Niente panico, anche perché poi si tratta di soli dieci giorni di chiusura. La dirigente scolastica del complesso Alpi Levi di Scampia, a Napoli, Rosalba Rotondo commenta così l’ordinanza della Regione Campania che ha sospeso la didattica in presenza da oggi fino al 30 ottobre. “Innanzitutto bisogna chiarire i termini – precisa – le scuole non chiudono: si continua a fare lezione con la didattica a distanza e le segreterie restano attive. C’è anche la possibilità di usufruire degli spazi, e della connessione, qualora fosse necessario, per ospitare i professori”.

Quella di Rotundo è una voce fuori dal coro, considerando le numerose critiche che l’ordinanza ha scatenato tra i genitori degli alunni e a livello governativo. La ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina ha definito la decisione del Presidente Vincenzo De Luca come un “accanimento” nei confronti della scuola. La preside chiarisce che solo chi vive dall’interno la situazione può rendersi conto di ciò che sta succedendo. E che anche in quel caso può parlare solo in base alla sua realtà scolastica. Gli alunni positivi all’Alpi Levi, dice, sono stati otto. Più alcuni casi tra docenti e staff scolastico. Palazzo Santa Lucia ha fatto sapere che sono stati 550 (secondo i dati delle Asl Napoli 1, 2 e 3) i casi connessi alle scuole nel capoluogo campano. I positivi tra gli studenti, ha detto al Foglio la ministra Azzolina, su base nazionale non arrivano allo 0,1%. I dati del bollettino di ieri – 1.127 positivi e 9 morti – hanno portato comunque De Luca a optare per la sospensione della didattica in presenza.

“Noi procediamo a fatica e le verifiche non sono agili – racconta Rotondo – Quando è emerso il primo caso è stato difficile, anche se avevo fatto fare nove ore di corso covid ai docenti. Poi grazie a Erminio Somma dell’Asl Napoli1 abbiamo recuperato. Ma le Asl hanno dei protocolli che non sono univoci: in alcuni casi prescrivono la quarantena solo in caso di contratto stretto, in altre scuole hanno messo tutta la classe in quarantena”. Secondo la circolare del 9 marzo è considerato contatto stretto “una persona che si è trovata in un ambiente chiuso (ad esempio aula, sala riunioni, sala d’attesa dell’ospedale) con un caso COVID-19 in assenza di DPI idonei”. Per i docenti, spiega la preside, ha disposto delle dichiarazioni scritte nelle quali si possono dichiarare tre eventualità: di essere stati a stretto contatto con l’alunno positivo, di non essere stati a contatto, di non averne la certezza (e quindi anche in quel caso va osservato l’isolamento).

Quindi Rotondo crede sia “meglio fermarsi un attimo, anche per capire cosa succede con l’abbassamento delle temperature, e quindi decidere in itinere e approfittare per rivedere i protocolli delle Asl, che non sono unanimi, e potenziare i controlli anche nel perimetro della scuola”. Si deve poi tenere presente che quando si parla di positivi vanno considerati i contatti con la classe, con la famiglia, e quindi considerare anche degli ambienti spesso promiscui, viziati spesso da un’elevata densità abitativa che concorre ad aumentare il rischio contagio. “Ho fiducia nella DAD, importante anche a livello di sostegno psicologico per gli studenti, che hanno bisogno del sorriso dei docenti. Noi ci siamo organizzati acquistando con i soldi del ministero altri dispositivi che possiamo dare in comodato d’uso agli alunni. Non c’è paragone, ovviamente, con la didattica in presenza. Ma se scoppiasse un conflitto, a volte mi dico, forse non funzionerebbero nemmeno i computer. Durante la seconda guerra mondiale mica avevano questa opportunità”.

Redazione

Autore