Il progetto di ripresa annunciato dal governatore Vincenzo De Luca è lungo e complesso, anche se sanità ed economia sono in affanno da settimane. Dopo aver acquistato a destra e manca kit rapidi – pagando finora oltre 5 milioni di euro – per individuare un’eventuale positività al Coronavirus, il presidente della Regione propone uno screening di massa con tamponi orofaringei. Li chiedono da tempo i cittadini sintomatici costretti ad aspettare per giorni l’arrivo a casa di una squadretta di tecnici con il lungo cotton-fioc.
Comincia così la ricerca del Covid, ma l’avventura non finisce qui perché i tempi di arrivo della risposta restano un punto interrogativo. Lo screening ipotizzato dal governatore richiede tempi lunghi, addirittura anni: l’operazione è suddivisa in tappe e per i tamponi si ipotizza una media giornaliera di 3mila accertamenti. Se i numeri sono questi, ecco 93mila campioni al mese e circa un milione e 100mila verifiche per anno. Bene, con questa premessa, l’operazione che prenderà il via tra qualche giorno potrebbe concludersi tra il 2024 e il 2025. Sempre che il mercato sia in grado di mettere a disposizione della Campania tamponi e reagenti. Sull’acquisto del kit rapido storce il naso Giulio Tarro, premiato dal Pnas Usa (Proceedings of the National Academy of Scienses) come miglior virologo dell’anno: “Conosco un kit rapido prodotto dai cinesi e venduto dagli israeliani che permette di individuare gli anticorpi, compresi quelli del Coronavirus.
. Quelli acquistati dalla Regione hanno sicuramente la loro autorizzazione al commercio. Ma non so nulla sulla loro affidabilità”. Dalla task force regionale erano state lasciate fuori la porta tutte le categorie convenzionate. Quando si sono resi conto della carenza di posti letto, il portone si è spalancato davanti all’associazione delle case di cura e, poco dopo, hanno fatto entrare anche quelle gestite dai religiosi. Con toni duri il governatore ripete ai cittadini il “Restate a casa”, molto simile al “Ce la faremo” del Governo nazionale. Diretta da Corrado Cuccurullo, la Soresa ha formulato a inizio aprile una manifestazione di interesse che sembrava costruita su misura per accontentare qualche laboratorio. Polemiche, attenzione della Procura e della Guardia di Finanza e un rapido ripensamento: chi ci potrà aiutare non dovrà più garantire la lettura di 500 tamponi al giorno, ne basteranno 200.
Stavolta tempi lunghi per partecipare e possibile disco verde ai laboratori convenzionati. Con tanti consulenti e tecnici intorno al tavolo della task force, per due mesi mascherine, camici, calzari e visiere in Campania sono diventati preziosi e introvabili. Il ritardo nel far partire lo screening di massa ci propone ospedali (50 contagiati a Pozzuoli nel Santa Maria delle Grazie, positivi nel Cto, nel Monaldi, nel Cardarelli) e ospizi in tutta la Regione con numeri spaventosi di positivi e, purtroppo, di deceduti. “Io sono per i numeri. Se la Regione prevede 3mila tamponi al giorno lo screening di massa richiede anni. Oggi c’è un test ematologico riconosciuto per la prova degli anticorpi – spiega Tarro – che individua le immunoglobuline precoci e quelle più tardive. La Cina ha finalmente pubblicato i risultati della terapia dei convalescenti il cui sangue, dopo un doppio tampone negativo, viene prelevato per somministrarlo a chi è colpito dal Coronavirus. Non è una novità perché questa cura è stata molto usata in passato per le gammaglobuline del tetano.
Una cosa del genere rappresenta una terapia efficace, si taglia la testa al toro. Ma non si guadagna”. Dai triage telefonici i medici di medicina generale dovrebbero sottoscrivere la settimana prossima l’accordo per cominciare le visite a casa. Avranno camici, guanti e mascherine, viaggeranno con i camper dell’Asl, con auto dell’azienda sanitaria o con la propria. Il posto in cui cambiarsi è nell’Elena d’Aosta, più su del Museo Nazionale.
Per ogni visita i medici dovranno vestirsi e svestirsi. E, se andranno in giro con la propria macchina, dovranno sanificarla. Non si sa in che luogo e con che cosa. Nella prossima settimana, alla ripresa del confronto con la task force, si capirà anche dove dovranno essere smaltiti i camici contaminati. Forse nella pattumiera di casa?