Far west a Napoli: killer in fuga a piedi dopo le 10 "botte"
Camorra, ‘Tonino’ ucciso dopo aver accompagnato fidanzata e figlio di 2 anni: a settembre un lavoro per lui

E’ tornato a casa intorno alle 2 di notte. Ha prima accompagnato la fidanzata e il figlioletto di due anni fuori al cancello del palazzo, poi è tornato indietro per andare a parcheggiare l’auto in un garage vicino. Lì ad aspettarlo ha trovato i due killer che lo hanno barbaramente ucciso sotto una pioggia di piombo. Questi gli ultimi istanti di vita di Antonio Zarra, detto ‘Tonino’, 25enne con dei precedenti per droga ammazzato la notte del 20 agosto a Pianura, quartiere della periferia occidentale di Napoli dove da mesi le fibrillazioni a colpi di stese, agguati, inseguimenti con spari e, infine, omicidi tra gruppi malavitosi proseguono quasi indisturbate.
Zarra è morto poco dopo il suo arrivo al pronto soccorso dell’ospedale San Paolo dopo essere stato ritrovato agonizzate a bordo della sua Smart di colore bianco. Inizialmente, vuoi anche per l’ora tarda, nessuno si è reso conto dell’agguato di matrice camorristica. C’è chi, come spesso accade negli ultimi tempi, ha associato il rumore degli spari a quello dei fuochi pirotecnici che di frequente vengono esplosi nel quartiere. Poi un passante alla guida di un’auto si è accorto del corpo agonizzante di Tonino lanciando l’allarme. Il giovane, nonostante il fisico robusto, non ce l’ha fatta. Troppi i sette proiettili entrati nel suo corpo. Troppo il sangue perso prima dell’arrivo in ospedale.
I due killer, forse entrambi hanno premuto più volte il grilletto, pensavano di aver portato a termine la missione e sono fuggiti a piedi nelle traversine adiacenti via Jacopo Carrucci, zona dove si è consumato l’agguato e dove nelle vicinanze vive la compagna di Zarra, legata a sua volta a una famiglia che fino a qualche tempo fa gestiva una piccola base di spaccio. Sul posto i carabinieri della Compagnia di Bagnoli, intervenuti intorno alle tre di notte, hanno ritrovato tracce ematiche e ben dieci bossoli calibro 9×21.
I sicari conoscevano i movimenti e le abitudini di Zarra che nonostante i precedenti non era considerato dagli investigatori organico ai gruppi criminali che si contendono il quartiere dopo la fine della quasi ventennale faida tra i Pesce-Marfella e i Mele-Romano. Faida finita grazie soprattutto ai numerosi arresti e all’avvio delle collaborazione con la giustizia di alcuni esponenti apicali dei due clan, legati da vincoli di parentela.
La famiglia di Tonino gestisce (o gestiva fino a qualche tempo fa) una pizzeria-girarrosto in via Montagna Spaccata. Più volte i genitori (negli anni ’90 un parente omonimo di Zarra venne barbaramente ucciso dal clan Lago nel corso dello scontro con i Contino-Varriale) hanno provato a coinvolgere il figlio 25enne nell’attività di famiglia. Inoltre a settembre Zarra avrebbe dovuto trasferirsi a Roma per lavorare come guardia giurata. Una svolta forse decisiva ma che è stata brutalmente interrotta dalla camorra.
Ma perché Zarra è stato ucciso e in modo così efferato?
Le indagini sono in corso, con gli investigatori che stanno ricomponendo il puzzle degli ultimi mesi dove, come detto, le fibrillazioni a Pianura non sono mancate. C’era più di qualche avvisaglia, soprattutto dopo l’agguato avvenuto lo scorso 23 luglio nei confronti di Francesco Divano, e dopo la plateale stesa, avvenuta sabato 17 luglio in pieno giorno (ore 18) in via Cannavino dove ad entrare in azione, a volto scoperto, sono state tre persone: due in sella a uno scooter Tmax e una su una moto. Le telecamere dovrebbero aver ripreso la scena in attesa che le indagini cristallizzino il tutto.
Nel frattempo Zarra potrebbe aver pagato la vicinanza ad alcuni elementi ritenuti contigui ai gruppi malavitosi presenti oltre a un affronto avvenuto nelle ore precedenti l’agguato mortale. Al vaglio le sue frequentazioni sia con esponenti della famiglia di Vitale Perfetto (42enne elemento apicale del clan Pesce-Marfella arrestato per omicidio nel 2017) che con alcune persone legate al gruppo Calone (che ha raccolto l’eredità lasciata dal clan Mele-Romano), attivo principalmente tra via Napoli e via Monti, zona dove “ricade” la strada dell’agguato.
L’allarme lanciato più volte dai cittadini?
Dopo l’ennesima stesa andata in scena lo scorso 16 giugno nell’ex fortino dei Pesce-Marfella in via Evangelista Torricelli (13 le “botte” esplose), i residenti lanciarono, inutilmente, un grido d’allarme: “Viviamo nel terrore, non ce la facciamo più: qui si spara sempre più spesso, anche davanti ai bambini”. Tensioni e passerelle per le strade del quartiere con armi in bella mostra ad opera di ragazzi poco più che ventenni. Episodio che sono quasi all’ordine del giorno.
Il far west di aprile: inseguimento e spari tra auto
Lo scorso 28 aprile, poco dopo le 23 (in pieno coprifuoco per l’emergenza pandemia), si registrò un inseguimento con spari tra due auto. Sul posto gli agenti recuperarono 11 bossoli tutti dello stesso calibro (9×21) trovati tra via Ferrante d’Aragona e via Russolillo. Fori di proiettili anche contro una saracinesca di un negozio e contro un’auto parcheggiata in strada.
Lo scontro Calone-Carillo
A Pianura è in atto uno scontro tra due opposte fazioni. Da una parte ci sarebbe il gruppo guidato da Antonio Calone, scarcerato da oltre due anni e attivo principalmente nella zona di via Napoli ma con ramificazioni anche nell’ex fortino dei Pesce in via Torricelli dove gestisce una fiorente piazza di spaccio insieme alla famiglia di Salvatore D’Anna.
Dall’altra ci sarebbero i reduci del vecchio clan. A guidare il gruppo (che dovrebbe essere supportato anche dalla famiglia Perfetto) Antonio Carillo, 29 anni, già ferito in un agguato lo scorso dicembre sempre nella zona delle case popolari comprese tra via Cannavino e la stessa via Torricelli. Tra dicembre e gennaio scorso sono stati inoltre feriti a colpi d’arma da fuoco altri due pregiudicati: Lorenzo Rossetti e Amedeo D’Aiello. Tutti hanno riferito versioni non convincenti, ovvero quella di aver subito un tentativo di rapina finito male.
La scarcerazione eccellente
Vincenzo Mele, detto ‘o Lattaro, è stato scarcerato da diversi mesi dopo quasi venti anni di carcere. E’ il papà di Luigi Mele ucciso in un agguato, presumibilmente firmato dal clan Pesce-Marfella, il 29 agosto 2014 a Pianura e sul quale non è stata fatta ancora luce dagli investigatori. Il suo ritorno in libertà dopo anni di carcere vissuti in silenzio (a differenza degli ultimi ras che sono passati dalla parte dello Stato) è stato accolto positivamente dalle vecchie famiglie camorristiche presenti in città anche se al momento Mele risulterebbe estraneo alle fibrillazioni in corso negli ultimi mesi.
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