La guerra alla canapa
Cannabis light, una filiera italiana da 150 milioni di euro in fumo per colpa delle battaglie ideologiche del governo Meloni
Nella notte, in commissione Affari Sociali e Giustizia alla Camera il governo ha approvato un emendamento al ddl Sicurezza che vieterebbe la commercializzazione dei fiori di canapa, solo perché in Italia viene comunemente chiamato “Cannabis Light”. Anche se di psicotropo e/o stupefacente non ha nulla. Parliamo ovviamente di un prodotto innocuo, totalmente legale e regolamentato nella maggior parte dei paesi europei e non. Una sorta di camomilla o, meglio, una sorte di birra analcolica. Avete presente quelle confezioni colorate che spesso si vedono esposte in tabaccheria? Vendute ovviamente alla luce del sole, con regolare scontrino? Ecco, sono proprio quelle a cui il governo Meloni sta facendo la guerra.
Dietro c’è una filiera agricola totalmente italiana, nata alla fine del 2016 e che oggi vale circa 150 milioni di euro di indotto e vanta quasi 15mila operatori in tutta Italia, per lo più sotto i trent’anni. Parliamo quindi di un settore che oltre ad essere riuscito a fare avvicinare i giovani all’agricoltura del nostro paese è anche riuscito ad aumentarne l’occupazione. In Italia ci sono circa 2 milioni di consumatori e i dati di settore evidenziano come questo prodotto sia utilizzato per oltre il 90% da chi ha più di trent’anni e sta provando a smettere di fumare la Cannabis “vera”. Oppure da ex consumatori di Cannabis, sempre quella vera, che non vogliono rinunciare al momento di relax la sera, alla gestualità o al gusto. Sostanzialmente se all’inizio la Cannabis light fosse stata commercializzata semplicemente come “fiore di canapa”, tali discussioni probabilmente non sarebbero mai nate e il mercato si sarebbe sviluppato al meglio.
Ma il governo di centrodestra ama le battaglie ideologiche, anche se fatte sulla pelle di migliaia di giovani imprenditori italiani. Quindi, invece di regolamentare la Cannabis light, per tutelare consumatori e operatori, il governo la vieta, senza alcun pensiero riferito alle 3mila aziende italiane e le 15mila famiglie degli operatori. Senza alcun confronto con Coldiretti, Confagricoltura, Adm o le varie associazioni di settore. È stato deciso che questo fiore, senza alcuna ragione scientifica, è sostanza stupefacente, droga. Senza se e senza ma. E chissene frega se – come in questo caso – gli altri Stati membri, la Corte di Giustizia europea, l’Organizzazione Mondiale della Sanità e anche i nostri migliori studi di ricerca come Eurispes, dicono e fanno il contrario. Chissenefrega se, addirittura, molti altri paesi aprono alla legalizzazione della Cannabis con Thc, come hanno fatto Svizzera e Germania. Evidentemente le nostre battaglie ideologiche interne valgono più del futuro del nostro paese, delle nostre filiere agricole e dei nostri imprenditori.
Questo è ciò che accade quando l’ideologia prende il sopravvento sulla politica, quando il populismo vince sui dati oggettivi. Non credo che il governo sia così incapace da pensare che con tale emendamento improvvisamente i 2 milioni di consumatori spariscono nel nulla. Credo sappia che chi ha finora fatto uso di Cannabis light la ricercherebbe nel mercato illegale, costretto ad avere a che fare con spacciatori che in tasca avranno altre sostanze, realmente psicotrope e droganti. La soluzione potrà essere quella proposta in questi anni dal centrosinistra? Probabilmente no, la politica è mediazione e se non avessimo la capacità di capirlo non faremmo altro che alimentare questa battaglia ideologica.
A mio parere la giusta soluzione tra una destra che vorrebbe vietare tutto e una sinistra che vorrebbe legalizzare tutto, sarebbe quella di fare decidere e, nel caso, regolamentare il settore, l’Agenzia Dogane e Monopoli. Braccio del Ministero delle Finanze, super partes, da sempre si occupa nel nostro paese dei prodotti da fumo e alternativi. Un’istituzione che avrebbe la competenza di valutare cosa fare di questo settore e in che modo. Adm è infatti l’Agenzia che traccia e monitora tutto il settore tabacchi e simili, tramite i negozi statali (tabaccherie) e licenze di vendita (negozi di sigarette elettroniche). Ad esempio, un modello da prendere come riferimento in termini regolatori potrebbe essere quello utilizzato per i liquidi da inalazione delle sigarette elettroniche, una nuova fetta di mercato, pure nata con criticità. Questo permetterebbe di tracciare ogni singola confezione e controllare la liceità di tutti i prodotti, tutelando al meglio i consumatori e l’intera catena produttiva. Mi auguro che il governo non voglia distruggere una filiera totalmente italiana per appaltare gratuitamente un mercato di 150 milioni di euro alla criminalità organizzata. Prima gli italiani, dicevano. Forse quelli che delinquono?
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