La difficile strada verso l'innovazione
Campania, 1 famiglia su 4 senza internet: impossibile dad e smart working
Smart working, didattica a distanza, pc e tablet sono termini ricorrenti in questa fase della pandemia. Ma la Campania dispone di un’adeguata rete internet per supportare i nuovi modi di lavorare e di fare lezione? Non proprio. Secondo Openpolis il 26,70% delle famiglie campane non dispone di un accesso a internet da casa e la Campania è la regione con più famiglie che rinunciano alla connessione a causa dei costi elevati. Il 14,3% delle famiglie senza internet indica come motivo i costi degli strumenti necessari per connettersi come pc, tablet e modem; il 17,5 (dato che non va sommato al precedente, perché si tratta in larga misura delle stesse famiglie) indica invece i costi di connessione. A fronte di una media nazionale del 76,1% di famiglie connesse, restano indietro soprattutto le regioni del Sud con la Calabria in fondo alla classifica (67,3%) e il Trentino in cima (81%). La Campania, quindi, non è posizionata malissimo. Non si può ignorare, comunque, come una famiglia su quattro non possa connettersi dalla propria abitazione: questo vuol dire che il divario digitale si sovrappone e amplifica le disuguaglianze sociali ed economiche esistenti.
Ma come mai non c’è una copertura di rete omogenea su tutto il territorio? «Il problema della mancanza di infrastrutture – spiega Giorgio Ventre, direttore della Apple Academy di San Giovanni a Teduccio – è dovuto alla presenza di zone della regione definite “nere”, cioè quelle nelle quali non ci sono problemi di connessione perché i gestori telefonici privati si scontrano con altri competitor per installare gli impianti per la connessione in modo tale da rispondere a una domanda che è molto forte, magari in ragione della presenza di aziende e uffici. Qui Stato e Regione, sicuri dell’intervento dei privati, non mettono in campo investimenti pubblici». Ci sono, però, altre zone che fanno meno gola ai privati e che, di conseguenza, restano prive di copertura di rete. «In queste aree – continua Ventre – sono Stato e Regione che devono pensare a installare gli impianti per la connessione. La Campania ha stanziato dei fondi proprio per estendere la connessione e la banda larga a tutto il territorio e, contemporaneamente, anche il Governo ha ripreso un progetto fermo da anni e ora sta lavorando in questa direzione. Tra un anno tutti dovrebbero avere la connessione a internet». Nel frattempo, però, migliaia di bambini e adolescenti campani dovranno arrangiarsi per poter accedere alla didattica a distanza.
Il problema infrastrutturale non sembra essere l’unico ostacolo. Sempre secondo Openpolis il 55% delle famiglie del Sud ha spiegato di non aver internet perché nessuno, all’interno del nucleo familiare, è in grado di utilizzare il pc e gestire la connessione. «Il mancato accesso a internet e l’utilizzo improprio che se ne fa – spiega Fernando Sarracino, professore associato di Didattica al Suor Orsola Benincasa – è dovuto alle scarse competenze digitali che hanno famiglie e docenti. Il problema infrastrutturale e conoscitivo fa venire fuori tutte le difficoltà della didattica a distanza (Dad)». Qual è il problema principale della Dad?
«Sono due i motivi per i quali la Dad, com’è adesso, serve a poco o nulla – aggiunge Sarracino – Il primo è che gli insegnanti non sono abituati a progettare una lezione, ad averla in mente e a prevedere le eventuali esigenze della classe. La didattica in presenza ti consente di aggiustare il tiro durante la lezione, per quella a distanza serve invece un percorso disegnato precedentemente. Il secondo motivo – continua Sarracino – è che abbiamo pensato che la Dad non fosse altro che la didattica in presenza fatta a distanza: un grave errore. Si deve pensare a questo nuovo modo di insegnare come a una cosa totalmente diversa e lavorare per una didattica collaborativa tra i ragazzi che non vuol dire solo dare loro delle cose da fare, ma agevolarli per indurli a lavorare insieme. Come? Utilizzando i social, per esempio». Non solo: «Bisogna insegnare una metodologia nuova ai docenti – conclude Sarracino – e mettere i ragazzi in condizione di imparare, soprattutto quelli che hanno più difficoltà a connettersi a internet e ad appresnere. Altrimenti la nostra sarà sempre una scuola che serve a chi non ne ha bisogno».
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