione del gruppo di Forza Italia al Senato è emerso un forte disagio per i veti espressi in questi giorni in riferimento alla formazione del governo. Auspichiamo che questi veti vengano superati, dando il via ad una collaborazione leale ed efficace con le altre forze della maggioranza, per ridare rapidamente un governo al Paese“.
Quanto alla ‘responsabilità’ dell’elezione di La Russa con i voti dell’opposizione, Matteo Renzi nega che le preferenze siano arrivate da Italia Viva. “Non siamo stati noi, lo avrei rivendicato con orgoglio. Noi nove abbiamo votato scheda bianca. È chiaro che c’è un regolamento di conti intorno al centrodestra“, ha detto l’ex premier. “Al di là dei numeri non esiste per noi liberali votare un nostalgico del fascismo. Fine“, ha quindi ‘confermato’ l’alleato nel Terzo Polo, il numero uno di Azione Carlo Calenda.
Anche dal Partito Democratico si nega qualsiasi responsabilità sul ‘soccorso’ al centrodestra e all’elezione del neo presidente La Russa: “Irresponsabile oltre ogni limite il comportamento di quei senatori che hanno scelto di aiutare dall’esterno una maggioranza già divisa e in difficoltà. Il voto di oggi al Senato certifica tristemente che una parte dell’opposizione non aspetta altro che entrare in maggioranza“, è l’accusa che arriva dal segretario Enrico Letta.
Il voto alla Camera
Alla Camera invece la convergenza dovrebbe essere su Riccardo Molinari, capogruppo uscente della Lega: il 39enne diventerebbe il secondo più giovane presidente della Camera di sempre dopo Irene Pivetti, anche lei della Lega, che quando fu eletta nel 1994 aveva solo 31 anni. Secondo un retroscena di Repubblica, che cita fonti interne al Carroccio, il partito potrebbe però non puntare su Molinari per la presidenza della Camera: fra le ipotesi sul tavolo Giulia Bongiorno, Nicola Molteni o Lorenzo Fontana, quest’ultimo il favorito del lotto.
Indiscrezione di fatto confermata dallo stesso Salvini, che ha chiesto a Molinari di continuare a svolgere il compito di capogruppo della Lega a Montecitorio. “Gli ho chiesto la disponibilità a proseguire il suo mandato, nonostante avesse tutte le carte in regola per fare il presidente della Camera“, ha spiegato Salvini, secondo cui “Molinari è stato e sarà il miglior capogruppo possibile, ruolo per me politicamente più rilevante per i prossimi cinque anni“.
Ma dopo quanto accaduto al Senato e il rimpallo di responsabilità tra le opposizioni su chi è stato il ‘colpevole’ nel voto in soccorso della destra per l’elezione di Ignazio La Russa, il Partito Democratico starebbe pensando di cambiare strategia a Montecitorio. I Dem potrebbero infatti decidere di mettere in campo un loro nome, un candidato di bandiera per “segnare il voto”, così che nessuno possa tirare in ballo il Nazareno in eventuali preferenze andate in favore della destra.
Quanto ai voti necessari per l’elezione a presidente, alla Camera alla prima votazione è necessaria una maggioranza dei due terzi degli eletti (267 su 400), alla seconda e alla terza dei due terzi dei presenti, dalla quarta in poi la maggioranza assoluta di 201 voti.
Come ampiamente previsto dai voti nell’Aula arrivano solo fumate nere. Nel primo scrutinio i votanti sono stati 391: quattro le preferenze a Molinari, tre a Letta, sei voti ‘dispersi’, dieci nulli e 368 schede bianche, con nessun che dunque raggiunge il quorum fissato a 267. Nel secondo scrutinio i votanti sono stati 388: quattro le preferenze a Letta, tre a Molinari, due voti a Stumpo e sette dispersi, con altrettanti nulli e 356 bianche. Nel terzo scrutinio i votanti sono stati 377: tre le preferenze a Casu, due a Molinari, sette i voti dispersi, otto nulli e 357 bianche.
Per conoscere il nome del prossimo presidente della Camera l’appuntamento, come ampiamente previsto, è rimandato alla quarta votazione prevista venerdì mattina, quando sarà sufficiente la maggioranza assoluta.
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