Faccio come suggeriva Socrate, e prendo me stesso come misura. Il racconto della mia vita di giornalista e politico è scaturito come sequenza e conseguenza di imprevedibili paradossi che sono verità che nessuno si sarebbe aspettato. Fu così che a mia insaputa, sicuro di essere un uomo di sinistra, mi sono ritrovato per forza di eventi, persone, bugie, coperture e scoperte, uomo di destra. Che non vuole dire niente.

Quale destra? Non quella fascista autoritaria e antiborghese che negava libero mercato, spediva i figli dei contadini a scuola e alle colonie, ma mi sono ritrovato per forza di cose (scoprendo di esserlo già prima di averlo scoperto) nello stesso girone di una fetta di italiani che erano più o meno socialisti e avevano avuto un amore inconfessato e perverso con la rivoluzione russa e poi quella cubana, poi stritolati dalle evidenze della storia ma vedendo molti che resistevano davanti alle evidenze e restavano ciò che erano sempre stati, sordi e muti, e per questo autocertificandosi come coerenti.

E oggi? Oggi arrivano importanti novità ma dal destino ancora oscuro: ecco s’avanza uno strano soldato, non viene dall’Oriente e non monta destrier: infatti non è la Guardia Rossa ma il vecchio che avanza: la politica come entità indipendente dalla realtà e dall’ideologia, ove mai ce ne fosse una. La politichetta politicante è un’artigianalità che ho osservato con orrore senza mai capirla sia da giornalista che nei tredici anni trascorsi in Parlamento. Consiste nel tramare disequilibri, capire chi sta con chi e a quale prezzo, esercitando pressioni, ricatti, pedaggi, per dichiarare la propria esistenza in vita. Questi comportamenti siamo abituati anche sui giornali a considerarli politica benché non abbiano a che vedere con il bene comune. In questi giorni vediamo questa politica politicante adagiarsi su un campo di comuni condivisioni di affermazioni idiote fra cui quella secondo cui il vaccino potrebbe far male e che comunque vada difesa la libertà di non volerlo ricevere, conservando il diritto di circolare, baciare, stiparsi in balere e ballare emettendo fluidi e intense nubi biologiche, senza che nessuno però gli rompa i coglioni o imponga il Green Pass.

È stato così possibile radunare, organizzare e mantenere sottovuoto mentale spinto molte persone che non hanno la più pallida idea di che cosa sia il concetto e la parola libertà, radunarsi nelle piazze imbandierati e spiritati gridando proprio quella parola: libertà. Che, nel caso specifico significa: a me della tua libertà di vivere non importa nulla e guai a te se ti permetti di infilarmi aghi. Chi l’ha spiegato meglio è stato proprio Daniele Capezzone sulla Verità per darci la sveglia liberale e anche per assicurarci del fatto che lui legge in lingua inglese dal Wall Street Journal al Times allo Spectator. Il tema è attuale perché il caso del Regno Unito è davvero aperto e ha un gran peso anche perché l’Inghilterra è la madre di tutte le democrazie grazie alla sua rivoluzione del 1688. L’altra l’hanno fatta gli americani realizzando addirittura una Repubblica democratica, cosa che provocò enorme inquietudine. Fu per placare quell’inquietudine che i padri fondatori concepirono la moglie del loro Presidente come una regina: la First Lady non è una moglie: ha caratteristiche costituzionali autonome. Il messaggio che gli americani mandavano ai preoccupati europei era: anche noi abbiamo un re e una regina, ma rinnovabili ogni quattro anni. Boris Johnson, primo ministro inglese conservatore e liberale, ha deliziato i liberal conservatori di casa sua più di Daniele Capezzone a casa nostra, perché ha detto che gli abitanti del Regno Unito non sanno che farsene del Green Pass dal momento che stanno benissimo: il capitolo Covid è chiuso, la vita torna aperta.

Quale può essere la considerazione di fronte a una tale dichiarazione? Boris Johnson ha ragione, perché in Inghilterra sono praticamente tutti vaccinati e il virus è di fatto sconfitto; oppure Boris Johnson è un pazzo furioso che nel nome della libertà e nel conservatorismo liberale ha deciso di fregarsene di quel che decidiamo noi in Europa quando chiediamo e ormai imponiamo il Green Pass come prova della vaccinazione subita come un tatuaggio da lager. Dunque, Johnson ha fatto bene a dire quel che ha detto perché gli inglesi hanno fatto quel che fecero i loro padri nel 1940 quando disciplinatamente reagirono ai bombardamenti della Luftwaffe sulla loro isola e Winston Churchill poteva ringhiare la sua famosa invettiva: «Combatteremo sulle spiagge, combatteremo sulle teste di ponte, combatteremo nei campi e nelle strade, combatteremo sulle colline, noi non ci arrenderemo mai». Boris Johnson, pochi lo ricordano, è nato negli Stati Uniti d’America, tecnicamente è americano.

