Caos a 5 Stelle, attivisti invocano Rousseau: “Rivotiamo su governo Draghi e su Crimi”

Gli attivisti del Movimento 5 Stelle non ci stanno, la scottatura brucia ancora e il governo Draghi non va giù. Un gruppo di grillini ha lanciato un appello al Capo Politico Vito Crimi e al Garante del Movimento Beppe Grillo per tornare a votare sulla piattaforma Rousseau, a nemmeno una settimana dalla consultazione che aveva dato l’ok a Mario Draghi.

La petizione gira online tra la base. Una sessantina le firme degli iscritti. L’appello viene lanciato “al Capo Politico pro tempore o in sua vece al Garante” per chiedere l’immediata apertura di una discussione su Rousseau per poter valutare nelle prossime ore, tra l’altro, sull'”immediata nuova consultazione, che ponga gli iscritti nella possibilità di esprimersi sulla base di un quesito onesto, sincero, veritiero e reale sul ruolo del Movimento 5 Stelle nel Governo Draghi, e quindi una chiara espressione di voto degli iscritti, tale da consentire ai Portavoce nazionali di non avere dubbi sull’indirizzo politico dell’Assemblea al quale uniformarsi”.

Tra i firmatari anche parlamentari come Barbara Lezzi – ex ministra per il Sud del primo governo Conte, tra i principali esponenti del “No” al governo – e Luisa Angrisani, Bianca Laura Granato e portavoce locali come Francesca De Vito e Maria Muscarà. La stessa Lezzi era stata tra i primi a criticare, subito dopo la formazione del governo, il dicastero della Transizione Ecologica, affidato al fisico Roberto Cingolani, non corrispondente all’idea che a suo dire aveva proposto Beppe Grillo.

Nell’appello si chiede inoltre di votare su Rousseau anche sulle “responsabilità personali dell’attuale Capo Politico pro tempore e del Comitato di Garanzia per l’avallo di una consultazione ingannevole, che rischia di incidere in modo importante sulla nostra azione politica e sulla nostra compattezza”. La petizione chiede che sia messo ai voti il loro “immediato sollevamento dagli incarichi e la sospensione preventiva, in attesa degli esiti delle procedure disciplinari a loro carico, per tutte le gravi conseguenze causate dal loro comportamento  e contrarie allo Statuto“. Vengono quindi messi in discussione la trasparenza della piattaforma, la chiarezza del quesito che già aveva suscitato polemiche, il ruolo di Vito Crimi e quello del Comitato di Garanzia.

Sanguina ancora il Movimento. La spaccatura, la settimana scorsa, dopo il 59,3% di “Sì”, il 40,7% di “No”. Luigi Di Maio aveva esultato: “Abbiamo scelto il coraggio e la via europea”. Il Presidente della Camera Roberto Fico aveva osservato: “L’apertura di una nuova fase”. E poi la doccia fredda: la decisione, del pasionario a 5 Stelle Alessandro Di Battista, di lasciare il Movimento. “Non posso andare contro la mia coscienza, è stata una bellissima storia di amore fatta di battaglie vinte e alcune disattese ma da ora in poi non parlerò più a nome del M5s perché quest’ultimo non parla a nome mio. E dunque non posso fare altro che farmi da parte”. Una ferita ancora aperta. Domani e dopodomani il governo Draghi alla prova della fiducia in Parlamento, prima al Senato e poi alla Camera.

Altri attriti erano stati scatenati da Davide Casaleggio, che volendo mediare tra l’ala governista e quella dei dissidenti ha generato ulteriori tumulti interni. Il figlio del co-fondatore Gianroberto, presidente di Rousseau, aveva lanciato un appello all’astensione ai parlamentari ribelli, intenzionati a non votare sì al governo dell’ex Bce. “Credo sia importante in questo momento lavorare per la massima serenità di tutti nel rispetto di regole e principi che ci siamo dati. Per questo motivo, auspico che chi sente il disagio nel sostenere questo Governo percorra la scelta della astensione”, aveva scritto su Facebook. Un’indicazione di voto percepita come un’ingerenza dai cosiddetti “dissidenti”, alcuni avevano suggerito di “staccare la spina” a Roussea.