L'opinione
Campo largo, il cambio di Matteo Renzi che ha disorientato i territori: prima delle alleanze bisogna costruire un’identità
Le elezioni europee dell’8 e 9 giugno scorso ci consegnano un paese che ha scelto di nuovo di polarizzarsi tra una destra sovranista e una sinistra populista, tutto ciò frutto delle dolorose divisioni dei protagonisti di quel Terzo Polo che si presentò alle elezioni politiche del 2022. Quel Terzo Polo che ha rappresentato e rappresenta tuttora per molti una speranza. Le responsabilità di questo fallimento vanno chiaramente suddivise e soppesate nella giusta misura. Sicuramente ad averne di più è colui il quale ha guidato quella compagine ossia Carlo Calenda, quando nell’aprile 2023 ha deciso di rompere inspiegabilmente, attraverso un comunicato stampa, quel progetto politico, tracciando una strada tortuosa ed in salita per l’appuntamento delle elezioni europee svolte ormai quasi due mesi fa.
Parallelamente però, sono stati commessi degli errori, certamente di minor entità, dall’altro partito di riferimento. Ciò nonostante, vada riconosciuto ad Italia Viva e a Matteo Renzi lo sforzo di aver cercato di facilitare un percorso comune, che è stato fatto fino al mese precedente. A tal proposito andranno sempre ringraziati di vero cuore Emma Bonino e la comunità politica di Più Europa, che hanno cercato da figure terze, di promuovere una convention aperta a tutti i liberali e riformisti italiani, con lo scopo di superare i veti ed i rancori personali in nome di un nobile progetto: gli Stati Uniti d’Europa. Da oltre una settimana anche nel mio partito, Italia Viva, si sono create delle situazioni assolutamente incredibili che fatico a comprendere. Tutto ha inizio quando qualche giorno dopo la dolorosa disfatta dell’appuntamento elettorale di giugno, Matteo Renzi in un primo momento comunica di voler facilitare un percorso congressuale straordinario da effettuare in autunno riaprendo il tesseramento.
Il cambio d’idea
Al congresso, Italia Viva, giustamente, avrebbe dovuto scegliere e discutere al proprio interno quale strada percorrere, ovvero se formare una Margherita 2.0 con lo scopo di rientrare nel campo del centrosinistra o se riproporre sotto una diversa forma un nuovo Terzo Polo con un terzo nome, che avrebbe chiaramente dovuto escludere oggettivamente dalla contesa sia Renzi che Calenda. Chiariti questi aspetti, vengo alle perplessità che ho da una decina di giorni in merito a questo cambio di idea così inaspettato ed allo stesso tempo sorprendente di Matteo Renzi, che ha portato a disorientamenti vari in tutto il partito sui territori. Fatico come tanti altri a dover digerire un cambio di linea radicale del partito verso l’alleanza col campo largo senza poter avere la possibilità di poterne discutere in un congresso aperto che coinvolga la base. Una decisione così grande, dal mio punto di vista, non può e non deve essere delegata ad una Assemblea come se dovesse decidere di appoggiare o meno un governo di scopo o di emergenza. Le alleanze si effettuano se ci sono punti in comune con gli interlocutori. Come può Italia Viva accettare di allearsi a cuor leggero con chi critica e vorrebbe cancellare misure come il Jobs Act, misura che ha portato oltre un milione di posti di lavoro come i dati testimoniano? Mi preme ricordare che tra i promotori della raccolta firme per abolire il Jobs Act da parte della Cgil c’è la segretaria del Pd Elly Schlein.
Come può il nostro partito accettare alleanze con chi introdusse il Reddito di Cittadinanza con i risultati negativi che ne sono conseguiti? Come può Italia Viva convivere in una coalizione che in politica estera è divisa tra chi ha posizioni anti Israele o addirittura è ambiguo sulla posizione da assumere nel conflitto mediorientale come nel conflitto Russia-Ucraina? Le distanze, come si può evincere, non sono né poche e né, soprattutto, di poco conto. Un progetto politico credibile si basa sui temi. Ha ragione Luigi Marattin a sollevare queste importanti questioni all’interno del nostro partito. Mi auguro che sia data la possibilità a questa comunità di poter discutere veramente di politica in modo leale, aperto e trasparente. La lealtà è la forma più nobile per convivere nella stessa comunità politica.
Il progetto di Marattin
Il progetto politico che Luigi Marattin sta portando avanti insieme ad Enrico Costa di Azione spiega con i fatti che questa area non può rimanere divisa per questioni personali. Non c’è mezzo indizio a livello tematico per il quale questa area non debba formare un unico soggetto politico, superando tutti gli attuali partiti che la compongono. Un piccolo segnale che va in questa direzione lo ha dato anche Enrico Costa stesso rassegnando le dimissioni da vicesegretario di Azione, dimostrando che le idee valgono più dei veti e dei rancori personali. Per questi motivi auspico che Italia Viva compia un ennesimo passo in avanti, che dica grazie al passato, aggiungo io remoto, e sì al futuro. Un futuro che abbia come obiettivo la costruzione di un soggetto unico autonomo, che abbia una propria e forte identità politica e che soltanto dopo potrà scegliere, se lo riterrà opportuno, di effettuare delle alleanze nelle future elezioni solo in base alla possibile compatibilità sui temi.
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