Diventò tuttavia britannico da piccolo e il suo accento dimostra che ha studiato come Capezzone a Eton e Oxford. Ha anche scritto una famosa biografia di Winston Churchill che presentò a Georgetown, dove andai, in cui ricordava che tutte le parole della frase di Churchill, sono tutte anglosassoni tranne “surrender”, arrendersi, che viene dal francese perché non esiste nella lingua di Shakespeare. Stiamo per caso sostenendo in modo odioso che gli anglosassoni sono diversi da noi? La mia opinione per quel che vale è sì: sono diversi. Civicamente parlando di gran lunga migliori. Più conservatori e liberali di Capezzone, gli inglesi si sono fatti il loro AstraZeneca e se lo sono inoculato tutti senza batter ciglio. Noi, oltre a battere ciglio trattando i frutti della genialità altrui con schizzinosa alterigia, blateriamo di miscugli e pozioni anti-pidocchi per maiali in appositi convegni al Senato della Repubblica. Eppure, sopravviviamo grazie ai vaccini preparati nell’epoca di Donald Trump (che sperava di mettersi grazie ad essi al sicuro alle elezioni) e grazie al vaccino inglese.

Quale sarebbe dunque il dilemma? Fare come Boris Johnson che rifiuta il Green Pass perché non ce n’è bisogno? Da notare che la maggior parte degli inglesi sono immunizzati e stanno per ricevere la terza dose insieme agli adolescenti, tutti in fila e sorridenti. Chi vuole, può andare ad Hyde Park, salire su uno sgabello e annunciare al mondo che il vaccino è una broda con cui la Spectre intende sterminare parte dell’umanità. Ma il Regno Unito, così come gli Stati Uniti, l’Australia la Nuova Zelanda il Canada, con i loro ininfluenti no-vax quasi tutti morti per Covid, fanno quello che va fatto in nome della democrazia, della libertà di vivere e della disciplina cui si sottomettono a un governo, il quale a sua volta sa di dover dipendere in futuro dal loro voto. Quella cosa lì, si chiama democrazia. Le speculazioni in Italia oggi dimostrano che ideologia è una parola che non ha mai avito robusti contenuti salvo quelli nell’imminente rivoluzione salvifica, ultima delle quali – in forma di pagliacciata – dei grillini pentastellati.

Adesso assistiamo al raggrumarsi di uno gruppetto che va dai fascisti di Casa Pound e simili, a personaggi pittoreschi come Borghi e Bagnai che non hanno mai azzeccato una previsione, fino al Salvini dimezzato che cerca di trattenere per la giacca la Meloni mentre viene tirato in direzione opposta dal suo ministro Giorgetti, diventato draghista di prima classe con tre pennacchi e bastone da maresciallo nello zaino. E che è politica, questa? Questa è pura merdina italiana. Ma a questa merdina italiana cui dobbiamo il gioco della paralisi che ci ha anche regalato il fascismo è argomento di dibattito. Ci sembra che solo Berlusconi – in risalita – abbia avuto il fegato di rilanciare la politica come programma di idee, perché gli altri non sanno che pesci prendere: chi vuole acchiappare un profugo, chi un omofobo. Ma con una variante in più: il leaderismo di Draghi che sembra il generale Douglas McArthur, che marcia a tappe forzate – l’aria cattiva benché sorridente – sul cammino che ha tracciato. Questo elemento, la leadership al governo, fa impazzire i carovanieri della palude che non trovano più i loro mercati e gridano – con l’aiuto dell’ospite televisivo Cacciari e di vecchie giornaliste – alla libertà perduta. Questo ci sembra, in maniera rozza e ignorante, ci perdonerà il colto Capezzone, lo stato dell’arte.

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Giornalista e politico è stato vicedirettore de Il Giornale. Membro della Fondazione Italia Usa è stato senatore nella XIV e XV legislatura per Forza Italia e deputato nella XVI per Il Popolo della Libertà.